Riuso creativo: la seconda vita dei set, dove non si buttano nemmeno i serpenti
Martina Bragadin, Benedetta Pomini e Margherita Crespi hanno creato a Milano Spazio Meta, un laboratorio che recupera i materiali di scena. Regalando nuove emozioni a chi può farne buon uso. Musei, gallerie d’arte e persino brand dell’alta moda.
di Alexis Paparo
2' di lettura
«Meta è riassunto ed evoluzione: di lavori ed esperienze precedenti. Siamo in tre, ci siamo occupate di scenografia, curatela, esposizioni museali. Siamo state testimoni del ritmo frenetico delle produzioni, della velocità con cui ogni cosa viene buttata dopo l'uso. Oppure dimenticata nei magazzini, difficilmente riadattata per prolungarne la vita». Martina Bragadin, 34 anni, Benedetta Pomini e Margherita Crespi, 36 anni, hanno trovato la loro nicchia: Spazio Meta, che ha casa nel quartiere milanese di Bovisa, è una realtà dedicata al recupero e alla reimmissione sul mercato di materiali scenici altrimenti considerati di scarto. «Milano si muove veloce e propone di continuo eventi e produzioni, realizzati con materiali e professionalità di alto valore. A volte la parte difficile non riguarda il riuso, ma la gestione di tutto il resto: la logistica, il trasporto, lo stoccaggio. Essere state parte del processo ci ha permesso di immaginare una soluzione che fosse anche redditizia, sviluppando un sistema che speriamo di esportare».
Spazio Meta collabora dalla sua nascita, nel 2020, con istituzioni museali, gallerie d'arte e case di moda, come Gucci e Prada. Solo nel 2022 ha recuperato quasi 32 tonnellate di materiali: la metà ha trovato un nuovo uso. «Parliamo di montagne di sabbia, casse infinite di macchine fotografiche vintage, piastrelle e moquette, persino di un serpente di raso lungo cinque metri, che abbiamo donato a un asilo del quartiere. I materiali di passaggio cambiano ciclicamente, non sappiamo in anticipo che cosa ci verrà proposto dai nostri partner, e questo è una parte del nostro divertimento».
Oggi Meta sta raccogliendo risultati anche in termini di fatturato, ma arrivare primi non è stato facile. «Ne siamo fiere, ma questa nostra singolarità è stata motivo di dubbio per banche, finanziatori e selezionatori, che non vedevano un mercato interessante. Accedere ai bandi più importanti è stato quasi impossibile, perché spesso è previsto che ci sia una tecnologia attorno alla quale viene sviluppata l'impresa: noi invece proponevamo un progetto assolutamente innovativo, ma che è 100 per cento umano».
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