Saipem, altra seduta di passione a Piazza Affari dopo l'allarme conti
Titolo in picchiata dopo il crollo del 30% alla vigilia in seguito al “profit warning” annunciato dalla società. L’ipotesi di un nuovo aumento di capitale
di Eleonora Micheli
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2' di lettura
(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Dopo il crollo del 30% della vigilia, non si arrestano le vendite sulle azioni di Saipem: i titoli anche oggi sono partiti in calo, hanno ampliato le perdite tanto da entrare in asta di volatilità, dopo aver segnato un ribasso del 7%, arrivando a 1,25 euro. Sono quindi rientrati in contrattazione accusando un tonfo del 14% e ora stanno in parte recuperando. Il 31 gennaio è arrivato, come un fulmine a ciel sereno, il "profit warning" annunciato dalla società, che ha ritirato la guidance annunciata solamente a fine ottobre 2021. Del resto, le stime preliminari sul secondo semestre hanno evidenziato numeri significativamente peggiori rispetto alle attese, di circa 1 miliardo sia sull'Ebitda, sia sui ricavi. L'azienda dovrà ridurre il capitale per le perdite.
Ipotesi rinegoziazione debito e rafforzamento capitale
Ma non è tutto. Il gruppo ha avviato contatti con le banche dato che il mancato rispetto di alcuni covenant potrebbe far scattare il rientro accelerato di alcuni prestiti. Sono ovviamente stati allertati i principali soci di Saipem, cioè Cdp ed Eni, «al fine di verificare anche la loro disponibilità a partecipare a una tempestiva e adeguata manovra finanziaria». Il che significa, il più delle volte, una rinegoziazione del debito con le banche insieme con un rafforzamento del capitale della società grazie a un intervento degli azionisti. Mediobanca alla vigilia ha "bacchettato" Saipem, ricordando che quello annunciato è il terzo profit warning consecutivo da quando è subentrato il nuovo management, nel secondo trimestre 2021. «Chiaramente, gli investitori si chiedono se il gruppo è in grado di gestire bene i costi in aumento su alcuni dei suoi progetti e se emergeranno ulteriori perdite», hanno commentato gli esperti della banca d'affari.
D'altra parte questa non è che l’ultima tappa della parabola di un’eccellenza italiana nell’ingegneria e nell’oil & gas che, dal 2012 a oggi ha decisamente imboccato la strada del declino. Numeri alla mano, tra il 2011 e il 2012, anni del suo massimo “splendore”, il gruppo di servizi petroliferi era arrivato a capitalizzare a Piazza Affari oltre 22 miliardi di euro, mentre oggi ne vale 1,36. Dunque oltre 20 miliardi di capitalizzazione sono andati "bruciati" in Borsa. Nel 2011, a livello consolidato, la società generava ricavi per 12,5 miliardi (quest’anno non raggiungeranno i 7 miliardi) e un utile netto di 912 milioni (per il 2021 gli analisti si aspettano un rosso di 2 miliardi). Dal 2013 il gruppo ha archiviato tutti gli esercizi in perdita, escluso il mini utile di 12 milioni del 2019, accumulando un rosso complessivo di oltre 5 miliardi, che arriveranno probabilmente a 7 con quest’anno. Nel frattempo è avvenuto anche un riassetto azionario con Eni scesa dal 42,9% al 30,4% e Cdp, oggi attraverso Cdp Industria, salita al 12,5%. Dopo Cao, l’anno scorso, è stato nominato Ceo Francesco Caio, che dal 2018 ricopriva comunque il ruolo di presidente.
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