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Sail art, la nuova frontiera degli yacht personalizzati

L'ultima tendenza del settore: vele dipinte a mano, scafi e interni disegnati e serigrafati. Una scelta tailor-made che sta conquistando proprietari e cantieri navali

di Victoria Woodcock

Un lavoro di Sail Graphics Palma per S/Y Ganesha. © Carlo Baroncini

4' di lettura

Quando l'artista concettuale Daniel Buren ha esposto per la prima volta Voile/Toile-Toile/Voile nel 1975, lo ha fatto sull'acqua. Le sue caratteristiche righe ricoprivano a tutt'altezza le vele di nove barche in regata. Le stesse vele sono poi state esposte alla Berlin Academy of Arts, proprio nell'ordine in cui avevano tagliato il traguardo. Il titolo dell'opera è un gioco di parole tra voile (vela) e toile (tela) e, «appena è stata montata sulle pareti del museo, è subito sembrata un quadro», aveva detto Buren nel 2018. Non è solo la vela a essere usata come tela dagli artisti contemporanei. Il lavoro forse ancora oggi più audace è quello di Jeff Koons per Guilty, il megayacht del collezionista Dakis Joannou, con lo scafo interamente dipinto con un disegno mimetico ispirato a quello che la Marina britannica creò per depistare i sottomarini tedeschi nella Prima guerra mondiale.

Il megayacht Guilty, firmato Jeff Koons. © Catherine Panchout/Sygma/Getty Images

A Liverpool, Carlos Cruz-Diez – artista venezuelano pioniere della Op-Art – e il britannico Peter Blake – esponente della Pop Art – hanno dipinto motivi simili sui traghetti che fanno la spola sul fiume Mersey. E il cantiere Sunreef Yachts ha collaborato con Alexander Mijares – che ha, tra i suoi estimatori, David Beckham e Pharrell Williams – per dipingere lo scafo di uno yacht in mostra ad Art Basel Miami nel 2019.

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“Voile/Toile-Toile/Voile” di Daniel Buren, esposta al Walker Art Center, Minneapolis, nel 2018. © Peter Haakon Thompson for Walker Art Center/© DB-ADAGP Paris

Eppure l'associazione fra barche e fine art non viene spontanea, spiega Patrick Molony Harris, che insieme al fratello Vincent gestisce Sail Graphics Palma. Anche se, negli ultimi anni, alle regate hanno partecipato e partecipano sempre più barche con vele dipinte a mano – per esempio nel Golfo di Trieste (la regata Fine Art Sails) e a Buenos Aires (Sails & Art) – e ci sono aziende che offrono branding per le vele – da Southampton (Ocean Art) a San Diego (North Graphics) – «si tratta di una nicchia della nicchia», continua Harris. «Il nostro business consiste di due parti: una è la riproduzione di grandi loghi sulle vele, usandole quasi come se fossero dei cartelloni pubblicitari. L'altra è lavorare con artisti e armatori per creare qualcosa di unico».

Vincent Harris (a sinistra) e Patrick Molony Harris di Sail Graphics Palma. © Patrick Morarescu

Harris ha studiato architettura e belle arti in Gran Bretagna, ma la sua passione per la vela l'ha portato nel 1997 a Maiorca. «Volevo uno spazio per dipingere e, a Palma di Maiorca, ho trovato un antico palazzo che era stato convertito in studi per artisti», racconta. «Dopo poco tempo sono stato contattato da una veleria. Mi hanno chiesto: “Puoi dipingere su una delle nostre vele?”». Da allora gli Harris ne hanno dipinte centinaia. Lavorano sulla base di disegni ingranditi in digitale, che ricalcano sulle tele. «A seconda del progetto, ci spruzziamo sopra la vernice, la stendiamo con un rullo o usiamo la serigrafia... tutto viene fatto a mano», spiega Harris.

Tra le richieste più stravaganti spiccano il disegno di una pietra preziosa con moltissime sfaccettature sugli spinnaker di uno yacht J-Class e la richiesta di «dipingere una bottiglia di vino che sfonda una vela» per uno schooner di 30 metri di un'azienda vinicola. La sfida più grande è stata realizzare la vela di S/Y Aglaia, un 66 metri del cantiere olandese Vitters Shipyard. «Ha una Code Zero lunga 77 metri e semi trasparente», dice Harris. «Pareva di lavorare sul vetro colorato».

S/Y Aglaia, la cui vela è stata disegnata da Magne Furuholmen e dipinta da Sail Graphics Palma. © Harris Atelier

Il disegno è stato firmato dall'artista e musicista norvegese Magne Furuholmen, anche tastierista del gruppo pop A-ha e co-autore di varie hit anni Ottanta. «È stato il mio primo lavoro di questo tipo (e da allora non ne ha ancora realizzati altri, ndr): l'ho fatto perché l'estetica della barca mi ha conquistato», dice. «Sono partito dalle lettere dei nomi della famiglia del proprietario e con quelle ho costruito una sorta di narrazione che spazia dall'idea stessa del viaggio fino ai miti greci». Furuholmen adesso è direttore artistico di REV Ocean, un explorer vessel da 183 metri che si propone di «salvaguardare l'ecosistema marino e ripulirlo dalla plastica». «Il mio ruolo è curare i lavori dei norvegesi emergenti», dice a proposito della collezione che si trova a bordo, composta da oltre 180 pezzi, «e di assicurare che gli artisti vengano coinvolti nella ricerca e nella discussione sulla mission del progetto».

“Everybody Razzle Dazzle” (2015) di Peter Blake, su un Mersey Ferry di Liverpool. © Paul Ellis/AFP/Getty Images

 

A volte si tratta di trovare una “casa nautica” per arte già esistente. Come hanno fatto la collezionista Emilie Pastor e la consulente artistica Sibylle Rochat – co-fondatrici di Concrete Projects, iniziativa che sostiene i talenti emergenti. «Ci siamo innamorate di una poesia di Lawrence Weiner che parla di acqua, sole, vento e ci siamo dette: “Dobbiamo assolutamente metterla su una barca”», spiega Pastor. Insieme hanno collaborato con Weiner (che è scomparso l'anno scorso, a 79 anni) per creare un'installazione site-specific. «Abbiamo inviato il progetto di Emilie per uno yacht Sanlorenzo allo studio di Lawrence Weiner e ci hanno suggerito diversi modi per realizzarlo, usando adesivi in vinile», ricorda Rochat. «Emily ha optato per la composizione più rischiosa, su pareti e soffitto».

Emilie Pastor con l’artwork site-specific firmato Lawrence Weiner. © Kate Martin

Weiner, che ha abitato per gran parte della vita su una houseboat ad Amsterdam, era entusiasta che il suo lavoro finisse sull'acqua, visto che il modo in cui viene venduto consente al proprietario di decidere in quale forma esporlo. «In pratica si compra un certificato», spiega Rochat. «Chi acquista potrebbe anche decidere di farlo diventare un tatuaggio». Ma se, invece, si optasse per riprodurlo su una vela, ci sono due fratelli a Maiorca già pronti per realizzare il progetto.

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