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Roccella Jonica diventa comune modello per la prima accoglienza

Nel 2022 sono state identificate 7mila persone. Sul porto una tensostruttura e presidi di assistenza tra cui Medici senza frontiere

di Donata Marrazzo

Sul porto le operazioni di ormeggio e sbarco da un peschereccio trainato dalla Guardia Costiera

2' di lettura

Roccella Ionica, che è uno dei primi approdi della rotta turca, quella lungo la quale navigava il caicco naufragato tragicamente a Cutro, è impegnata da tempo nel soccorso a terra dei migranti. Mai come in questi primi mesi dell'anno, in cui si sono registrati sbarchi a ripetizione, anche due in uno stesso giorno. E si continua a stare in allerta, perché chi si occupa di salvataggio in mare sa che gli sbarchi non si fermano.

Il sindaco Vittorio Zito si è attrezzato al meglio, organizzando un’efficiente macchina dei soccorsi. Nello scalo marittimo è stata posizionata una tensostruttura gestita dalla Croce Rossa, più alcuni moduli per le procedure di prima assistenza e identificazione. Anche per le attività di operatori e volontari. Così Roccella, come numerosi altri piccoli comuni calabresi che si son dati da fare in autonomia, è diventata un modello di prima accoglienza. I migranti dovrebbero sostare all'interno del Porto delle Grazie di Roccella per 82 ore, «ma spesso restano anche 10 giorni, in attesa di una sistemazione in un centro di accoglienza - spiega Zito - Il che vuol dire che la struttura non si svuota e in caso di una nuova emergenza tutto il sistema va in sofferenza».

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«Lavoriamo in grande sinergia – spiega Concettina Gioffrè, da quattro anni responsabile della Croce Rossa della Riviera dei gelsomini – appena scatta l'emergenza, con una telefonata della prefettura o della guardia costiera, riusciamo a essere in porto in pochissimo tempo. Il nostro è l'unico presidio in Italia all'interno di un'area portuale dove, tra l'altro, possiamo contare sul supporto di Medici senza frontiere per la gestione dell' infermeria e di altre organizzazioni umanitarie. Si è creata fra tutti un'intesa forte, e chi prima arriva soccorre. Una procedura concordata anche con le forze dell'ordine. Ci occupiamo di persone fragili e vulnerabili, di ricongiungimenti e di mediazione legale».

Un anno fa, in occasione dell'ennesimo naufragio, la Croce Rossa ha accudito con grande sensibilità i genitori di Musa, giovane iraniano che ha perso la vita in mare, davanti a sua madre, a suo padre e alla sua sorellina. «Una bellissima famiglia, tutti cristiani, lei designer, lui ingegnere come il figlio – racconta Concettina Gioffrè - Li abbiamo ospitati in una struttura protetta, poi li abbiamo sostenuti nell'iter burocratico per raggiungere la Svizzera. Ci sentiamo spesso, vogliono tornare qui, perché Musa è stato sepolto a Roccella».

Ma, indipendentemente da chi opera sul campo, le criticità sono forti: «Quello del soccorso a terra è l'anello più debole di tutta la gestione dei flussi, perché non è normato. È necessario velocizzare tutte le procedure», conclude Zito. Su quella rotta, i migranti arrivano da Siria, Afghanista, Iran, Pakistan: lo scorso anno ne sono stati identificati 7000. E molti, più di 140, erano bambini. La previsione è che quest'anno saranno molti di più.

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