«Saipem, con la rifocalizzazione sull’offshore è scattata la svolta»
L’ad Alessandro Puliti apre ad un ritorno al dividendo. Ma occorrerà inanellare «trimestri positivi su trimestri positivi»
di Celestina Dominelli
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«La nostra ambizione è quella di rafforzare il posizionamento di Saipem come eccellenza dell’ingegneria italiana nel mondo e di farlo generando utili e cassa. Questa ambizione è ancora più forte dopo l’aumento di capitale che abbiamo condotto in porto grazie ai nostri azionisti, in primis Eni e Cdp, e agli uomini e alle donne di Saipem che hanno consentito di trasformare i capitali in lavoro produttivo. La produzione di utili e flussi di cassa è essenziale per rendere finanziariamente ancora più solida la nostra società e affrontare le sfide che abbiamo davanti». Alessandro Puliti, amministratore delegato di Saipem, guarda al futuro con estrema fiducia. Consapevole della bontà del percorso di rafforzamento patrimoniale e finanziario avviato lo scorso anno e della forza di Saipem, «una società del saper fare, con 30mila dipendenti in giro per il mondo, di cui 5.500 solo in Italia, e con una expertise che spazia dalla perforazione offshore alla costruzione di impianti per la produzione di fertilizzanti».
Partiamo dai risultati chiusi in utile. Questo apre la strada a un ritorno al dividendo?
Il dividendo è l’ambizione di ogni società per azioni e la legittima aspettativa dei suoi azionisti. Riteniamo di aver imboccato la strada giusta, ma la condizione ineludibile per pensare di proporre la distribuzione di dividendi è che bisogna fare utili e farli con una certa continuità. Quindi dobbiamo continuare nel percorso fatto, inanellando trimestri positivi su trimestri positivi e cerchiamo di arrivarci il prima possibile.
Quando ci arriverete?
Non sarà domani, certamente, ma nemmeno tra dieci anni. Ritengo, però, che nel giro di un anno o due si possa veramente pensare ad avviare una politica di distribuzione di dividendi.
Qualche analista ipotizza che Saipem possa rivedere al rialzo la guidance 2023. Lei che ne pensa?
A me piace essere pragmatico, per cui dico aspettiamo di vedere le performance del prossimo trimestre e poi valuteremo.
C’è spazio per possibili M&A?
Se ci sono le condizioni, valutiamo sempre le opportunità che si presentano. Abbiamo fatto la mossa strategica di vendere l’attività di perforazione a terra per concentrarci in quella a mare. Ebbene i proventi di quella vendita sono stati utilizzati sia per irrobustire la struttura finanziaria sia per finalizzare l’acquisto della Santorini, una nave di settima generazione, che rappresenta la concentrazione di Saipem sui segmenti offshore e su quelli a più alta marginalità.
Serviranno nuovi puntelli dopo la ricapitalizzazione?
Non vedo la necessità di nuovi interventi. Il gruppo ha un indebitamento netto molto contenuto e in continua riduzione. Stiamo finalmente camminando con le nostre gambe, il mercato è favorevole e sta a noi sfruttarlo per generare nuove risorse all’interno dell'attività caratteristica della società.
Con la manovra del 2022 vi siete rifocalizzati sulle attività core. Che prospettive ci sono su quel fronte?
Ci sono nuove opportunità commerciali alla portata di Saipem per 53 miliardi di euro, il 67% delle quali è nell’offshore su cui noi ci siamo rifocalizzati essendo tradizionalmente il business che ci ha dato margini più alti. Il nostro portafoglio, negli ultimi 12 mesi, è passato dall’avere una esposizione sull’offshore del 38% al 58%. È questa un po’ la svolta che guida i risultati.
In quali geografie ci saranno le maggiori opportunità?
Direi in giro per tutto il mondo. Prova ne è il percorso che sta facendo una delle nostre ammiraglie, la nave Castorone, che ha appena finito di posare le pipeline per il progetto Cassiopea di Eni in Sicilia e adesso sta navigando verso il sud dell’Argentina per posare anche lì una pipeline gas per Total. Poi si trasferirà in Australia per Woodside e da lì tornerà ad attraversare Mediterraneo per raggiungere il Mar Nero dove poserà per Turkish Petroleum. La necessità di fare nuove infrastrutture e di diversificare le linee di approvvigionamento energetico abbraccia tutto il globo.
E nell’eolico in mare aperto quale futuro intravede?
Saipem ha capacità tecnica e tecnologica per progettare, ingegnerizzare e installare tutti i tipi di fondazioni per le turbine eoliche offshore. Lo abbiamo ampiamente dimostrato e nell’ultimo anno siamo riusciti a portare avanti e stiamo concludendo uno dopo l’altro anche i progetti che ci hanno fatto soffrire e che sono stati, in parte, alla base del profit warning di gennaio 2022.
Molti sviluppatori, però, stanno rinunciando ai progetti. Che rischi ci sono?
È un mercato già importante per il Nord Europa e sta diventando significativo anche per il Sud. Ma deve ancora trovare un equilibrio tra la sostenibilità ambientale e quella finanziaria della filiera che deve costruire questo tipo di impianti. Tutta la supply chain è in sofferenza perché le aspettative relative ai costi di investimento fatte dagli sviluppatori sono troppo basse rispetto ai costi che si realizzano nella costruzione degli impianti. Serve, quindi, un nuovo equilibrio e questo chiama in causa i governi che dovranno lavorare su tariffe più sostanziose in grado di sostenere i costi dell'intera filiera.
Il rilancio di Saipem ha portato anche a rivedere la governance. Cosa è cambiato?
Tra i vari interventi avviati, il principale è che ci sono ora maglie molto più strette nell’acquisizione dei progetti, nella selezione delle opportunità e un’analisi dei rischi molto più approfondita.
Che direzione avete preso sulla sostenibilità?
La sostenibilità per noi significa centralità del capitale umano, impegno nella riduzione delle emissioni di CO2 e diversificazione del business per accompagnare i nostri clienti nella transizione energetica.
Qual è il vostro impegno sull’innovazione?
L’innovazione è da sempre il nostro motore di crescita. L’azienda si è sviluppata intorno alla sua capacità di innovare e applicare nuove soluzioni, tecnologie ed asset. L’innovazione di progetto va poi di pari passo con le attività di ricerca e sviluppo dove, nel 2022 abbiamo investito più di 50 milioni di euro e abbiamo più di 20 accordi di cooperazione per innovazione e sviluppo. Senza contare i 2.508 brevetti all’attivo.
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