Riforma fiscale, ecco i punti contestati dai sindacati
Cgil, Cisl e Uil hanno espresso critiche per ragioni di metodo e di merito: dal no alla flat tax alla richiesta di detassare gli aumenti contrattuali
di Giorgio Pogliotti
I punti chiave
3' di lettura
Sulla delega della riforma fiscale che il governo ha illustrato ai sindacati, convocati a Palazzo Chigi per un incontro informativo, Cgil, Cisl e Uil hanno espresso una netta contrarietà sia per ragioni di merito che di metodo. Il disegno di legge delega che mira a rivoluzionare in modo strutturale il sistema fiscale italiano dopo 50 anni dall’ultima riforma che risale al 1971, verrà presentato al consiglio dei ministri giovedi 16 marzo per l’approvazione e l’avvio dell’iter parlamentare. Il governo prevede che l’adozione dei decreti delegati avvenga entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge delega.
Critiche sul metodo seguito dal governo
I sindacati hanno sollevato anzitutto una questione di metodo. Da mesi Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto l’avvio di un confronto sulle proposte che hanno inserito nella piattaforma unitaria sul fisco ad agosto del 2020, e contestano la decisione del governo di convocare le parti sociali alla vigilia dell’approvazione del Ddl in consiglio dei ministri, senza dunque aver avviato un dialogo per poter incidere sull’impianto del Ddl delega. Il governo, però, sostiene che il confronto potrà avvenire durante l’iter parlamentare di approvazione della delega e dei successivi provvedimenti attuativi.
Il “no” alla flat tax
Il governo punta ad una riforma dell’Irpef su tre aliquote - l’asticella verrà fissata in relazione alle risorse disponibili - in vista della successiva introduzione della flat tax. I sindacati sono contrari all’intrioduzione della flat tax, perché andrebbe a vantaggio dei redditi alti, mentre per Cgil, cisl e Uil va garantita la progressività dell’imposizione fiscale prevista dalla Costituzione, a tutela dei redditi più bassi. I sindacati sollecitano una forte riduzione delle tasse a vantagio di lavoratori dipendenti e pensionati, «quelli che pagano fino all’ultimo centesimo le tasse».
Detassazione aumenti contrattuali
I sindacati chiedono anche di detassare gli aumenti contrattuali previsti dai contratti firmati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, per favorire la chiusura della tornata contrattuale che nel prossimo anno e mezzo vede coinvolti 7-8 milioni di lavoratori. C’è poi il tema del rafforzamento del welfare aziendale, dopo che il tetto delle prestazioni esentasse sono salite durante l’emergenza a 600 euro, ed a fine 2022 portato a 3mila euro, nel 2023 è ritornato a 258 euro. Inoltre per il solo 2023 è stata dimezzata dal 10 al 5% l’aliquota sostitutiva sui premi di produttività fino a 3mila euro di importo per i redditi fino a 80mila euro; i sindacati chiedono di prorogare la detassazione per gli anni successivi.
Gli interventi su questi fronti, secondo i sindacati, andrebbero inseriti nell’ambito di una politica dei redditi, su cui aprire un confronto tra governo e parti sociali, per dare fiato alle retribuzioni dei lavoratori compresse dall’inflazione. Ma il governo, pur concordando su alcune di queste proposte, ha posto un tema di limitatezza delle risorse disponibili.
Sempre per dare un impulso ai salari i sindacati chiedono anche di accelerare da subito il taglio di cinque punti del cuneo fiscale contributivo che il governo vorrebbe realizzare nell’arco della legislatura.
Scontro sull’abolizione dell’Irap e sulla lotta all’evasione
Nella riforma fiscale il governo punta all’abolizione dell’Irap per società di persone, studi associati e società tra professionisti con l’introduzione di una sovraimposta sulla base imponibile Ires. Cgil, Cisl e Uil sono contrarie all’abolizione dell’Irap e ad ogni altra riduzione non selettiva delle imposte e degli oneri delle imprese, anche perché si porrebbe un problema di copertura dei costi del servizio sanitario nazionale: la sola Irap garantisce alle regioni entrate per 17 miliardi. I sindacati chiedono interventi più incisivi in tema di lotta all’evasione fiscale che ogni anno sottrae alle casse dello Stato circa 100 miliardi, contestando le misure del governo come la rottamazione, o il saldo e stralcio dei debiti.
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