Ronaldo stella cadente del Mondiale dei record (e dei diritti dimenticati)
La finalissima di domenica 18 dicembre chiuderà un’edizione che ha visto una media di 51mila spettatori a partita, stadi praticamente sempre esauriti, 2 miliardi di audience tv
di Dario Ricci
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Doha, dal nostro inviato - Garriscono al vento caldo (neanche troppo, in verità) che soffia dal deserto, le 32 bandiere delle squadre partecipanti a Qatar2022. Doha è pronta a celebrare il momento-chiave del gran ballo del calcio globale, quello che in pochi giorni scremerà le otto reginette rimaste in corsa verso la finalissima di domenica 18 dicembre. Eppure, sui campi qatarioti, la vittoria sembra già essere stata di tutti quelli che alla festa hanno almeno potuto partecipare. Si distende allora, il sorriso di Gianni Infantino, nello snocciolare le cifre record di un'edizione di cui – con un'espressione di blatteriana memoria – definisce quella a gironi come ‘la fase a gruppi più bella della storia”: una media di 51mila spettatori a partita, stadi praticamente sempre esauriti, 2 miliardi di audience tv (anche se, va ricordato, la raccolta pubblicitaria dell'evento alla vigilia si era pur lievemente contratta, causa peculiarità del calendario e pandemia).
Ammainata la bandiera dei diritti negati
Insomma, su tutte sventola altra nel cielo di Doha la 33esima bandiera, quella della Fifa, mentre definitivamente ammainata sembra quella dei diritti negati: tema abbondantemente (e precipitosamente) praticato fino alla prima settimana di competizione da tutti i media del globo (soprattutto europei e anglosassoni); ora invece, mentre il muezzin chiama i musulmani alla preghiera serale, sui taxi e nel suk della capitale si celebrano piuttosto gli dèi pallonari, da Messi a Neymar a Mbappé, o il Marocco che incarna i sogni di due continenti in uno, l'Africa e il Maghreb, e che ovvio cattura anche le tante simpatie asiatiche e mediorientali. Oggi giorno dedicato all' ‘ufficio-facce': all'interpretazione cioè di ogni singolo e sguardo e smorfia di quelli che saranno i protagonisti delle prime due sfide dei quarti, Brasile-Croazia e, a seguire, Olanda-Argentina. A rischiare di più, ovvio, sono le due sudamericane, favorite: il Brasile – timonato con saggezza e lungimiranza da Tite - che incanta, e che non vorrebbe svegliarsi bruscamente dal suo sogno contro i croati, alla Last Dance della generazione targata Modric; e l'Argentina che vive tra l'estasi del titolo che equiparerebbe definitivamente Messi a Maradona, e l'abisso che quella coi tulipani possa essere l'ultima partita della Pulce a un Mondiale.
Duello infinito, quello tra orange e albiceleste, da Cruijff '74, alla finale di Buenos Aires '78, a Francia '98 fino alla semifinale vinta dagli argentini ai rigori a Brasile 2014: ora eccolo il nuovo capitolo della saga, e comunque vada a finire è innegabile che alla vigilia ti restino negli occhi e nelle orecchie più le pennellate fiamminghe della prosa di Louis Van Gaal che la schematica oratoria di Scaloni, che a dipingere capolavori lascia (e spera) che sia il sinistro della Pulce; mentre l'incrocio di sguardi tra il saggio Tite e il pallondorato Modric fa immaginare che per i brasiliani potrebbe non essere facile come sembra ancora oggi, quando al Mondiale volgiamo ancora lo sguardo dell'Angelus Novus di Walter Benjamin, che avanza a lunghe falcate verso il futuro guardando appunto, all'indietro e a ciò che è appena accaduto (vedi trionfo contro i sudcoreani) nel suo passato.
Ronaldo: declino di un fenomeno mondiale
Passato, appunto. Accaduto. In una parola: successo, che se non sai viverlo bene, altro non è che un participio ricolto all'indietro. ‘Il' successo ‘è' successo pure a Ronaldo, che sta vivendo il suo essere un campione ‘participio': paradossale la smentita della Federcalcio portoghese, tramite comunicato ufficiale, rispetto a un'indiscrezione della stampa lusitana secondo la quale CR7 sarebbe stato sul punto di lasciare il ritiro della Nazionale, dopo i dissapori col ct Santos, la panchina e poi i pochi minuti giocati contro la Svizzera (matata dalla tripletta del suo sostituto Gonçalo Ramos). Declino di un fenomeno che avrebbe potuto chiudere la carriera da ambasciatore del calcio mondiale, ma che a quasi 38 anni non riesce più neppure a essere buon ambasciatore di se stesso.
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