Russia, con l’arte aggirate le sanzioni Usa
Gli oligarchi russi Arkady e Boris Rotenberg, sanzionati per l’annessione della Crimea, hanno continuato a comprare arte per 91 milioni di dollari
di Giuditta Giardini e Marilena Pirrelli
4' di lettura
Uno scandalo potrebbe definitivamente porre sotto le regole del credito anche il mercato dell’arte negli Stati Uniti, la più grande piazza al mondo con la market share del 44% sui 64,1 miliardi di dollari scambiati a livello internazionale nel 2019. Il rapporto «The Art Industry and US Policies that Undermine Sanctions» del Sottocomitato permanente di indagine del Senato degli Stati Uniti presieduto da Rob Portman, pubblicato il 29 luglio scorso, conferma che dopo le sanzioni individuali in risposta all’invasione russa dell’Ucraina e all’annessione della Crimea che il governo statunitense ha applicato il 20 marzo 2014 ai membri della famiglia russa dei Rotenberg, sono avvenute transazioni su opere d’arte per un importo superiore a 91 milioni di dollari originati da società di comodo collegate alla famiglia, rese note dallo studio legale Mossack Fonseca nello scandalo dei Panama Papers del 2016. Le sanzioni individuali ad Arkady e Boris Rotenberg erano state inflitte a causa dei loro stretti legami con il presidente russo Vladimir Putin, compresa l’assegnazione di grandi contratti governativi a società di loro proprietà. Il Sottocomitato dopo aver revisionato un milione di documenti delle quattro maggiori case d’aste, dealer privati, gallerie e sette istituti finanziari, ha determinato che la famiglia Rotenberg ha continuato ad avere accesso a valuta e sistema finanziario statunitense nonostante le sanzioni contro Arkady e Boris Rotenberg. Tali sanzioni individuali sono state posticipate da Donald Trump fino al 2021.
Rotenbergate
Il Sottocomitato ha collegato acquisiti di costosissime opere d’arte ai fratelli Arkady e Boris Rotenberg, due oligarchi russi, e al figlio di Arkady, Igor. Dopo il via alle sanzioni alla Russia, il 20 marzo 2014, le compagnie controllate dai Rotenberg avrebbero trasferito 120 milioni di dollari nei quattro giorni precedenti l’entrata in vigore dell’ordine esecutivo del presidente Barack Obama del 16 marzo 2014 e spesi 91 milioni nel periodo successivo a partire dall’acquisto da un art dealer de «La Poitrine» di René Magritte nel maggio 2014 per 7,5 milioni di dollari da Highland Ventures con fondi della Senton Holdings di proprietà di Arkady Rotenberg.
Il mercato dell’arte americano, dice il Rapporto, è altamente deregolamentato: non è soggetto alle misure anti-insider trading, né all’obbligo di riportare transazioni sospette a norma del Suspicious Activity Report e neppure ai requisiti di trasparenza del Bank Secrecy Act (BSA), che prevede misure giornaliere di prevenzione al riciclaggio di denaro e controllo sull’identità dei clienti. Sebbene il BSA non si applichi a dealer e case d’aste, le sanzioni dovrebbero impedire a questi ultimi di intraprendere qualsiasi attività commerciale con chi ne sia soggetto. Inoltre, le quattro principali case d’aste Sotheby’s, Christie’s, Phillips e Bonhams dichiarano di applicare lo AML, misure volontarie anti-money laundering, ma i dipendenti delle big four intervistati dal Sottocomitato hanno dichiarato di non farlo mai, essendo sufficiente l’identità dell’intermediario o dell’art advisor di turno, lo stesso vale per i dealer. Così gli acquisiti presso le case d’aste per conto dei Rotenberg venivano effettuati da un art advisor di fiducia, Gregory Baltzer, con l’aiuto dell’avvocato Mark Omelnitski, a capo della Markom Group, che transferiva immediatamente il titolo ad una compagnia del Belize, Steamort Ltd che pagava con fondi ricevuti da Highland Business con beneficiario Igor Rotenberg e successivamente da Highland Venture, il cui beneficiario era Arkady Rotenberg. La tracciabilità delle parti coinvolte nelle operazioni di scambio nel mercato dell’arte e la dichiarazione dell’Ubo (ultimate beneficial owner) rivelano solo un primo livello dell ’intermediazione. Così tutte e quattro le case d’aste consideravano il signor Baltser il principale acquirente, piuttosto che un agente per un altro acquirente, e non gli hanno mai chiesto per chi acquistasse le opere. Da marzo 2010 a ottobre 2018 Baltzer ha percepito 1.116.000 dollari per la consulenza prestata. Nel 2012, Baltzer aveva poi aperto una casa d’aste a Mosca con cui acquistava opere d’arte per conto dei suoi clienti, tra cui grandi oligarchi, ed era entrato in affari con Christie’s che delegava a Baltzer la due diligence sui clienti russi. Mentre Sotheby’s, dopo aver rifiutato di entrare in affari, ha continuato a intrattenere rapporti commerciali con lui. «Segretezza, anonimato e mancanza di regolamentazione creano un ambiente maturo per il riciclaggio di denaro e l’elusione delle sanzioni. Tracciare la proprietà di società anonime, comprese quelle coinvolte in transazioni artistiche di alto valore, è difficile» è scritto nella relazione.
Raccomandazioni
Dopo aver dichiarato inefficaci le sanzioni contro la Russia – che continua con le azioni militari in Crimea – il Sottocomitato ha messo sotto inchiesta il mercato dell’arte statunitense. Tra le raccomandazioni fatte, si chiede al Congresso che il BSA venga emendato per comprendere anche case d’aste e dealer. Inoltre, il Congresso dovrà richiedere al Tesoro di: raccogliere informazioni su ogni attività commerciale registrata negli Usa; sanzionare i diretti familiari dei sanzionati per evitare lacune nella tutela; evitare che trascorra del tempo tra l’ordine esecutivo e la sua applicazione; e impedire a società partecipate da soggetti sanzionati di svolgere la propria attività negli Usa. L’Office of Foreign Assets Control dovrà preparare linee guida per le case d’aste e i galleristi per impedire che facciano affari con individui e società sanzionate e per l’adozione dell’International Emergency Economic Power Act per le opere d’arte.
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