Rifiuti, la norma azzoppa-riciclo ci costa 2 miliardi. Il rischio blocco
Le stime degli economisti del Cesisp Bicocca sugli effetti generati dalle nuove regole end-of-waste
di Jacopo Giliberto
4' di lettura
Quanto ci costa la nuova contestatissima norma end-of-waste che frena il riciclo e mette in crisi il sistema di ricupero dei rifiuti? Il sovraccosto che pagheremo sulla tassa rifiuti oppure attraverso i costi dei prodotti potrebbe superare gli 1,5 miliardi e dovrebbe aggirarsi attorni ai 2 miliardi di euro in più l’anno, risponde il centro studi Cesisp dell’università di Milano Bicocca guidati dall’economista Massimo Beccarello. Non a caso le imprese della carta, uno dei prodotti più toccati dalla normativa, dono in forte difficoltà e l’amministratore delegato delle cartiere lucchesi Lucart, Massimo Pasquini, ha lanciato un allarme.
Le imprese che producono o riciclano materiali rigenerabili e le organizzazioni del riciclo hanno stipulato in questi giorni un patto contro questa legge azzoppa-ambiente e giovedì 25 luglio presenteranno a Roma una proposta di cambiamento.
Nel frattempo la commissione Ambiente della Camera ha approvato all’unanimità la proposta di un’indagine conoscitiva sulla normativa che regola l’end-of-waste, ovvero quali caratteristiche deve possedere una sostanza per non essere più considerata rifiuto.
L’analisi del Cesisp sui sovraccosti parte dalle dichiarazioni ambientali Mud dei Comuni, dai bilanci delle aziende di servizi di nettezza urbana e dalle Tari (tassa rifiuti) per i 30 milioni di tonnellate di spazzatura urbana, cui vanno aggiunti i 120-130 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti dalle attività economiche e industriali.
Quanto costa la spazzatura
La tassa rifiuti pesa per circa 10 miliardi di euro di cui la maggior parte, più dei due terzi, sono costituiti da servizi quali raccolta dell’immondizia, trasporto, spazzamento delle strade e così via. «Invece, stando alla banca dati, per il servizio di smaltimento, trattamento e riciclo dei rifiuti si sono spesi nel 2017 circa 2,7 miliardi per circa 29,5 milioni di tonnellate: cioè circa 90 euro per ogni tonnellata di rifiuti urbani trattata», commenta Beccarello.
Poiché gli impianti (in molti casi sono gli stessi) e costi del ciclo dei rifiuti speciali prodotti dal sistema economico sono in larga misura sovrapponibili con quelli urbani, lo smaltimento degli altri 120-130 milioni di tonnellate costerebbe circa 11 miliardi.
Il rincaro dell’end-of-waste
Ma quanto costa in più il fenomeno di paralisi del riciclo voluto per legge nel decreto soprannominato Sblocca Cantieri?
«Per capire l’effetto bisogna partire dai rincari sul mercato del riciclo e dello smaltimento dei rifiuti rilevato in Veneto. Secondo i sondaggi
condotti dalle aziende del Veneto, un’impresa su cinque ha rilevato un aumento del 25% mentre le altre quattro hanno osservato rincari meno accentuati e ritardi nei servizi rifiuti. L’aumento medio del trattamento e dello smaltimento — avverte l’economista Beccarello del Cesip Bicocca — è fra il 10% eil 15%, pari a un effetto delle norme end-of-waste che nel solo settore dei rifiuti delle imprese è fra 1,1 e 1,6 miliardi di euro».
Se si aggiungono anche i rifiuti urbani, i quali sono in misura molto più ridotta e per i quali c’è un maggiore ricordo ai contratti pluriennali e alle gare d’appalto, la stima complessiva di quanto pagheranno gli italiani per il freno al riciclo si avvicina ai 2 miliardi.
Cartiere in allarme
A parere di Massimo Pasquini, amministratore delegato di Lucart, la multinazionale del settore cartario che usa soprattutto carte riciclate ecologiche (Tenderly è fra i marchi commerciali più noti), «per uscire velocemente da questa pericolosa incertezza sulla cessazione della qualifica di rifiuto che colpisce anche materiali semplici come la carta, e che rischia seriamente di bloccare la transizione verso un'Economia Circolare, sarebbe auspicabile che il legislatore recepisse l’articolo 6 della direttiva europea 2018/851».
La direttiva europea, infatti, prevede la possibilità di affidare alle Regioni la competenza di integrare le autorizzazioni relative alla gestione dei rifiuti, caso per caso, con la cessazione della qualifica di rifiuto nel pieno rispetto sia delle condizioni sia dei criteri previsti da Comunità Europea e Stato nazionale e con l’istituzione di un registro nazionale, accessibile e controllabile dove siano raccolte tutte le autorizzazioni regionali end-of-waste.
Cinque Stelle contro il metano dai rifiuti
«La delibera dirigenziale, attraverso la quale Regione Lombardia ha deciso di forzare la mano in materia di biogas e biometano è illegittima. Questo
perché la competenza in materia di End of Waste, ovvero decidere quando un prodotto non è più rifiuto e di conseguenza può essere trattato come materiale e rientrare nella filiera produttiva, spetta allo Stato e non alle Regioni». Lo scrive il consigliere regionale lombardo del Movimento Cinque Stelle Massimo De Rosa, in una lettera indirizzata all'assessore all'Ambiente Raffaele Cattaneo.
De Rosa si affianca ad alcuni comitati del no che si oppongono alla produzione di metano. «Autorizzare oggi la costruzione di impianti biogas, che domani saranno bloccati, è una scelta poco lungimirante che espone al rischio di ricorsi e a lunghe azioni legali da parte di chi si vedrà, con ogni probabilità, ritirata la concessione a lavori già cominciati».
La Lega per una diversa normativa
Ecco uno stralcio di un comunicato congiunto dei senatori della Lega Luca Briziarelli, Paolo Arrigoni, Kristalia Papavangeliu, Marzia Casolati, Stefania Pucciarelli, Stefano Borghesi, Maurizio Campari, Paolo Ripamonti. «Oggi è stato mosso un ulteriore passo in avanti per la soluzione del complesso problema dell’end of waste, con l’approvazione di un emendamento alla Legge di Delegazione Europea a nostra firma, sottoscritto anche da Cinque Stelle, Fratelli d’Italia, e Forza Italia e votato all’unanimità. Dopo aver tracciato il percorso con lo Sblocca Cantieri, nel quale è stata inserita una norma che di fatto ha risolto la questione relativa ai materiali tradizionali presi in considerazione fino al 1998, nella legge di delegazione abbiamo inteso chiarire la situazione riguardante gli impianti autorizzati e già in attività che trattano materiali più evoluti. Non appena il ministro firmerà il decreto legislativo sarà quindi superato il problema interpretativo relativo alla validità delle autorizzazioni già in essere e del loro rinnovo congiuntamente alle autorizzazioni per le quali sarà presentata l’istanza di rinnovo prima dell'approvazione del decreto legislativo».
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