Russia, 24 ore di caos che hanno fatto tremare Putin: cosa sappiamo finora
Le ragioni della rivolta di Prigozhin, l’avanzata incontrastata, gli scontri con l’esercito, e poi la retromarcia quando Mosca era quasi alle porte
di Gabriele Meoni
3' di lettura
Sono state 24 ore vissute pericolosamente per la Russia e il suo presidente, Vladimir Putin, Ventiquattrore con il fiato sospeso per la clamorosa ribellione dell’ex fedelissimo dello «zar», quell’Evgenij Prigozhin che sabato sera sembrava sul punto di lanciare una sfida diretta all’uomo che lo aveva fatto diventare una figura chiave nel sistema di potere militare di Mosca.
Perché la rivolta della Wagner proprio adesso?
Le ragioni sono principalmente due: la prima l’ha esplicitata lo stesso Prigozhin, accusando i vertici delle forze armate russe - la coppia Shoigu-Gerasimov che lui da tempo critica - di aver deliberatamente preso di mira i miliziani della compagnia Wagner in Ucraina bombardando delle postazioni.
La seconda ragione sta invece in un decreto del governo russo del 10 giugno che dal 1* luglio obbliga l’arcipelago sempre più variegato delle compagnie russe di mercenari a firmare un contratto con il ministero della Difesa. Una sorta di commissariamento che l’ex chef di Putin, sempre più geloso della sua autonomia, non è disposto ad accettare.
Il blitz a Rostov e l’avanzata
Nella notte tra venerdì 23 e sabato 24 giugno Prigozhin ha guidato i suoi uomini a Rostov sul Don, la principale città della Russia meridionale, e si è impossessato dei distretti militari «senza sparare un colpo». In seguio altre truppe della Wagner - si stima che in tutto la compagnia conti su 25mila uomini mentre circa 20mila li ha persi sul fronte in Ucraina - hanno attaccato con successo i siti militari di Voronezh più a nord e si sono spinte fino a circa 200 chilometri da Mosca. Il Cremlino ha preso sul serio l’annuncio di Prigozhin di voler arrivare fino a Mosca, tanto che ha organizzato checkpoint intorno alla capitale e schierato gli uomini della Guardia nazionale nei punti nevralgici della metropoli.In alcuni punti si sono viste delle gru in azione per distruggere l’asfalto delle strade e ostacolare il cammino dei ribelli.
Gli scontri con l’esercito
Secondo gli analisti militari russi citati dal Wall Street Journal, durante l’avanzata le forze della Wagner hanno abbattuto sabato sei elicotteri russi e un aereo, uccidendo 13 piloti, morti che non saranno facilmente dimenticate all’interno dell’aeronautica russa. I danni includono ponti e strade distrutti dalle autorità di Mosca che miravano a fermare la marcia di Wagner, e un deposito di carburante per jet colpito e bruciato nella città di Voronezh, dalla quale si sono levate alte colonne di fumo.
Cosa prevede l’accordo mediato da Lukashenko?
Sabato sera, all’improvviso, è arrivata la notizia da parte del leader bielorusso Alexander Lukashenko - un altro stretto alleato di Putin - di un accordo.
Secondo l’intesa Prigozhin si trasferirà in Bielorussia ed eviterà il processo per ammutinamento. In seguito il leader della Wagner è stato visto lasciare Rostov a bordo di un’auto. Anche i suoi 25mila combattenti eviteranno l’incriminazione e quelli che lo desiderano potranno firmare contratti con il ministero della Difesa.
Pochi minuti dopo Prigozhin ha confermato l’accordo dicendo di essersi fermato per evitare «uno spargimento di sangue tra russi», cioè una guerra civile.
Silenzio da Prigozhin e Putin dopo l’intesa
Prigozhin, finora, non ha annunciato di voler lasciare la Russia: ha solo detto di aver accettato la richiesta di Lukashenko di cessare la «marcia della giustizia» su Mosca per evitare spargimenti di sangue. Anche Putin non ha fatto alcun commento pubblico dopo aver accusato Prigozhin di tradimento sabato mattina. Il video diffuso nella giornata di domenica 25 giugno era stato registrato il 21 giugno, prima dell’insurrezione.
L’audio di Prigozhin
Dopo un silenzio di quasi 48 ore, Prigozhin è ricomparso con un lungo audio di 11 minuti nel quale ha spiegato che non era sua intenzione rovesciare il governo russo ma protestare contro il decreto di Shoigu che indebolisce la Wagner. Non è mancata però una frecciata a Putin, quando ha detto che la marcia incontrastata dei suoi uomini fino a 200 chilometri da Mosca ha mostrato «gravi problemi di sicurezza» in Russia.
Il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, la cui rimozione era la richiesta principale di Prigozhin, non si è fatto vedere da prima dell’ammutinamento. Idem per il capo dello Stato Maggiore, il generale Valery Gerasimov. Shoigu ha mantenuto il silenzio domenica, anche se i social media russi sono pieni di voci non confermate sulla sua possibile sostituzione nei prossimi giorni.
Le domande senza risposta
Al momento non è dato sapere i contenuti precisi dell’accordo. Prigozhin avrà ancora un ruolo nella guerra in Ucraina? I vertici della Difesa, e in particolare il ministro Shoigu e il capo di Stato maggiore Gerasimov, resteranno ai loro posti? Vladimir Putin uscirà indebolito dalla vicenda, come sostiene la maggior parte degli analisti, oppure no? Che impatto avrà questa crisi-lampo sull’andamento della guerra in Ucraina? Queste e altre domande sono per ora senza risposte. Nelle prossime settimane ne capiremo di più.
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