Risparmio: Eurizon ha allineato il 41% dei fondi aperti al nuovo regolamento green
Ammonta a 73 miliardi di euro il patrimonio della Sgr di IntesaSanpaolo che rientra nella normativa europa sulla trasparenza della finanza sostenibile (Sfdr)
di Vitaliano D'Angerio
4' di lettura
Rivoluzione risparmio green. Il 10 marzo è entrato in vigore il regolamento europeo sulla trasparenza della finanza sostenibile (Sfdr). Eurizon, società di gestione di IntesaSanpaolo, annuncia di aver allineato alle regole europee già il 41% dei suoi fondi comuni aperti, pari a 73 miliardi dei 178 in pancia (dati Assogestioni di gennaio 2021). Inoltre i fondi Eurizon che rientrano nelle categorie articolo 8 (prodotti che promuovono la sostenibilità) e articolo 9 (prodotti con obiettivi sostenibili) sono 123 su un totale di 640 fondi. Sul sito della società vengono inoltre spiegate le strategie di integrazione dei rischi di sostenibilità: in pagina 3 e 4 viene descritto nel dettaglio il significato delle cosiddette “Exclusions”.
A confermare questi numeri sono Alessandro Solina, direttore investimenti Eurizon, e Claudio Marchetti, responsabile equity che ha coordinato il progetto sulla normativa Sfdr della società di gestione: «Quando l’interpretazione della regolamentazione Ue diventerà più chiara potrebbe esserci uno spostamento in articolo 9 anche di altri fondi, attualmente in articolo 8 che adottano logiche di carbon footprint. È immaginabile poi che il lancio di nuovi fondi comuni vedrà quasi solo fondi articolo 8 o 9».
Le esclusioni nei fondi aperti Eurizon
Interessante leggere i documenti della più grande Sgr italiana e verificare come integra nelle proprie strategie i rischi di sostenibilità. Al primo punto vi sono le «Esclusioni e restrizioni Sri» dove per Sri si intendono gli investimenti socialmente responsabili. Eurizon esclude gli «emittenti operanti in settori ritenuti non “socialmente responsabili” ai quali sono applicate restrizioni o esclusioni rispetto all’universo di investimento del fondo; a tal riguardo non sono consentiti investimenti in tali emittenti».
Quali sono questi settori non socialmente responsabili? Eccoli: «Quelle società caratterizzate da un evidente coinvolgimento diretto nella manifattura di armi non convenzionali (mine antiuomo; bombe a grappolo; armi nucleari; uranio impoverito; armi biologiche; armi chimiche; armi a frammentazione invisibile; laser accecanti; armi incendiarie; fosforo bianco) o nel settore del carbone termico». Fa un certo effetto vedere nero su bianco i settori esclusi dagli investimenti. Soprattutto l’elenco delle armi non convenzionali.
Dallo screening negativo a quello positivo
Le esclusioni dal portafoglio sono le strategie più antiche e più semplici per un fondo sostenibile. Andiamo invece a vedere tutto il mondo Esg. Come agirà Eurizon su questo versante? Fra le cosiddette exclusions c’è la seguente voce: «Esclusioni e restrizioni Esg: emittenti “critici” per i quali viene attivato un processo di escalation che determina restrizioni e/o esclusioni rispetto all’universo di investimento del fondo; a tal riguardo non sono consentiti ulteriori investimenti in tali emittenti».
Sono definiti emittenti “critici”, viene spiegato nel documento di Eurizon, «quelle società caratterizzate da una più elevata esposizione a rischi ambientali, sociali e di governo societario ossia che presentano un livello di rating di sostenibilità Esg più basso nell’universo di investimento azionario e obbligazionario (rating Esg assegnato da Msci Esg Research).
Rispetto a questi emittenti “critici” si può decidere di bloccare l’investimento come previsto oppure esercitare l’azionariato attivo. Usciamo dal linguaggio tecnico per spiegare che i gestori verificano i rating etici e poi scelgono le aziende che: 1) si comportano meglio delle altre nei tre settori E (ambiente), S (sociale) e G (regole di governo aziendale); 2) Non si può però soltanto gestire questo tipo di azioni altrimenti il rischio è quello di entrare in una “bolla verde” e secondo qualcuno ci siamo vicini. Alternative? Il confronto con le aziende chiamato engagement per spingerle a migliorarsi.
Engagement sì o no e tempistiche di portafoglio
La Sgr di IntesaSanpaolo prevede l’azionariato attivo nelle proprie strategie sostenibili. Il gestore del fondo, dopo l’applicazione del regolamento Sfdr, decide a) quali aziende stimolare con l’attività di engagement e b) quali invece togliere dal portafoglio. Nel primo caso, la Sgr si dà un tempo di 18 mesi per verificare se grazie al pressing sul management riesce a far migliorare gli standard di sostenibilità; trascorso questo periodo, «qualora non siano stati riscontrati effetti positivi o il miglioramento del rating di sostenibilità, la Sgr decide se avviare il processo di disinvestimento dai patrimoni gestiti».
L’attività di engagement viene realizzata lì dove si vede del valore da estrarre grazie appunto a un miglioramento degli standard di sostenibilità. Nel caso b) invece, per il gestore non ci sono speranze. Quindi? Ecco la reazione del gestore Eurizon: «Gli emittenti “critici” per i quali non viene avviato il processo di engagement vengono dismessi dai portafogli gestiti secondo le tempistiche ritenute più opportune nell'interesse dei partecipanti/clienti e, comunque, entro tre mesi dalla decisione assunta».
Come stimolare la gestione attiva
Ultimo elemento da segnalare nel documento Eurizon, è lo stimolo al gestore a far meglio del parametro di riferimento del fondo (benchmark). La Sgr si prefigge «un punteggio Esg, calcolato a livello complessivo di portafoglio, superiore al punteggio Esg del parametro di riferimento (benchmark)».
Quindi a Eurizon non basta che il gestore abbia un punteggio delle sue aziende con rating etico (i dati sono quelli dell’info-provider specializzato “Msci Esg Research”) in linea con il parametro di riferimento. Si punta a fare meglio. E tale asticella è stata alzata per tutti i 123 allineati al nuovo regolamento green dell’Europa. Vedremo in quanti di loro batteranno il benchmark sostenibile.
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