Strategie di crescita

Rilanciare i consumi e aiutare il retail per la ripartenza

di Giorgio Santambrogio

3' di lettura

La crisi sanitaria e dunque economica e sociale che stiamo vivendo ha bisogno di risposte concrete. Oggi più che mai, occorre fronteggiare il presente scivoloso ed essere capaci di ripensare il futuro come un ecosistema in grado di garantire equilibrio alle tre dimensioni della sostenibilità: economica, sociale e ambientale. Il settore del retail, in questo drammatico periodo, ha fatto per intero la sua parte come attore e soggetto di responsabilità sociale: i 27mila punti vendita della distribuzione moderna hanno rappresentato infatti gli unici luoghi di relazione per gli italiani che durante il lockdown potevano frequentarli tranquillamente, in totale sicurezza, trovando sui nostri scaffali tutto quello che serve e al giusto prezzo. Siamo stati e siamo un presidio di normalità. La nostra responsabilità sociale d’impresa è diventata responsabilità sociale di comunità al servizio dei cittadini grazie alla sua identità, alla presenza capillare nelle città, nei quartieri, nei borghi e nelle periferie. Senza dimenticare che il retail ha un peso economico e sociale fondamentale per il Paese, più alto di quanto non venga percepito: se considerassimo la distribuzione alimentare e non alimentare come un tutt’uno, sarebbe il primo settore italiano per fatturato, valore aggiunto, numero di imprese, numero di occupati e investimenti. A livello aggregato, infatti, includendo sia la componente alimentare sia quella non alimentare, il settore genera 542 miliardi di euro di fatturato, 86,3 miliardi di euro di valore aggiunto, 9,8 miliardi di euro di investimenti e 2,3 milioni di occupati (dati di The European House – Ambrosetti). Il conto complessivo è presto fatto: il 60,2% del Pil italiano è composto dal totale consumi, il 18,8% dalla spesa pubblica, il 18% dagli investimenti con il residuo 3% sostanzialmente di bilancia commerciale. Se l’Italia vuol tornare a crescere, deve quindi preoccuparsi di sostenere i consumi. Senza far ripartire i consumi, è molto difficile che il Paese possa tornare a crescere: per questo motivo, è urgente includere il settore della distribuzione nel dibattito sulle priorità per la ripartenza economica e sociale del Paese.

Noi abbiamo fatto e continueremo a fare la nostra parte da protagonisti, ma non possiamo essere lasciati soli. Per questo mi permetto di avanzare alcune suggestioni per il governo per l’utilizzo saggio e costruttivo delle risorse del Recovery Plan. Eccole: innovazione digitale con aiuti per chi investe nell’ibridazione tra fisico ed e-commerce; incentivi ai consumi “maggiormente ambientali”, a favore delle famiglie, con l’accoglimento della nostra proposta di abbattere l’Iva sui prodotti che hanno ad esempio una certificazione Iso, quelli biologici e del Commercio equo e solidale, quelli che tutelano e certificano i lavori i diritti dei lavoratori; aiutare a ripensare i punti di vendita, che possano essere considerati come una sorta di presidio sociale del territorio, che possano vendere oltre ai prodotti anche servizi a favore della cittadinanza, punti vendita che possono diventare case sempre aperte al servizio degli italiani; attuare un percorso concreto non più rinviabile di semplificazione burocratica rispetto all’apertura dei punti di vendita. È inammissibile che per aprire degli ipermercati a volte ci vogliano 10 anni di attesa. Occorre poi un pacchetto strutturato di interventi normativi per vincere la sfida contro l’economia sommersa e un sostegno concreto allo sviluppo tecnologico delle aziende della distribuzione che hanno attualmente negozi fisici e che stanno integrando il canale digitale.

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