Startup

Round da 1,5 milioni per il tutoring online di Fluentify, che punta all'Europa

di G.Rus.

3' di lettura

Più che una startup va considerata a tutti gli effetti una Pmi innovativa, pronta ormai al salto verso l'internalizzazione: fondata nel 2013 da Giacomo Moiso, Claudio Bosco e Matteo Avalle, con uffici a Londra, Torino, Milano e Roma e una presenza commerciale in Svizzera, Fluentify annuncia il suo primo round investimento a firma di Stefano Marsaglia (recentemente nominato managing director del fondo di private equity Peninsula Capital Advisor) e di altri investitori privati. L'operazione, da 1,5 milioni di euro, servirà a sviluppare ulteriormente la tecnologia che pilota la piattaforma digitale per l'erogazione dei servizi di e-learning, ad ampliare la struttura commerciale in Italia e, per l'appunto, a muovere passi decisi sui principali mercati esteri, con l'apertura di una sede in Francia.
Cosa fa Fluentify, e perché è una società appetibile per gli investitori, è presto detto: opera nel settore del tutoring online per l'inglese professionale (e più nello specifico nell'ambito dei servizi “long-distance”) con un team di una quindicina di professionisti interni e oltre 150 tutor esterni madrelingua operanti da tutto il mondo e al momento vanta un portafoglio di oltre 200 aziende clienti. Diverse le grandi imprese che si sono affidate a Fluentify e in particolare spiccano nomi nel campo del lusso, della finanza e del consumer goods. Il mercato a cui si rivolge, almeno sulla carta, presenta potenzialità di sviluppo enormi. In Italia si stima che il giro d'affari del tutoring per i professionisti possa valere intorno agli 1,2 miliardi di euro e quello della formazione e dei corsi di lingua circa 2,6 miliardi nel suo complesso; su scala mondiale gli analisti proiettano il valore dell'education in chiave tech a 252 miliardi di dollari entro il 2020, attribuendo al “segmento” del tutoring una crescita fino a 227 miliardi nel 2022.
Un'alternativa (digitale) al modello delle scuole di lingua tradizionali, questa è in poche Fluentify, che ai potenziali clienti promette un sistema proprietario di insegnamento non solo flessibile ma anche in grado di portare risultati (in soli sei mesi, assicurano in proposito dalla società, un professionista può passare da un livello A2 ad un livello B1). Quanto ai risultati di bilancio, il punto di pareggio è stato raggiunto già due anni e i ricavi crescono del 200% anno su anno, rispetto a un modello di business che, almeno per il momento, vedo l'80% delle entrate derivare dal segmento business to business (le aziende dunque) e il rimanente 20% dai servizi venduti ai consumatori.
L'iniezione di liquidità, dicono Moiso e gli altri co-fonder, servirà inoltre ad accelerare il lancio di vari progetti, attualmente in pipeline, che andranno a sviluppare ulteriormente l'offerta della società: primo tra questi il corso digital self-study, pensato per far lavorare inizialmente in autonomia i professionisti e poi avvicinarli gradualmente alle lezioni one-to-one in video conferenza con i tutor, mentre sicuramente strategico è il ricorso all'intelligenza artificiale per affinare i processi di controllo della qualità dei servizi erogati, a tutto beneficio della misurabilità dell'investimento effettuato. In un Paese, l'Italia, classificato al 33esimo posto per livello di conoscenza della lingua inglese, le possibilità per continuare a crescere sembrano a tutti gli effetti non mancare. E il digitale, ancora una volta, diventa il canale per poterlo fare in modo molto veloce.

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