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Quarti di finale: Sudafrica 29, Francia 28. Semifinali: Sudafrica 16, Inghilterra 15. Finale: Sudafrica 12, Nuova Zelanda 11. Sempre con il minimo scarto, sempre con il massimo sforzo, gli Springboks si confermano campioni del mondo. È la loro quarta Coppa: nessuno come loro, che pure erano stati esclusi dalle prime due edizioni del torneo a causa della politica di apartheid ancora in vigore. Ed è di nuovo il capitano con la pelle nera, Siya Kolisi, ad alzare il trofeo.
Partita durissima, com’era nelle previsioni. Meno prevedibili i numerosi colpi di scena a livello disciplinare. Giallo al al capitano degli All Blacks Sam Cane per un contatto “testa a testa”, intorno alla mezz’ora, convertito in rosso dopo l’esame nel “bunker” televisivo, giallo a un altro All Black, Frizell, in avvio di gara; nella ripresa altre due espulsioni temporanee, stavolta ai danni del Sudafrica, prima proprio per Kolisi (ma pure il suo intervento è sembrato da rosso) e poi per Kolbe nel finale: sette minuti di parità numerica (14 contro 14) e due nazioni intere con il fiato sospeso.
La Nuova Zelanda, pur avendo giocato complessivamente oltre 40 minuti con un uomo in meno, ha attaccato di più, ha segnato l’unica meta del match e e ha tenuto la palla per il 60% del tempo. Facile, con questi presupposti, individuare il fondamentale punto vincente del Sudafrica: una difesa straordinariamente efficace e pronta al sacrificio, soprattutto grazie agli uomini di mischia. Pieter-Steph du Toit, giustamente votato man of the match, ha fatto 28 placcaggi, il 37enne Fourie (entrato dopo pochissimi minuti al posto dell’infortunato Mbonambi) lo segue a quota 21.
Altro fattore: i calci piazzati. Gli All Blacks non hanno concesso nemmeno una penalità nella ripresa ma nel primo tempo l’infallibile Handré Pollard ha avuto quattro occasioni per fare male e ha sempre centrato i pali. Dall’altra parte, Mo’unga ha piazzato due penalty nel primo tempo, ma ha fallito la trasformazione della meta di Beauden Barrett a metà ripresa (nata da uno dei consueti prodigi del trequarti ala Mark Telea, in grado di sfuggire a quattro avversari). E sul fallo “da giallo” di Kolbe è stato Jordie Barrett a non mettere dentro il calcio del sorpasso.
Erano due tentativi “al piede” oggettivamente difficili, il primo da posizione molto angolata, il secondo da lontano (e comunque nemmeno centrale). Palloni usciti di poco, a testimoniare che la sorte non era dalla parte degli All Blacks. Che peraltro una meta l’avevano segnata anche al quarto d’ora della ripresa. Numero di Mo’unga con avversari saltati, finta, riaccelerazione, passaggio ad Aaron Smith che schiacciava: tutto inutile per un “in avanti” di Savea a inizio azione che nessuno aveva visto a velocità normale.
Il Sudafrica ha espresso il meglio nel primo tempo, finché c’è stata la parità numerica. Prevalenza nei punti d’incontro, che significa dominio fisico, a tratti soffocante. Nella ripresa gli Springboks hanno provato a dare subito quello che poteva essere il colpo di grazia, prima con De Allende in seguito a un break di Kolisi e poi con Arendse che, dopo un calcetto a seguire di Willemse, perdeva il pallone al momento del tocco decisivo. Dopodiché si sono messi in trincea, non sono riusciti a cambiare marcia grazie ai cambi in mischia, hanno sofferto - essendo presumibilmente anche più stanchi degli avversari, dopo una semifinale tiratissima - e si sono portati a casa la Rugby World Cup n. 10.
Dopo tre successi con il più stretto margine possibile, un du Toit (ovviamente) raggiante ha tratto le sue conclusioni: “Evidentemente - ha spiegato - alla nostra squadra piacciono le situazioni drammatiche”. Sull’altro versante l’inconsolabile Cane non ha voluto dilungarsi sul colore del suo cartellino, su quel giallo diventato rosso: “So solo - ha detto - che con questa cosa dovrò conviverci per sempre”. Come sa essere duro, a volte, lo sport.
La finale
Sudafrica-Nuova Zelanda 12-11 (primo tempo 12-6). Per il Sudafrica: 4 calci piazzati (Pollard 3’, 12’, 18’, 34’). Per la Nuova Zelanda: 1 meta (B. Barrett 58’), 2 calci piazzati (Mo’unga 16’, 37’). Calci fermi: Pollard 4 su 4; Mo’unga 2 su 3, J. Barrett 0 su 1. Cartellino rosso a Cane (NZ) al 29’. Cartellini gialli a Frizell (Nz) al 3’, Kolisi (Saf) al 46’, Kobe (Saf) al 73’.
Per il terzo posto
Inghilterra-Argentina 26-23 (primo tempo 16-10). Per l’Inghilterra: 2 mete (Earl 7’, Dan 44’), 4 calci piazzati (Farrell 3’, 13’, 30’, 65’), 2 trasformazioni (Farrell 7’, 44’). Per l’Argentina: 2 mete (Cubelli 36’, S. Carreras 42’), 3 calci piazzati (Boffelli 24’, 50’; Sanchez 68’), 2 trasformazioni (Boffelli 36’, 42’). Calci fermi: Farrell 6 su 6; Boffelli 4 su 4, Sanchez 1 su 2.
I mondiali vinti
Sudafrica 4 (1995, 2007, 2019, 2023)
Nuova Zelanda 3 (1987, 2011, 2015)
Australia 2 (1991, 1999)
Inghilterra 1 (2003)
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