ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùIntervista a Lorenzo Zanni

«Ritorno dei cervelli e nuova idea di sviluppo, la strategia per vincere»

Docente di Economia e gestione delle imprese a Siena

di Silvia Pieraccini

 Professore di Economia e gestione delle imprese all’Università di Siena

3' di lettura

La fase economica che le aziende hanno davanti alla ripresa post-ferie è complicata, tra inflazione, aumento dei costi, contrazione dei consumi e cambiamenti di mercato. Di cosa ha bisogno, prima di tutto, la Toscana? «Di imprenditori molto bravi per affrontare le nuove sfide», afferma Lorenzo Zanni, professore di Economia e gestione delle imprese all’Università di Siena, uno dei più acuti osservatori del sistema economico regionale.

Prof Zanni, quali sono le sfide a cui si riferisce?

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Quattro in particolare: transizione digitale, transizione ecologica, transizione demografica e transizione globale perché stanno cambiando anche i mercati mondiali.

E a che punto siamo nell’affrontare queste sfide?

Anche se le aziende toscane hanno alle spalle un anno di recupero molto buono come il 2022, e stanno chiudendo un 2023 tutto sommato positivo, in questo periodo le criticità sono rimaste tutte lì, irrisolte. Di fatto negli ultimi 20 anni non è stata toccata la struttura del sistema economico, la Toscana è rimasta con le sue debolezze, solo in alcuni casi è riuscita ad avviare qualche transizione.

Per esempio?

A Siena la caduta del Monte dei Paschi avrebbe potuto travolgere il sistema economico, invece la nascita del distretto delle Scienze della vita ha rappresentato un cambiamento strutturale grazie alle aziende piccole e grandi che ci hanno creduto, all’Università, alla Regione. E oggi questa piattaforma è a disposizione di tutti, non solo dei senesi.

La transizione digitale si scontra soprattutto con le piccole dimensioni delle aziende toscane....

Appunto: le medie e grandi aziende ce la fanno a investire e innovare, ma la digitalizzazione stenta a decollare sotto certe dimensioni, salvo che sia imposta dai committenti come avviene nel settore moda.

Quali sono le dimensioni minime per potercela fare?

Anche aziende di 20 persone ce la possono fare, il problema è che in Toscana spesso le aziende sono sotto i 10 dipendenti. Inoltre quello che serve è un salto culturale, non solo dimensionale: non basta comprare macchine, occorre inserire profili nuovi che sappiano sfruttarne le potenzialità.

Altrimenti cosa accadrà?

Lo ha detto anche l’Irpet (l’Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana, ndr): siamo di fronte a una polarizzazione del mercato del lavoro. Se questa regione non saprà offrire opportunità ai giovani che hanno un’alta qualificazione, quei giovani andranno a lavorare fuori dalla Toscana e noi perderemo chance
di crescita.

Gli Its sono una risposta?

Credo sia corretto lo sforzo per valorizzare gli Its che sta facendo Confindustria, ma l’errore è pensare che la sfida del futuro si giochi con gli Its, scuole che lavorano sul processo produttivo e formano esecutori di strategie.

Invece alla Toscana servono manager?

Per innovare davvero un’azienda servono giovani che gestiscano sistemi complessi, figure che maneggino l’intelligenza artificiale, la sostenibilità ambientale, la digitalizzazione che può servire per fare marketing ma anche per migliorare la sicurezza sul lavoro. La nostra manifattura non può essere solo “bello e ben fatto”.

Qualcuno però sta facendo progetti di questo tipo...

Le eccellenze ci sono, ma questa sfida non riguarda solo singoli attori come Gucci, Prada o Ferragamo. Se i piccoli da soli non ce la fanno servono strategie collettive che finora sono state deboli. Dobbiamo integrare formazione,
mondo delle imprese e istituzioni pubbliche.

Quanto incide il fatto che molti imprenditori hanno tra 60 e 70 anni?

L’età avanzata degli imprenditori è un rischio, ma voglio vederla anche come l’opportunità di inserire in azienda un figlio o un collaboratore ben formato per innovare e affrontare le nuove sfide. E per salvare il sistema. Peccato che oggi non ci sia ancora un piano per la transizione demografica.

A cosa servirebbe un piano?

A fare una fotografia della Toscana al 2040-2045 per inserire per tempo energie nuove: altrimenti tanti imprenditori andranno in pensione e la regione diventerà più povera, o meglio si allargherà il divario tra territori ricchi e territori poveri, tra aree deboli e aree forti. La digitalizzazione va portata
nelle aree periferiche, per renderle attrattive, insieme con i servizi di base.

Quindi la sfida del futuro
si gioca sulla transizione demografica?

Il ritorno dei cervelli, come si usa dire, è la carta che la Toscana deve giocare per portare nuove competenze e nuova visione: questa è una delle politiche che si dovrebbe cercare di fare, oltre a tenere i cervelli che già ci sono.

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