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Ronaldo, niente rimborso da 4 milioni: sui diritti d’immagine non si applica la tassa piatta sui Paperoni

La Corte di giustizia tributaria del Piemonte (sentenza 219/2/2023) respinge l’appello presentato dal giocatore portoghese contro la decisione che già in primo grado non aveva riconosciuto le sue ragioni sul diritto alla restituzione dell’Irpef, pagata a suo avviso in eccesso

di Giovanni Parente

2' di lettura

La tassa piatta di 100mila euro per i Paperoni che si trasferiscono in Italia non si applica ai redditi da sfruttamento dei diritti d’immagine se non sono di fonte estera. Cristiano Ronaldo perde anche il secondo tempo della partita avviata con le Entrate per ottenere un rimborso dell’Irpef che, a seconda della qualificazione, sarebbe oscillato dai 3,9 ai 4,8 milioni di euro.

La Corte di giustizia tributaria del Piemonte (sentenza 219/2/2023) respinge l’appello presentato dal giocatore portoghese contro la decisione che già in primo grado non aveva riconosciuto le sue ragioni sul diritto alla restituzione dell’Irpef, pagata a suo avviso in eccesso.

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La questione ruota sulla modalità di tassazione dei redditi dei diritti d’immagine per il periodo in cui Ronaldo, all’epoca dei fatti calciatore della Juventus, è stato residente in Italia. CR7, infatti, aveva presentato l’opzione al Fisco italiano per entrare nel regime dei Paperoni (per gli addetti ai lavori è quello dei «neo residenti»), in base al quale i redditi prodotti all’estero da parte di chi si trasferisce in Italia possono essere tassati in modo forfettario con un’imposta annua di 100mila euro (l’agevolazione può essere estesa anche ai familiari per i quali il prelievo fiscale si riduce a 25mila euro).

Redditi di lavoro autonomo

Il motivo del contendere risiedeva essenzialmente nel fatto se anche i proventi da diritti d’immagine potessero essere inclusi in questa tassazione più favorevole, e quindi prevalentemente considerati come prodotti all’estero. In realtà, prima di presentare la dichiarazione dei redditi 2020 (periodo d’imposta 2019), Ronaldo aveva provato a far valere le sue ragioni con una serie di interpelli presentati all’agenzia delle Entrate. Anche se i profili toccati erano diversi, di fatto il Fisco italiano ha ritenuto che i diritti d’immagine andassero tassati come redditi di lavoro autonomo. Così CR7 aveva «dichiarato come sottoposti ad imposizione ordinaria, in via prudenziale, tutti quei compensi derivanti dallo sfruttamento economico della propria notorietà che avevano avuto una connessione anche solo marginale con il territorio italiano».

Attività legata al luogo di residenza

Da qui era nata la richiesta di rimborso e, con il silenzio rifiuto, il contenzioso. Già in primo grado, però, i giudici tributari avevano ritenuto corretta l’interpretazione del Fisco italiano. Ora anche i giudici di appello concludono, tra l’altro, che l’«attività di gestione dell’immagine pubblica del campione è strettamente correlata proprio alla persona fisica» e, dunque, «al suo luogo di residenza».

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