Rimini, l’estate degli invisibili: 10mila lavoratori a casa e niente tedeschi sotto gli ombrelloni
Il turismo è diventato mordi e fuggi, concentrato nel fine settimana. Molte famiglie hanno ridotto le vacanze a causa della crisi economica. Discoteche a singhiozzo e niente concerti live. Dj Cerruti (Afi): «Il Covid sta dando la mazzata finale al settore». Il sogno delle colonie di Miramare
di Luca Benecchi
8' di lettura
L'estate degli invisibili, di chi non c’è. Degli assenti. Rimini è capovolta: invece di accendere le luci e mostrare l'effimera ma contagiosa voglia di allegria, l'estate fa vedere senza vergogna i suoi vuoti. Chi in questo 2020 non c'è. Per scelta, o per obbligo. Perché la paura della pandemia è ancora troppo vicina o perchè il Coronavirus ha tolto risorse, risparmi. Soldi. O perchè gli stranieri ancora non si fidano a scendere sulle coste italiane.
«Ma non è solo colpa di quello che è successo. Sono almeno cinque anni che la musica è cambiata». Il ragazzo del locale appena sotto la grande ruota che domina la spiaggia libera è diventato cinico. «Qui a mezzanotte si chiude, non c’è più nessuno in giro, e i pochi locali all’aperto sono presi d’assalto dai ragazzini il cui unico obiettivo è finire la serata a bottigliate in testa». E il vecchio acquario dei leoni marini lì davanti ha un’ombra sinistra. Il divertimento si è spostato nei grandi parchi ma i cartelloni e le tribune abbandonate sembrano una spiaggia della Florida prima del tornado.
Non ci sono i tedeschi, che Rimini senza tedeschi è difficile da immaginare. E non ci sono nemmeno tantissimi lavoratori di alberghi e pensioni, lasciati casa perché anche i tre stelle fanno molta fatica. Invisibili al momento sono anche le centinaia di persone che chiamano gli hotel per capire come funziona il bonus vacanze e come si fa per ottenerlo. E infine è difficile inseguire anche le luci e i suoni della mitica vita notturna come siamo abituati ad immaginarla. Perché anche le discoteche aprono a singhiozzo e perché quello della musica è uno dei settori più penalizzati dal Covid e con meno assistenza pubblica. Si è preferito lasciarlo andare alla deriva.
E se dalla Germania si dirigono verso le coste croate, gli altri grandi assenti sono i bresciani, bergamaschi e milanesi. Il Nord colpito dall'epidemia che in Riviera è sempre stato il grande serbatoio di villeggianti. E così le spiagge si riempiono soltanto nei week-end. In tanti arrivano da Bologna e Modena per respirare l'aria del mare.
E pensare che il 2020 per Rimini doveva essere l'anno dell'inaugurazione del depuratore, atteso da venti anni, e del metromare, il trasporto pubblico che collegherà la costa fino a Riccione e che ha innescato una dura polemica tra la le due città, la prima storica roccaforte del Partito democratico, la seconda invece in mano alla Lega di Salvini.
E tra gli invisibili ci sono anche i pescatori che, come nascosti nel Porto canale, hanno appeso i cartelli sulle loro imbarcazioni contro il parco eolico. Cinquantanove pale al largo fino davanti a Cattolica. Un mega-progetto da 330 megawatt che fa discutere. Energia pulita che hanno paura di pagare loro, visto che con quei fondali ricchi di vongole e arselle portano a casa il pane.
«Con la prima settimana di luglio – dice Patrizia Rinaldis, presidente dell'associazione degli albergatori di Rimini – il 90% delle strutture ricettive ha voluto riaprire. Diciamo che è più che altro una scommessa per il futuro, per agosto, ma forse già in vista del 2021». Un trend positivo rispetto ad altre realtà. Secondo i dati del centro di studi sul turismo dell'Alma Mater di Bologna, che proprio a Rimini ha il suo dipartimento sul Turismo, nello stesso periodo a Milano la percentuale di alberghi che offrivano camere era del 60% mentre a Venezia saliva fino al 70 per cento.
«La crisi è evidente – continua Rinaldis – a Rimini nel 2019 erano circa 25mila le persone che lavoravano direttamente nelle strutture ricettive. Quest'anno almeno diecimila sono rimasti a casa. Un impatto enorme per l’occupazione. Senza calcolare l'indotto. Il duro impatto sul commercio, l’alimentare e gli artigiani in una città in cui il reddito e la ricchezza arrivano al 70% da spiagge, ombrelloni e da tutto ciò che si portano dietro».
C'è la questione sicurezza che frena ancora. Ma, oltre il Covid, molte famiglie hanno dovuto affrontare lunghi periodi di chiusura delle imprese con pesanti ripercussioni sulle buste paga. La cassa integrazione così estesa nelle fabbriche e negli uffici del Nord lascia dei grandi vuoti nelle prenotazioni di hotel e pensioni. C’è però da dire che il discusso bonus vacanze in Riviera sembra sia servito a qualcosa.
«Nonostante sia di difficile applicazione e metta in difficoltà le imprese che si trovano di fatto ad anticipare somme che poi verranno scontate dal fisco, un po’ di movimento lo sta creando». Circa il 40% delle telefonate nelle strutture riguarda richieste di informazioni sul bonus. «In pochi sanno come funziona e chi ne ha diritto – racconta ancora Rinaldis – Tanto che abbiamo dovuto spiegare al nostro personale tutte le procedure: di fatto siamo diventati uno sportello informazioni».
Non manca qualche idea nuova, un po’ per fare sistema e ridurre i costi, un po’ per rinnovare l'offerta. «Come la app – conclude Rinaldis – che mette in contatto alberghi, clienti e ristoranti. In questo modo le strutture più in difficoltà possono non aprire le cucine e i turisti possano scegliere il delivery ovunque si trovino».
Paola Batani, proprietaria del mitico Gran Hotel di Rimini, racconta come la spinta a ripartire sia arrivata da Vasco Rossi. «A giugno mi ha detto: dai vengo anche in questa situazione, diamo una spinta insieme». E Vasco oggi è ancora lì. Complice un'estate senza concerti da passare, esattamente nella camera 315, quella del maestro Federico Fellini, proprio nel centenario della sua nascita.
Una stagione difficile anche per il lusso. Inutile nasconderselo. «Abituati ai nostri clienti inglesi, russi, quest'anno è stato un po’ tutto da reinventare». Anche nell’alto di gamma c’è una concentrazione di presenze soprattutto nel week end. «Abbiamo puntato sulla sicurezza, sulla sanificazione. Ogni stanza viene pulita tre o quattro volte, eppoi abbiamo la fortuna di avere grandi spazi. Sia in albergo che in spiaggia. In pratica l’unico luogo dove i nostri clienti si devono mettere la mascherina è al buffet, quando si ha un contatto più diretto con il personale». E da buona romagnola Paola Batani ha scelto il quadrifoglio come simbolo della stagione. «Questa è una terra fortunata, ce la faremo».
Chi la scena riminese la conosce bene è dj Coccoluto: uno dei protagonisti internazionali dell’elettronica che racconta come «la Riviera sia stata la svolta per la musica house degli Anni ’80. Prima c'era solo Tony Manero e le balere per il liscio. Sono stati locali ormai storici come il Peter Pan e il Cocoricò - spiega - far nascere il mito del divertimento. Il segreto di quel successo fu che attorno alla musica si creò una vera propria economia».
Perché a far diventare Rimini la capitale mondiale delle discoteche fu anche il Salone Internazionale del ballo, che si teneva in fiera e che attirava visitatori ed espositori da ogni parte. Al Sib si veniva a vedere quello che ancora non esisteva da nessuna parte. Anche in termini di tecnologia. «Tutto questo prima che qualcuno all’estero capisse il business. Prima fra tutti Ibiza, che con la musica elettronica ha creato un brand mondiale».
La Spagna dunque, ma anche un modello che si era spostato su grandi eventi e i grandi festival, da cui l’Italia è rimasta volutamente in disparte perdendo molti treni. A Rimini gli ultimi grandi investimenti in questo settore risalgono a venti anni 20 anni fa. In mezzo una marginalizzazione dovuta anche alla cattiva immagine appiccicata addosso a questo tipo di divertimento, dalla droga alle stragi del sabato sera.
«Ora il Covid sta dando la mazzata finale al settore - dice Sergio Cerruti anche lui dj e presidente di Afi, l’associazione di Confindustria che raggruppa le imprese del settore – noi e la musica siamo quelli che stanno pagando più di altri questa situazione». Di fatto l’estate 2020 è senza concerti e con delle limitazioni stringenti per le discoteche. Alcune riaprono altre no. C'è un problema finanziario alla base, perché stando chiusi si ha una certezza della perdita mentre l’apertura impone spese che non si sa se verranno coperte.
«Non voler supportare il settore dell’industria discografica e degli editori musicali, è stata una scelta chiara del governo – continua Cerruti - Così diverse centinaia di migliaia di persone sono rimaste senza lavoro: perché le professionalità coinvolte nei processi produttivi legati alla musica e ai live sono tantissime». A rischio non è soltanto il fallimento della stagione turistica con le sue attrazioni ma tutto il sistema.
«Perché i giovani sono calamitati da un posto come Berlino? – riprende Coccoluto – Perché ci sono grandi eventi musicali, e la musica elettronica è diventata un marchio che muove enormi masse di persone».
Nonostante tutto, qualcosa dopo tanto tempo in Riviera si muove. E questo è un dato storico. Si torna a investire, piccoli segnali ci sono. Apre Musica, il nuovo locale che raccoglie il testimone dell’ex Prince con Tito Pinton, nuovo gestore del locale insieme al Gruppo Cipriani e titolare dello storico Muretto.
Al momento non è andata come sperava neanche a Enrico Galli, imprenditore della notte che pochi mesi fa ha rilevato la storica discoteca di Riccione, il Cocoricò, chiusa da anni. Lo scopo era di rilanciare il locale già da questa primavera a seguito del fallimento decretato dal tribunale di Rimini a giugno del 2019. Ma il Covid ha cambiato le carte in tavola. «Il restyling non è stato terminato. Sono investimenti enormi che pesano, perché non abbiamo certezze sul futuro», racconta Galli, già proprietario della discoteca Altromondo Studios.
E tutto si sta un po’ trasformando come racconta Alain Rosetti direttore del Peter Pan e della Villa della Rose. «E’ innegabile che in questa situazione la nostra offerta si sta trasformando, stiamo cambiando pelle, da pura discoteca a ristorante con spettacoli dal vivo. Ma la risposta, nonostante il momento, è incoraggiante».
Esattamente dall'altra parte della città rispetto al Grand Hotel, ci sono le colonie costruite durante il regime fascista. Per lo più a Miramare, verso Riccione. Luoghi abbandonati e in grave stato di degrado da ormai molto tempo. Rifugio notturno di senza tetto, artisti di strada, ma anche della criminalità comune. Sono state costruite negli anni Trenta per la villeggiatura dei bambini, ognuna con il nome della città da cui provenivano i piccoli.
Tra quei ragazzini c'era anche Enzo Biagi. Che racconta di aver visto il mare, la prima volta dopo le elementari. Colonia della Decima Legio, Rimini. Balilla. Grado: capo squadra. E il pensiero dei ricordi che vanno a un acuto odore di marmellata gelatinosa, in mastelli. La merenda tra i capanni. «Con tutta quella sabbia - scrisse anni dopo - almeno ci fossero i cammelli». Un ricordo melanconico quello di Biagi, dettato dalla lontananza dei genitori che da Bologna potevano venirlo a trovare solo poche volte durante il lungo e per lui pesante soggiorno.
Ora la ex Decima Legio, in seguito chiamata Colonia Bolognese, chiusa dal 1977, è detenuta dalla Curatela Fallimentare e va periodicamente all'asta. Ma la situazione di mercato è quella che è, e soprattutto dopo la crisi di questi mesi, Rimini non ha certo bisogno di nuovi grandi alberghi.
E dunque anche quest’anno l'associazione Il Palloncino Rosso e la Cooperativa Smart di Rovereto sono ritornati ad occupare una porzione della Colonia per svolgere attività ed iniziative culturali finalizzate a prevenire fenomeni di degrado e microcriminalità, favorendo la partecipazione della cittadinanza.
Il primo obiettivo del progetto è stato quello di raccogliere testimonianze scritte, orali, fotografie, filmati e documenti per mettere in circolo i ricordi di chi ci è stato, nel racconto delle storie legate alle estati in cui la Colonia fu in uso, fino a costituirne un archivio della memoria.
«Negli anni scorsi abbiamo dimostrato che è possibile restituire dignità a luoghi che da decenni vengono considerati come simboli di marginalità sociale ed è possibile farlo con l’impegno volontario, la partecipazione civica e la cultura – spiega Luca Zamagni, presidente dell'Associazione Il Palloncino Rosso - Anche dopo una pandemia planetaria abbiamo scelto di tornare, con la voglia di metterci in gioco e di ripartire con nuove idee che stimolino e valorizzino la partecipazione dei cittadini e la capacità di adattamento della nostra comunità e mettendo in rete operatori diversi e creando presidi civici sul territorio».
Anche se il vero sogno di Zamagni e di quelli del Palloncino Rosso sarebbe quello di restituire questa enorme struttura alla sua vocazione originaria. Proprio le colonie per ragazzi. E di creare un’oasi naturalistica nella grande spiaggia libera lì a fianco. Tutto questo insieme alle amministrazioni di alcune città e alla Regione Emilia Romagna. Ma non solo.
Perché l'epidemia non ha significato solo un’ estate con pochi turisti e senza lavoro. Ma, conclude Zamagni, «una delle chiavi di lettura della crisi originata dal Covid è che abbiamo scoperto di aver sguarnito di ogni difesa i sistemi di sicurezza sociale costruiti nei decenni passati».
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