Ross e Calenda, prove di dialogo sul commercio
di Mario Platero
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WASHINGTON - Con il multilateralismo in crisi e la globalizzazione sotto attacco le prove di dialogo, anche a distanza, sono importanti. Soprattutto quando riguardano i commerci: che i nazionalisti nostrani non lo dimentichino, l'Italia vive di esportazioni e scherzare con l'idea di innalzare barriere commerciali o di prendere contromisure contro l'America di Trump che per ora lancia molte parole e per fortuna pochi fatti non giova a nessuno.
Una di queste prove di dialogo, sul fronte commerciale, molto interessante e per certi versi inaspettata l'abbiamo vista ieri a Washington fra il segretario americano al Commercio Wilbur Ross e il nostro ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda. Entrambi hanno detto di voler riprendere il Ttip, il negoziato per la creazione di un'area di libero scambio nell'Atlantico, entrambi hanno detto di essere aperti a modifiche dell'approccio negoziale e hanno dato l'impressione che del brutto viaggio di Donald Trump in Europa in realta' si e' capito poco. O meglio, qualcuno, Angela Merkel in particolare ha capito fin troppo bene quali opportunita' si aprissero dagli scivoloni semantici del Presidente americano. E nei fatti ci ha fatto capire che l'obiettivo di una “Germany First” passava proprio in quei giorni da obiettivo privato a dichiarazione pubblica.
Il dialogo fra i due ministri è avvenuto a distanza, ma nello stesso contesto, il convegno promosso dall'Ambasciata d'Italia a Washington e dall'Aspen Institute Italia per affrontare un tema chiave del nostro tempo:” La relazione fra Stati Uniti ed Europa nell'era dell'incertezza”. Il nostro ambasciatore Armando Varricchio ha aperto i lavori offrendo uno spaccato delle crisi davanti a noi e poi con il Presidente dell'Aspen Giulio Tremonti si e' subito passati al cuore del dibattito dei nostri giorni: possiamo davvero beneficiare da una Germania che si mette al centro dell'equazione per proteggerci dall'America che minaccia tariffe e barriere protezionistiche? La risposta di Tremonti chiarissima e' no, non dimentichiamo l'importanza del dialogo transatlantico che cosi' bene ci ha servito negli ultimi decenni. Ma la stessa risposta in qualche modo e' venuta sia dal segretario al Commercio Wilbur Ross, venuto in Ambasciata per parlare al gruppo di una settantina di persone che dal ministro Carlo Calenda in collegamento da Roma.
Il tema centrale ha riguardato la definizione di commercio “fair” o “unfair” e il dialogo a distanza ha chiarito che nel 2017 non si sta parlando di protezionismo ma di approccio equo alle cose, di riapertura dei negoziati per trovare nuovi punti di incontro. Rossa ci ha anche dato la chiave di lettura di certe impostazioni americane. Per riequilibrare le bilancie commerciali alcuni paesi in forte avanzo potranno correggere il tiro semplicemente acquistando cose di cui hanno bisogno anche dagli Stati Uniti oltre che da altri :” Parliamo ad esempio di gas - ha detto Ross - il Presidente Trump cambiera' le regole per l'esportazione di carburanti fossili e se il fabbisogno di un nostro partner richiede importazioni, bene potranno importare da noi e contribuire a una riallocazione degli squilibri commerciali”.
Non si puo' dare a torto a Ross quando dice che l'America da sola “assorbe il surplus combinato del resto del mondo”. La cosa non puo' funzionare in modo strutturale, questo ce lo dice ogni testo di economia.
Eppure molti in Europa durante e dopo il viaggio del Presidente americano hanno interpretato la cadenza semantica di Donald Trump, provocatoria per definizione, e decisamente a tratti anche sgradevole, come un annuncio di nuovo protezionismo, come una “minaccia” alla Germania “colpevole” di un surplus commerciale che ha raggiunto l'8%. La realta' e' che Trump non ha detto nulla diverso da quello che ha detto prima di lui Barack Obama. E quando Obama esigeva dalla Germania disciplina commerciale lo faceva anche a nome e per conto degli altri paesi europei. Bene, allora l'avanzo commerciale tedesco era del 7%, ora siamo passati all'8%. “Germany First” per ora funziona molto meglio dell'”America First” di Donald Trump.
Le prove di dialogo sono andate bene quando si e' detto di aggiustare i termini del negoziato alle nuove esigenze della globalizzazione, quando entrambi hanno confermato che Ttip potra' andare avanti anche in modo pragamtico:”Non ho pregiudiziali - ha detto Ross - l'importante e' trovare degli accordi. Certo sul piano multilaterale ci si mette sempre una gran quantita' di tempo, se nel frattempo fossero possibili degli accordi parziali non sarebbe male”. E Calenda: “Se Usa ed Ue non assumeranno il ruolo di guida nel percorso di governance della globalizzazione, questo ruolo sarà assunto da altri, con un danno per le nostre economia ed i nostri cittadini”, poi ha aggiunto: “Il contesto politico ora e' cambiato ma il Ttip mantiene il suo ruolo cardine. E' quindi necessario adattarlo al mutato contesto, senza rinunciare al suo ruolo strategico”.
Certo la guardia resta alta. Per noi potrebbe essere un problema il fatto di avere 28 miliardi di dollari visti i discorsi degli americani, potrebbe essere non facile riallocare le nostre politiche di acquisto dall'estero. E dunque la minaccia americana in caso di mancata “consegna” dei risultati pur essendo velata resta. Come resta l'ammonimento di Calenda all'America:”Una cosa e' difendersi dalla concorrenza sleale, un'altra e' proteggersi dalla concorrenza”. Il confine fra le due cose puo' essere sottile. Basta gestire il dialogo con sostanza produttiva e non con semantica provocatoria. Ross ha cercato di sgonfiare la retorica del suo capo: l'America ha detto, resta aperta alla globalizzazione, non rinuncera' certo al rapporto con l'Asia e la Germania e' stata presa di mira in modo sbagliato, “il dialogo fra Washington e Berlino resta di altissima qualita'” ha detto ancora Ross. Vedremo se fra un anno la Germania avra' ridotto dall'8% al 4% i suo avanzo commerciale sul Pil.
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