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Ritratto del papa che se ne andò «senza scappare»

Dieci anni fa, 11 febbraio 2013. Un flash dell’Ansa annuncia che Benedetto XVI rinuncia al pontificato. La notizia manda in tilt il sistema mediatico globale: edizioni straordinarie, dirette da piazza San Pietro.

di Carlo Marroni

3' di lettura

Dieci anni fa, 11 febbraio 2013. Un flash dell’Ansa annuncia che Benedetto XVI rinuncia al pontificato. La notizia manda in tilt il sistema mediatico globale: edizioni straordinarie, dirette da piazza San Pietro. Ma c’e una testata che si distingue particolarmente. È il quotidiano «Liberation», storica voce della sinistra francese, che esce in latino, forse con una discutibile copertina, col titolo Papus interruptus (Papa interrotto). Nell’editoriale, intitolato Cogitatio (“Pensato”), il direttore, Nicolas Demorand, che si firma Nicolaus Demorandis, sostiene – anche lui in latino – che tra le cause del gesto del Pontefice potrebbe esserci la «depressione» che non risparmia più i papi, umani, troppo umani: fallibili… Un evento nella storia dei Papi. C’è chi, come la «Rossiskaya Gazeta», organo ufficiale del Cremlino, mette la notizia in prima pagina, ma piuttosto defilata. Un libro appena appena uscito racconta quei giorni ma anche gli eventi a seguire: Ratzinger. La scelta. “Non sono scappato” (San Paolo) scritto dal giornalista Orazio La Rocca, a lungo vaticanista di «Repubblica» e autore di vari saggi. Il testo è in larga parte un racconto dettagliato sia dei contenuti nati dalla frequentazione dell’autore con il cardinale Ratzinger – che intervistava con appostamenti al mattino sotto il colonnato di San Pietro – sia degli eventi dall’elezione fino alla rinuncia. E anche dei principali eventi dei dieci anni al Monastero Mater Ecclesiae, tra cui in particolare gli ultimi 12 mesi. «È piuttosto complicato e imprevedibile l’inizio del 2022. Almeno nei primi giorni di gennaio quando dalla Germania incominciano a filtrare parziali anticipazioni del Rapporto sui casi di violenze sessuali su minori compiute da preti della diocesi di Monaco e Frisinga nei decenni passati. Nell’inchiesta – scrive La Rocca – appare anche il nome di Ratzinger, accusato di aver “coperto” un prete pedofilo quando era arcivescovo in Monaco. Una notizia-shock che sia le autorità vaticane che i più stretti collaboratori di Benedetto XVI smentiscono subito nettamente, definendola «priva di fondamento», «falsa», frutto di «pregiudizi». Per la Santa Sede è una sorta di macchina del fango che, pur nell’ambito di un atteso Rapporto sulla pedofilia commissionato dai vescovi tedeschi, «è andata a colpire – con prove alla mano? Con rigore storico? Superficialità? – una figura come Ratzinger, vale a dire – ricordano le autorità pontificie – l’uomo che, sia da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, che da pontefice, ha adottato norme severissime contro il cancro della pedofilia nella Chiesa». La posizione dell’allora cardinale è stata poi sostanzialmente chiarita, ma «al di là delle eventuali responsabilità di Ratzinger tutte da dimostrare – aggiunge La Rocca – va comunque riconosciuta l’importanza del Rapporto – svolto per altro da una commissione indipendente istituita dalla Conferenza episcopale tedesca – dal quale emerge che dal 1945 al 2019 nella diocesi di Monaco-Frisinga ci sono stati 497 casi di abusi sessuali su bambini e bambine commessi da preti pedofili». Alcune reazioni però sottolineano come il papa tedesco fosse ancora oggetto di attacchi, un po’ come lo fu quando era in carica. Massimo Camisasca, vescovo emerito di Reggio Emilia, parla di «manovra contro Ratzinger. E viene da dentro la Chiesa». «Tutti noi vescovi italiani siamo profondamente convinti – dichiara il presule – che gli abusi sessuali compiuti su minori, oltre a quelli morali e di autorità, siano un gravissimo delitto. Tanto più grave se compiuto da una persona consacrata, da un religioso, da un educatore». Ma «fu proprio il cardinal Ratzinger a evidenziarne per primo la gravità, solo tra i leader mondiali, politici e culturali, e a prendere provvedimenti… nessuno ha fatto come lui, prima di lui». Nonostante questo in Germania, tra i vescovi non mancano quelli che accusano più o meno apertamente Ratzinger: «Come il cardinale Reinhard Marx, successore di Ratzinger alla guida della diocesi di Monaco, committente del Rapporto, sollecita il Papa emerito a “parlare” in merito ai risultati dell’inchiesta. Senza una parola di solidarietà».

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