Verso la legge di Bilancio

Dal Reddito di cittadinanza al dopo Quota 100: i dossier della prossima manovra

Tanti i capitoli da recuperare nell’articolato di una manovra che, allo stato attuale, potrebbe mettere su piatto una ventina di miliardi

di Andrea Carli

Draghi: abbiamo il dovere di avviare riforme per la crescita

5' di lettura

I dossier che puntano a “portare a casa” una fetta della torta, ovvero una parte delle risorse economiche che saranno stanziate dalla prossima manovra, la prima del governo Draghi, sono più di uno. E lo sono già ora, a poco più di un mese (entro il 20 ottobre) dal varo della legge di Bilancio e nonostante la prossima manovra debba essere ancora in parte del tutto scritta.

I dossier

Riforma degli ammortizzatori sociali, restyling del reddito di cittadinanza, il “dopo” quota 100 (il triennio di sperimentazione della misura fortemente volta dal Conte uno terminerà a fine anno), ma anche, forse, un aperitivo di delega fiscale. Vanno messe anche in cantiere le modifiche da accompagnare alla proroga al 2023 del superbonus del 110 per cento. E poi ancora le risorse per rilanciare l’automotive (il viceministro all’Economia Gilberto Pichetto Fratin ha annunciato che il fondo per la riconversione dell’industria automotive arriverà, avrà una disponibilità iniziale di 300-400 milioni di euro). Senza dimenticare l’impegno del governo a trovare le risorse per coprire le persone che sono in quarantena. Insomma, tanti capitoli che, per essere sviluppati, richiedono risorse, da recuperare nell’articolato di una manovra che, allo stato attuale, potrebbe mettere su piatto una ventina di miliardi. Già con la Nadef si avrà un primo quadro delle risorse a disposizione, che saranno molto ridimensionate rispetto alle manovre monstre messe in campo per l’emergenza.

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L’altolà del ministro Franco: nessun tesoretto da sfruttare

E la coperta, anche quest’anno, rischia di essere ancora una volta corta, con conseguente caccia alle coperture. Il ministro dell’Economia Daniele Franco ha chiarito che se da una parte il Pil sarà probabilmente fissato con la Nadef - ovvero la Nota di aggiornamento del Def che l’esecutivo dovrà presentare alle Camere entro il 27 settembre, e che indicherà le stime riviste su crescita, deficit e debito, oltre agli obiettivi programmatici - molto vicino al 6% e il deficit potrebbe addirittura scendere sotto il 10% all’11,8%, dall’altra non ci saranno grandi tesoretti da sfruttare perché, ha chiarito il ministro, anche gli obiettivi «dei prossimi anni» devono rimanere «di riduzione di deficit e debito». Il messaggio del responsabile dell’Economia è dunque chiaro: la prossima manovra non sarà una corsa a spendere in virtù del fatto che la crescita va meglio del previsto e che le spese per l’emergenza Covid, alla fine, sono state più basse di quanto preventivato.

Dagli 8 ai 10 miliardi per la riforma degli ammortizzatori

La lista dei desiderata redatta dalle forze politiche di maggioranza, però, è già molto lunga. Uno dei dossier che richiedono risorse, da reperire nell’ambito della prossima legge di Bilancio, è quello della riforma degli ammortizzatori sociali, prevista espressamente anche dal Pnrr (il Piano nazionale di ripresa e resilienza presentato alla Commissione europea) seppure senza vincolarla a termini perentori. La prima bozza del progetto delineata dal ministro del Lavoro Orlando richiede uan copertura dagli otto ai dieci miliardi. Sugli ammortizzatori c'è da capire se alla fine l’asticella scenderà a 5-6 miliardi (un budget che sconterebbe già gli 1,5 miliardi già scaturiti con lo stop al cashback, una dote di per sé insufficiente), soluzione delineata anche dalla sottosegretaria al Mef, Maria Cecilia Guerra. Bisognerà capire come verranno ripartiti gli oneri connessi alla riforma, tra fiscalità generale e contribuzione a carico di imprese e lavoratori.

Il braccio di ferro sul reddito di cittadinanza

Se le risorse necessarie non dovessero diminuire, potrebbero essere minori le risorse da destinare a un’altra partita, quella per riconfigurare il reddito di cittadinanza (che costa tar i sette e gli otto miliardi l’anno) o,ancora, alla previdenza, dopo la fine di Quota 100 (si veda anche Il Sole 24 Ore del 9 settembre). Per quanto riguarda il Rdc, la Lega preme per ridimensionarlo in maniera considerevole. Una posizione quella del Carroccio che è sostenuta anche da Fi. Iv ha proposto un referendum per cancellare la misura, difesa invece dai Cinque Stelle. Per Pd e LeU è «migliorabile». Si va dunque verso un tagliando: un reddito di cittadinanza rafforzato sotto il profilo dell'azione di contrasto alla povertà e strettamente collegato alle politiche attive del lavoro, ovvero la seconda gamba per sostenere l'occupazione dopo la riforma degli ammortizzatori sociali.

La partita sul dopo Quota 100

Per quanto riguarda il dopo Quota 100, i 6-7 miliardi che alla fine dovrebbero rimanere inutilizzati rispetto ai circa 20 miliardi di stanziamento iniziale per il triennio (si veda Il Sole 24 Ore del 15 settembre) - in parte già impiegati per completare le coperture di alcuni provvedimenti varati nei mesi scorsi - potrebbero rinforzare il budget che la prossima manovra dedicherà alla previdenza (è la richiesta della Cgil).Il Pd chiede di garantire un sistema flessibile anche dopo la fine di Quota 100, partendo dai lavori gravosi e dalle donne. La Lega propone di prorogare la misura così come è almeno per un anno, o in alternativa creare un fondo per mantenere una via di uscita anticipata per la pensione. Si tratterebbe di un maxi fondo pari a circa a 3 miliardi di euro per accompagnare i lavoratori alla pensione (uscita a 62-63 anni con 38-39 di contributi) ed evitare l’applicazione dal primo gennaio dello scalone di 5 anni fino ai 67 anni di età. L’ultimo monitoraggio aggiornato al 31 agosto 2021 ha messo in evidenza che a oggi sono stati spesi nell’ambito di Quota 100 più di 4 miliardi per gli “statali”, circa 5,9 miliardi per i lavoratori privati e 1,66 miliardi per gli “autonomi”.

Ipotesi taglio cuneo fiscale

Nella manovra potrebbe entrare un anticipo della delega sulla riforma fiscale. L’attenzione è tutta sui 2,3 miliardi del fondo per ridurre la pressione fiscale istituito dalla legge di bilancio dell'anno scorso. Il grosso dei fondi servirà dal 2023, quando si punta ad avere chiuso l’iter con i decreti attuativi. I 2,3 miliardi sono una dote insufficiente a garantire una riduzione significativa delle tasse. Un budget che tuttavia potrebbe crescere con l'aggiornamento dei saldi nella Nadef. I partiti che sostengono il governo hanno idee opposte: Italia Viva, come ripete il presidente della commissione Finanze della Camera Luigi Marattin, sponsorizza la cancellazione dell’Irap per gli autonomi (che sarebbe assorbita nell’Ires per il resto delle imprese) mentre Leu e Pd spingono per il taglio del cuneo fiscale. Un’idea - che non vedrebbe contraria la Lega - potrebbe essere quella di cancellare il Cuaf, il contributo che pagano i datori di lavoro per finanziare gli assegni familiari, proprio per accompagnare l’assegno unico per i figli che entrerà a regime dal primo gennaio. Tra le priorità espresse da una parte ampia della maggioranza c'è un nuovo intervento di riduzione del cuneo fiscale. Non si è deciso se accompagnare la manovra con il classico decreto fiscale nel quale potrebbero entrare nuove misure di lotta all’evasione e una estensione della fattura elettronica. Da vedere se riuscirà a trovare posto anche la richiesta, votata da tutto il Parlamento, di un nuovo intervento sulle cartelle, sfruttando proprio gli spazi che aprono nel 2021 grazie alla sorpresa del Pil. Ancora una volta il pressing dei partiti sarà a tutto campo. E Draghi dovrà trovare ancora una volta un punto di compromesso.

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