Russia fuori dalla Cedu, stop alle estradizioni
La Cassazione blocca i procedimenti di consegna in vista dell’addio di Mosca ai principi dell’equo processo e del divieto di tortura
di Patrizia Maciocchi
I punti chiave
3' di lettura
Con l’uscita dal Consiglio d’Europa la Russia, dal 16 settembre 2016, cessa anche di essere Alta parte contraente della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. Una Carta dei diritti fondamentali - che il Cremlino vuole anzi denunciare - nella quale sono elencati tra gli altri, il diritto fondamentale ad un equo processo (articolo 3) e il divieto di trattamenti inumani e degradanti (articolo 6). Per questo le rassicurazioni della federazione Russa, in merito al rischio di tortura e alle garanzie su un processo giusto, si devono ritenere compromesse. La Cassazione, con la sentenza 18044, accoglie il ricorso di un cittadino greco nato in Russia, che si opponeva alla consegna richiesta dopo un ordine di cattura per reati di partecipazione ad un’organizzazione criminale. La Suprema corte, ricorda l’obbligo rafforzato per il giudice d’Appello di valutare le condizioni nelle quali la persona richiesta si troverà una volta estradata. Nello specifico i giudici citano l’ultimo rapporto di Amnesty International (2021-2022) dal quale emerge la persistenza «con tratti definiti endemici, di atti di tortura ed altri maltrattamenti in danno di persone ristrette in stato custodiale, mentre continuano ad essere “assai rari” i procedimenti giudiziari avviati nei confronti degli autori di tali condotte».
Le conseguenze del conflitto in Ucraina
Una situazione che la guerra in Ucraina complica ulteriormente. La Cassazione ripercorre le tappe dell’uscita di scena della Federazione Russa dal Consiglio d’Europa. Dalla presa d’atto da parte del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa della Comunicazione con la quale il Governo russo informava il Segretario generale del proprio recesso e dell’intenzione di denunciare la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, alla decisione di espellere, con effetto immediato, la Russia dal Consiglio. Un atto adottato nell’ambito della procedura prevista dall’articolo 8 dello Statuto. Con una risoluzione successiva, datata 23 marzo 2022, il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, da deciso in conseguenza della fine dell’appartenenza della Federazione russa al Consiglio, anche la sua cessazione dal ruolo di Alta parte contraente della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo dal 16 settembre 2022. Questo «pur continuando la Russia ad essere parte contraente delle convenzioni e dei protocolli conclusi nell’ambito del Consiglio d’Europa, cui ha espresso il suo consenso ad essere vincolata, e che sono aperte all’adesione di Stati terzi, (come ad esempio quella relativa all’estradizione)».
Le garanzie della Cedu
Evenienze che devono pesare sulla valutazione del via libera all’estradizione. I giudici di legittimità sottolineano che le Autorità russe hanno richiamato espressamente gli articoli 3 e 6 della Cedu, come parametri di riferimento da rispettare a garanzia dell’estradando dal pericolo di torture o trattamenti inumani, degradanti e lesivi della dignità. Disposizioni della Convenzione «che racchiudono l’affermazione di principi fondamentali, solennemente sanciti in una Convenzione internazionale - si legge nella sentenza - della quale lo Stato richiedente cesserà di far parte dal 16 settembre 2022, in conseguenza del suo recesso dal Consiglio d’Europa e della sua intenzione di denunciare proprio quella Convenzione europea». Su queste basi la Corte d’Appello dovrà rivedere il suo via libera all’estradizione.
La percentuale di casi presentati da cittadini russi alla Cedu
L’uscita della Russia avrà un netta ripercussione sulla Cedu, che svolge il ruolo di tribunale di ultima istanza quando tutte le vie interne sono esaurite. In seguito al passo indietro della Russia i suoi cittadini non potranno più presentare ricorso a Strasburgo, dove i casi ad oggi presentati sono il 24% del totale. E tra questi ci sono anche quelli che riguardano dissidenti come Alexei Navalny.
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