Rivoluzione nella reportistica: focus sulla catena di fornitura
Conto alla rovescia per l’attuazione delle nuove regole europee che allargano progressivamente la platea alle grandi imprese e alle Pmi quotate con un impatto anche sulla supply chain. Partenza con l’esercizio 2024
di Chiara Bussi
4' di lettura
Il conto alla rovescia è iniziato e per la platea coinvolta sarà una vera e propria rivoluzione. Si alza il sipario sulla direttiva Csrd che rende obbligatoria la rendicontazione di sostenibilità: dovrà essere integrata nel bilancio a partire dall’esercizio 2024, con tappe diverse a seconda della tipologia di impresa ed effetti anche sulla catena di fornitura. Le nuove regole riguarderanno progressivamente tutte le grandi con più di 250 dipendenti (quotate e non) e le Pmi sul listino.
Si aggiunge così un nuovo tassello nel mosaico della finanza sostenibile europea, con l’obiettivo di fornire ai mercati finanziari informazioni in materia ambientale, sociale e di governance (i cosiddetti criteri Esg) - si legge nel testo - «affidabili, pertinenti e comparabili» affinché il capitale privato sia indirizzato verso il finanziamento della transizione verde e sociale.
Platea allargata
«Se si guarda al ventaglio delle aziende che saranno interessate – spiega PierMario Barzaghi, partner Kpmg, responsabile Sustainability Services e membro dell’Efrag, l’organismo consultivo europeo in materia di reportistica aziendale – la portata delle nuove regole è dirompente: secondo le nostre stime si passerà in Italia dalle circa 200 aziende che oggi redigono la Dichiarazione non finanziaria (Dnf) a oltre 5 mila coinvolte in forma diretta, ma almeno 100 mila in forma indiretta perché parte di una supply chain».
La prima novità è nella terminologia. Il bilancio di sostenibilità cede il passo all’informativa di sostenibilità che verrà inserita in una sezione della relazione sulla gestione. Sembra un cambiamento di poco conto, ma, sottolinea Barzaghi, «comporterà un salto culturale: finora c’era la possibilità di scelta e solo un’impresa su cinque nel nostro Paese seguiva questa strada. Il restante 80% ha finora preferito un documento separato». Un cambio di paradigma che mette per la prima volta sullo stesso piano i principi di sostenibilità con la performance economica. La nuova informativa – come stabilisce la direttiva - dovrà infatti mettere nero su bianco la strategia dell’impresa in relazione ai rischi connessi alle questioni di sostenibilità, le opportunità legate ai principi Esg e tutti i piani compatibili con la transizione verso un’economia in marcia verso l’obiettivo a zero emissioni.
Viene introdotto il principio della “doppia rilevanza” (o doppia materialità). Significa che le imprese dovranno fornire un duplice livello di informazioni: non solo sull’impatto delle proprie attività sulle persone e sull’ambiente, ma anche sulle modalità in cui le questioni di sostenibilità incidono sui loro risultati e sulla loro situazione.
Le regole diventano più stringenti per comparare le informazioni e renderle certe ed accurate. Le imprese che rientrano nel perimetro dovranno adottare un unico standard di rendicontazione Esrs (European Sustainability Reporting Standard). Per le Pmi saranno invece introdotti standard specifici. Le informative dovranno poi essere pubblicate in formato digitale.
Viene data maggiore enfasi al sistema di controllo interno per scongiurare i rischi di greenwashing. «Questo – dice Barzaghi - implicherà una ridefinizione della struttura organizzativa. Tutte le figure, a partire dall’amministratore delegato fino alle strutture di vendita e di acquisti, responsabile finanziario (Cfo), divisione It, dovranno avere bene in mente questi nuovi principi che vengono integrati nella strategia aziendale. Ciò implicherà una formazione a tutti i livelli e renderà necessaria un’adeguata preparazione».
Più tempo per le piccole
Si partirà per gradi e le imprese coinvolte hanno ancora tempo per prepararsi. A debuttare saranno le grandi aziende di interesse pubblico (con più di 500 dipendenti) già soggette alla direttiva del 2013 sulla comunicazione di informazioni a carattere non finanziario (Nfrd) con il bilancio di esercizio 2024 (pubblicato nel 2025). Il raggio si estenderà poi alle grandi imprese non quotate per l’esercizio finanziario 2025 (con il reporting nel 2026).
Le nuove regole si applicheranno poi alle Pmi quotate (escluse le microaziende), alle imprese creditizie di piccole dimensioni e a quelle assicurative “captive” a partire dal bilancio di esercizio 2026 (pubblicato nel 2027). Per loro è però prevista la possibilità di tempi supplementari fino al 1° gennaio 2028 (con il report nel 2029). Sulle Pmi l’Efrag è al lavoro per snellire informativa. L’organismo ha già prodotto dodici standard e nei prossimi tre anni ne arriveranno 39 a carattere settoriale. «Il cambio di passo – precisa Barzaghi - riguarderà tutta la catena del valore. Questo significa che anche le Pmi non quotate e quindi non obbligate a redigere l’informativa di sostenibilità dovranno fornire una serie di dati analitici a clienti e fornitori».
La quarta tappa è prevista nel 2029, con la comunicazione sull’esercizio finanziario 2028 per le imprese di Paesi terzi che realizzano ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di euro nella Ue, se hanno almeno un’impresa figlia o una succursale nell’Unione che supera determinate soglie.
I nodi da sciogliere
La proposta di direttiva Csrd è stata presentata dalla Commissione Ue nell’aprile 2021. Nel giugno 2022 è arrivato l’accordo tra Consiglio Ue ed Europarlamento e il testo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale europea a dicembre.
Se l’impianto e i principi fondamentali sono già in vigore e verranno applicati a partire dal 2024, per i dettagli più tecnici bisognerà invece attendere il recepimento nell’ordinamento nazionale. C’è tempo fino al prossimo luglio 6 luglio, ma in Italia il decreto legislativo potrebbe anche arrivare entro la fine dell’anno e dovrà fornire alcuni chiarimenti. Tra questi la definizione del dirigente preposto e l’applicazione nel caso di filiali estere.
«Nessuna azienda – conclude Barzaghi - oggi è veramente pronta, il cambio culturale è notevole, ma la sfida è trasformare la compliance e gli obblighi normativi in strategia. Applicare la direttiva deve essere visto non come onere ma come opportunità. Comporterà necessariamente un ripensamento della catena di fornitura e chi non si adegua sarà fuori da mercato. Per questo servirà una preparazione a tutti livelli».
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