Riformare i dottorati per gettare ponti solidi tra scienza e impresa
La proposta di una forte innovazione del Dottorato industriale con un’integrazione “aziendale” rapida, dando all’impresa gli strumenti per ricevere un evidente beneficio
di Alberto Quadrio Curzio
3' di lettura
Nelle analisi sul Pnrr emerge la necessità di giovani professionalità che uniscano alta formazione dottorale con un’inclinazione applicativa al sistema produttivo. Su tale sinergia si basa il documento di Aspen Institute Italia intitolato Aspen Collective Mind. La valorizzazione del Dottorato industriale in Italia presentato il 12 ottobre all’Accademia dei Lincei in un convegno della Fondazione Edison sulle “Piattaforme della tecno-scienza”. Lo studio fa parte del progetto Aspen Collective Mind. Il futuro dell’Italia dopo la pandemia. Le proposte di Aspen Institute Italia promosso nel luglio del 2020 da Giuliano Amato e Giulio Tremonti.
L’Istat
Istat stima che il 10% dei dottorati in Italia intraprenda la carriera universitaria mentre gli altri vanno all’estero o trovano occupazione soprattutto nell’ingegneria e nell’informatica. In altri settori non trovano impieghi dimensionati alle loro competenze. Il documento propone allora una forte innovazione del Dottorato industriale con un’integrazione “aziendale” rapida, dando all’impresa gli strumenti per ricevere un evidente beneficio. Sono due le esperienze utilizzate come base di partenza, due esperienze che sono anche elementi di nuova progettualità per l’Italia. La prima viene dal Collège des Ingénieurs (Cdi), istituto di educazione europea attivo a Parigi, Monaco e Torino. Il Cdi, fra le altre attività, offre un programma unico in Europa, denominato “Science and Management”, che permette agli scienziati di completare il loro dottorato e l’Mba allo stesso tempo. I candidati sono talenti provenienti dalle migliori università e Grandes écoles europee. La seconda è la comparazione più ampia del contesto europeo e in particolare come Francia, Germania e Regno Unito valorizzino i percorsi di dottorato con una prospettiva industriale in un mix tra università e aziende. Infine si esamina il ruolo del Cnr che, per la sua naturale vocazione, può essere uno snodo fondamentale per superare questi ostacoli. Il documento richiama la collaborazione di Cnr e Confindustria nel 2018 per creare un ecosistema dell’innovazione in cui impresa e ricerca insieme identificano e progettano, fin dalla definizione della domanda di ricerca delle aziende, un percorso di dottorato coerente con le reali esigenze dell’impresa.
Il Dottorato industriale
Su queste basi si prospettano soluzioni conclusive e concrete anche alla luce del Dm 226 del 14 dicembre 2021 promosso dal ministro della Ricerca e dell’Università, Maria Cristina Messa. Il Dottorato industriale nasce come un progetto di partenariato fra una o più aziende e il sistema universitario, ma data la forte trasversalità delle materie necessarie per creare eccellenze aziendali, si propone che anche le università possano consorziarsi per offrire ai giovani talenti il meglio della formazione disponibile anche fuori dal proprio territorio di origine. Fra le numerose e articolate proposte del documento di Aspen Institute Italia segnalo in primo luogo che il Dottorato industriale deve avere durata di tre anni e il dottorando va considerato come un lavoratore a pieno titolo all’interno dell’azienda. La proposta è in linea con la Carta europea dei ricercatori che sostiene la figura del dottorando inteso come un ricercatore in formazione. Quindi deve essere riconosciuto come un professionista e trattato come tale. Quanto al finanziamento, si propone di ricorrere alle risorse aziendali integrate da quelle destinate alle borse di dottorato dei candidati, garantendo all’azienda adeguati benefici fiscali, ampliando quelli già esistenti.
I candidati
I candidati andranno selezionati attraverso un comitato misto formato dall’azienda partner dell’università e dove l’azienda ha diritto decisionale. Il bando, aperto anche a studenti stranieri, deve chiaramente definire i criteri mirati sia alla selezione per capacità nella ricerca sia per potenzialità manageriali. Infine, nella gestione della proprietà intellettuale, si propone di riconoscere all’università tutte le pubblicazioni ottenute dallo svolgimento della tesi di dottorato, prevedendo, in accordo con l’impresa, un eventuale periodo di riservatezza non superiore a 24 mesi. Altre forme di proprietà intellettuale, come i brevetti, restano all’azienda partner. Tutto ciò definirebbe fin dall’inizio i possibili ritorni sull’investimento per le aziende che parteciperanno a un Dottorato industriale.
Il modello
Siamo quindi di fronte a un modello win-win-win atto ad allineare gli interessi dei tre attori principali: università, candidati e industria. Dove l’università valorizza al meglio la propria capacità di formazione di dottorandi che vengono inseriti nelle dinamiche aziendali. Questa integrazione e comunicazione tra le parti permetterebbe di ottenere enormi benefici in termini di trasferimento tecnologico e per questo è necessario promuovere un nuovo Dottorato industriale. Il Dottorato industriale può divenire un Dottorato per l’impresa per orientare dinamiche e modelli più ampi, sia nelle discipline Stem sia nelle scienze umanistiche, in quella interdisciplinarietà da contiguità professionale che caratterizza l’innovazione.
La conclusione delle conclusioni è che l’Italia, Paese che esporta talenti, senza sovranismo sugli stessi li valorizzi nella combinazione tra curriculum di dottorato e necessità innovative del sistema Paese.
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