Riuso e riscatto, in Vaticano una mostra celebra la «redenzione» dello scarto
Dall’incontro tra il patrimonio della Biblioteca Apostolica e l’arte del sacerdote brasiliano Sidival Fila un inedito percorso tra rotoli magici etiopici, lacche vietnamite, monete e amuleti
di Manuela Perrone
I punti chiave
- Il doppio binario del riuso e del riscatto
- Papa Francesco: «Dallo scarto alla cultura dell'armonia»
- Nell'atrio un Ippolito “velato”
- I volumi “accomodati” del Marchese Capponi
- Libri come matrioske
- Le “magie” di Antonio Piaggio
- I pannelli lignei di Biagio Cicchi
- La redenzione dello scarto
- Il circolo virtuoso
6' di lettura
Antichi manoscritti rammendati con ago e filo come fossero abiti. Copertine rafforzate con vecchi documenti. Amuleti cinesi. Monete riutilizzate per coniarne di nuove oppure trasformate in ciondoli per preziose collane. Tutto accompagnato da opere contemporanee dove oggetti di scarto tornano invece a vivere nudi, semplicemente per quel che sono. È un percorso ipnotico quello della mostra “(RE)VERSUS - Riuso e riscatto nel patrimonio della Biblioteca Vaticana e nell'arte di Sidival Fila”, realizzata in collaborazione con l’omonima Fondazione filantropica, in corso fino al 15 luglio (prenotazione obbligatoria a questo link) nella sala espositiva Kerkorian dell’Apostolica.
Il doppio binario del riuso e del riscatto
Il viaggio è doppio. Da una parte i curatori don Giacomo Cardinali (che della sala Kerkorian è anche Commissario), Simona De Crescenzo e Delio Proverbio scavano nell'immenso archivio della Biblioteca Apostolica Vaticana - manoscritti, volumi a stampa antichi e moderni, monete e medaglie, stampe e disegni, materiale cartografico e fotografico aperti a studiosi qualificati di tutto il mondo - e ne estraggono casi di riuso che vengono dalla pratica del restauro settecentesco, dalla biblioteca del Marchese Capponi, dall’opera di Antonio Piaggio, fino a estendersi in ambiti fuori dal libro, nei lavori di pittori e decoratori minori tra XVIII e XIX secolo, come Biagio Cicchi e Filippo Cretoni, o nel campo numismatico e ornamentale, dai primi secoli della nostra era a oggi. Dall'altra parte Fila, sacerdote francescano e artista di origini brasiliane, riscatta ricami e frammenti serici, in una danza raffinata che sgancia ogni oggetto recuperato dalla sua funzionalità, da ogni nuova utilità, ridandogli valore in sé.
Papa Francesco: «Dallo scarto alla cultura dell'armonia»
Evidente il legame con uno dei punti nevralgici che il Pontefice ripete nel suo magistero. «La cultura dello scarto – ha infatti sottolineato Papa Francesco in un messaggio di apprezzamento dell'iniziativa – è uno dei fenomeni più drammatici del nostro tempo, per il quale la società umana tende a mettere da parte tutto quello che non risponde ai criteri di efficienza, produttività, reattività, ma anche di bellezza, giovinezza, forza e vivacità». La mostra supera questa cultura, aggiunge Bergoglio, «in maniera tanto creativa quanto poetica, e condita di sana ironia» e «intende offrire a tutti elementi di riflessione per passare dalla cultura dello scarto alla cultura dell'armonia».
Nell'atrio un Ippolito “velato”
La meraviglia accompagna il visitatore. Si comincia nell'atrio, dove la statua dell'”Ippolito” che da oltre cinque secoli presidia l'ingresso della Biblioteca Apostolica e che attualmente è oggetto di nuovi studi, smette improvvisamente di essere ignorata e finisce al centro della scena, grazie a una teca di fili sottilissimi che la racchiude, gabbia velata che attrae e affascina. Salendo poi per l'articolato, ci si immerge nella poetica e nella produzione di Fila. In cima allo scalone d’entrata pannelli verticali con fiori antichi ricamati sul lino utizzando filo di seta del XX secolo. Poi un grande telaio in tessuto jacquard del 1600 ritagliato, cucito e sospeso. E la serie “Senza titolo Carta Antica 22-37” (2023), realizzata con copertine e frammenti di libro del XVI secolo, cuciti su tela.
I volumi «accomodati» del Marchese Capponi
L’opera di Fila viaggia a diretto contatto con gli elementi della riserva libraria della Biblioteca caratterizzati dall'approccio inverso al suo. Ogni teca, una scoperta. Un Decamerone “aggiustato” è spiegato nei carteggi del Marchese Alessandro Gregorio Capponi, bibliofilo sempre indaffarato a reperire libri manoscritti e a stampa che vanno dal Trecento al Settecento, i cui resoconti dettagliati aiutano a comprendere quanto le pratiche di restauro fossero agli antipodi di quelle di oggi. «Adì detto il signor don Ignazio prete Messinese bravissimo legatore e accomodatore di essi – racconta - mi mandò il Decamerone della stampa del 1516, in 4°, il quale mi haveva accomodato un mio esemplare del quale mancavano alcune carte e questo fu accomodato con un altro mio esemplare simile tanto mancante che io per fortuna ebbi da Monaldini libraio al Corso l'ottobre 1745 per pochi paoli, lo che per diligenza infinita di detto don Ignazio se ne è fatto un libro bellissimo in 4° del detto anno 1516, e però non volendo danaro le diedi mezzo zecchino e un quartino, un buon pranzo e quattro pezzi di cioccolata, che fanno scudi 1.60 e lo rimandai in carrozza a S. Pietro al Palazzo vaticano».
Libri come matrioske
I libri si “accomodavano”, per la gioia dei collezionisti, in modo che alle pagine mancanti se ne sostituissero altre. Ma si “ristrutturavano” anche con elementi provenienti dal passato per rafforzare rilegature e copertine, trasformando ogni volume in una sorta di matrioska fitta di sorprese. Così un libro vietnamita dal titolo “Festa di San Francesco Saverio”, parte della collezione in scrittura sino-xenica fatta stampare da Paul-François Puginier, Vicario Apostolico del Tonchino occidentale dal 1868 al 1892, si presenta con la classica copertina in lacca rossa che caratterizza la collezione, ma il piatto anteriore, molto danneggiato, lascia intravedere un documento cinese scritto su carta, che era stato impiegato come cartonnage per confezionare il libro. Piccole grandi rarità. Come il volume a stampa della seconda metà del Cinquecento ricostruito a pennino e inchiostro da un calligrafo romano del Settecento, che ne imitò la versione originale fin nei minimi dettagli.
Le “magie” di Antonio Piaggio
Antonio Piaggio, impiegato presso la Biblioteca Vaticana dalla seconda metà del Settecento, era ritenuto uno dei massimi esperti nell'arte dell’imitazione, così descritto dal prefetto della Biblioteca, Giuseppe Simonio Assemani, al ministro degli Affari esteri del Regno di Napoli in cerca di un parere su cosa fare dei papiri rinvenuti a Ercolano: «Ingegnosissimo nelle invenzioni di cose stravaganti sullo stile cinese, che ridotte alla perfezione europea, maravigliosamente eseguisce in abiti, in apparati, in tele, in sete et in rami. Egli è finalmente inarrivabile nell'imitazione di qualsivoglia stampa, e caratteri d'ogni lingua, e d'ogni edizione, per stravagante che sia; come potrà arguire l'E.V. dalla di lui Carta Geografica, che io ebbi già l'onore di presentare a S.M., e dalle mostre di alcuni suoi curiosi travagli, che seco porterà». Un genio, in grado di creare mappe e ricopiare codici siriaci, greci e latini senza che nessuno distinguesse tra il vero e il falso e di «supplire lacune di manoscritti» senza che nessuno se ne avvedesse. Il colmo dell'abilità, per l'epoca.
I pannelli lignei di Biagio Cicchi
Ma non sono soltanto i libri ad essere stati fonte di riuso. Sono visibili per la prima volta due pannelli lignei che rappresentano, insieme ad altri due, ciò che resta della prima decorazione effettuata da Biagio Cicchi tra il 1758 e il 1759 degli sportelli del magnifico Salone Sistino, il cuore pulsante della Biblioteca Vaticana con i suoi 70 metri per 15, due navate e altrettanti cicli di affreschi dedicati alle biblioteche dell'antichità e ai concili di ecumenici orientali e occidentali, finti arazzi, quadri nei quadri. Un secolo dopo, Filippo Cretoni li ridipinse, nella versione ancora oggi presente nelle sale storiche dell’Apostolica, durante il restauro del Salone in cui fu impegnato.
La redenzione dello scarto
Il percorso espositivo si conclude nella scenografica sala Barberini, dove un albero secco in un vaso dorato troneggia solo, illuminato da due fari sul soffitto. È l'esempio più chiaro dell'opera di Fila: l'albero rappresenta soltanto sé stesso, e rivive sontuosamente per ciò che è diventato. Si compie a tutti gli effetti la redenzione dello scarto. «È veramente sorprendente – spiega il Bibliotecario, monsignor Angelo Zani - come una mostra che per metà è l'opera di un artista contemporaneo e per l'altra frutto di ricerche nel nostro patrimonio secolare, e condotta in pieno e laicissimo spirito di autonomia artistica e scientifica, finisca per illustrare come meglio non si potrebbe uno dei passaggi più significativi del magistero di Papa Francesco». «Con questa esposizione – sottolinea il Prefetto della Biblioteca Apostolica, don Mauro Mantovani - la Biblioteca Vaticana taglia il traguardo delle quattro mostre dedicate al dialogo e al confronto con la cultura e con l'arte contemporanea: si tratta per noi di speciali occasioni di studio e di conoscenza sia del mondo che ci circonda, che è anche il nostro, sia di promozione e valorizzazione del nostro stesso patrimonio, di cui ogni artista ci aiuta a cogliere ed evidenziare uno o più aspetti ancora nascosti o addirittura sconosciuti».
Il circolo virtuoso
Questo è l'incantesimo che si avvera nella catena virtuosa tra passato e presente, tra patrimonio e arte contemporanea: gli artisti si addentrano nel tesoro senza eguali della Biblioteca e “additano” ciò che colpisce la loro attenzione, il gruppo degli studiosi approfondisce, i visitatori sperimentano esperienze intellettuali uniche. «L'incontro con Sidival Fila ci ha ispirato un viaggio nelle trame della nostra stessa storia, di cui abbiamo potuto recuperare personaggi geniali sebbene quasi sconosciuti», sottolinea don Giacomo Cardinali. Riuso e riscatto diventano espedienti per sperimentare «il lusso della complessità». Il sacrificio di un frammento si trasforma nel mezzo attraverso il quale parte del patrimonio ci è giunta. E oggi, grazie alla tecnologia, possiamo scovarlo e indagarlo senza comprometterlo. Artefici, e insieme spettatori ammirati, del riscatto dello scarto.
loading...