Rugby, Italia travolta e umiliata dalla Nuova Zelanda
Il 96-17 finale, le 14 mete subite e le due fatte quando il match era già ampiamente nelle tasche degli avversari ci portano indietro di decenni
di Giacomo Bagnasco
3' di lettura
LIONE - Beh, sì, diciamolo: qualcuno si era illuso. Ma non era proprio il caso. La Nuova Zelanda non poteva certo scherzare, in un match decisivo. E la determinazione con cui è scesa in campo non lasciava a priori alcuna possibilità agli Azzurri, che pure hanno avuto un avvio dignitoso. Ma poi tutte le differenze sono venute fuori ed è arrivato il diluvio.
L’umiliante 96-17 finale, le 14 mete subite (sette per tempo) e le due fatte quando il match era già ampiamente nelle tasche degli avversari ci portano indietro di decenni, ci spingono a chiederci se fu vera gloria anche quella legata ai progressi individuati negli ultimi tempi.
Altro che All Blacks appannati: a partire dal veterano Aaron Smith, autore di tre mete, per arrivare a tutti gli altri giocatori scesi in campo, si è vista una squadra affamata, lucidissima, tecnicamente inarrivabile, che univa a una difesa molto severa (ahi, la difesa azzurra…) uno strapotere fisico e pezzi di bravura individuali e collettivi in grado di stroncare, pure psicologicamente, ogni velleità avversaria. L’Italia ha avuto ben poco da opporre e stasera è sembrata una squadra “povera”, sicuramente lontana dalla vera élite internazionale.
La resistenza è durata poco più di un quarto d’ora, nel quale alla prima meta neozelandese - di Jordan - rispondeva un calcio piazzato di Allan. Ma poi ecco una delle sequenze peggiori della storia dell’Ovale di casa nostra: davanti ai 57mila del Groupama Stadium sono arrivate quattro mete nell’arco di nove minuti (firmate da Smith, Mo’unga, Savea e ancora Smith) e al 25’, sul 35-3, il match era già finito.
E in casa nostra non c’era una cosa che funzionasse, come ha sostanzialmente detto il capitano Michele Lamaro a fine partita: “Siamo andati male in mischia, in rimessa laterale, nei punti d’incontro, abbiamo patito la loro fisicità dal 15’ in poi, e tutti i tentativi di mettere gli All Blacks sotto pressione sono finiti male. Abbiamo subìto una dura lezione, loro volevano partire forte e ci sono riusciti mettendo subito la partita in discesa, noi abbiamo cominciato a sfaldarci dopo la terza meta presa”.
Non poteva, a questo punto, esserci qualche reale novità nel secondo tempo, che però è stato aperto da una bellissima azione azzurra, finalizzata in meta da Capuozzo. La statistica ha registrato la 149esima presenza di Sam Whitelock, entrato per centrare il record assoluto in casa neozelandese, e gli uomini in nero hanno ripreso a macinare gioco e mete. Fino a sfiorare quella quota 100 che contro di noi avevano superato 24 anni a Huddersfield, in un’altra Coppa del Mondo. Almeno questa, di statistica, non è stata aggiornata, e appena prima del fischio finale è anzi arrivata la meta n. 2 dell’Italia, con Ioane in tuffo alla bandierina.
Il ct azzurro Kieran Crowley ha detto che “qualcosa cambierà per il rugby italiano, ma il momento non è ancora arrivato”. Un’ammissione onesta, che almeno sgombererà il campo da ulteriori ottimismi fuori luogo in vista del match del 6 ottobre, ancora qui a Lione, contro la Francia.
LA PARTITA
Nuova Zelanda-Italia 96-17 (primo tempo 49-0). Per la Nuova Zelanda: 14 mete (Smith 3, Jordan 2, Savea 2, Coles 2, Telea, Retallick, Papali’i, McKenzie, Lienert-Brown), 13 trasformazioni (Mo’unga 9, McKenzie 4). Per l’Italia: 2 mete (Capuozzo, M. Ioane), 1 calcio piazzato (Allan), 2 trasformazioni (Allan, P. Garbisi). Calci fermi: Mo’unga 9 su 10, McKenzie 4 su 4; Allan 2 su 2, P. Garbisi 1 su 1)
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