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La prima buona notizia è che in Italia il ceto medio torna ad irrobustirsi e i bilanci delle famiglie riacquistano parte della prosperità perduta nella lunga crisi. Ma soprattutto la nona edizione dell’indagine sul risparmio e le scelte finanziarie degli italiani, di Intesa Sanpaolo e dal Centro Luigi Einaudi, ci riconsegna la fotografia di un Paese più ottimista. Da 10 anni a questa parte infatti non era mai accaduto che un milione e trecentomila famiglie rientrassero nel ceto medio o vi arrivassero per la prima volta. Il 57,5% percepisce un reddito compreso tra i 1.500 e i 3.000 euro al mese e lo ritiene sufficiente per vivere. Non solo. Tornano ad aumentare gli italiani «formica» rispetto a quelli «cicala», un bel segnale per un Paese che sul risparmio delle famiglie fonda buona parte della sua solidità.
«Crescono le persone che si sentono a proprio agio col reddito e quelle che risparmiano (52%) superano quelle che non lo fanno(48%) con un percentuale decisamente più alta del minimo storico (39%) toccato nel 2013 - ha sottolineato Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo -. E questo sembra difficile da capire in un contesto in cui si leggono commenti allarmati sulla nostra situazione. Tale elemento va collegato a come viene rappresentata la nostra economia. Un altro aspetto positivo che emerge è che le persone imparano a gestire i propri problemi e a cogliere le opportunità. Le crisi sono cambiamento, in ogni cambiamento ci sono abitudini non più opportune e altre che vanno colte con un atteggiamento proattivo di fronte a un mondo che cambia».
La percentuale di reddito risparmiata raggiunge nel 2019 il massimo storico (12,6%), era del 9% nel 2011. In vetta alla classifica ci sono i risparmiatori del Nord-Est (63,8%),seguiti da quelli del Centro Italia (54,2%). E poi è un’Italia che premia gli “ottimisti”, chi nei dieci anni di post crisi è sempre stato attivo, ossia ha realizzato almeno un investimento nell’immobiliare o in un'attività economica o professionale, ha puntato al capitale umano con corsi di formazione, specializzazione e post-laurea, per sé o i propri familiari, finanziati in circa l'85% dei casi dai risparmi personali o familiari. E se sono le donne ad avere investito di più da questo punto di vista, proprio loro continuano a guadagnare meno degli uomini.
Passando agli investimenti, tra gli italiani si riconferma maggioritario il profilo prudente e avverso al rischio anche a costo di rinunciare al rendimento. Il primo obiettivo resta la sicurezza, seguita dalla liquidità, stabile al secondo posto, mentre al terzo si piazza il desiderio di ottenere un rendimento di lungo termine. Anche le aspettative pensionistiche tornano a crescere e si stipulano più polizze per i rischi della salute e della longevità. I fondi comuni sono posseduti dal 15,3% degli intervistati e l'80% degli intervistati si dichiara molto o abbastanza soddisfatto dell'investimento.
Ma è il mattone che sovrasta ogni altra forma di investimento. Nel 2019 si registra un record di proprietari con il 63% dei patrimoni rappresentato da case e il 57% ha ristrutturato la casa o un altro immobile. «Tra gli “ottimisti” l’ambizione per la casa è il motivo principale del risparmio intenzionale nel 41,3% dei casi, e poi per l’istruzione dei figli nel 21,5% - spiega Giuseppe Russo, direttore del Centro Einaudi e curatore della ricerca -. Meno sentita è la necessità di risparmiare per la vecchiaia. I dati sembrano suggerire che l'ottimismo paga, o almeno ha pagato, e che i comportamenti proattivi nell'impiego del risparmio e del tempo sono la chiave che ha portato 4 famiglie su 10 a progredire più della media del campione, nonostante le sfide concrete cui il mondo economico, del lavoro e delle imprese, le ha sottoposte».
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