Sale al 62% la quota di fondi pensione che investono secondo criteri di sostenibilità
Il dato riferisce delle scelte di da 85 investitori, per masse in gestione pari a 184 miliardi di euro, in crescita rispetto al 46% registrato lo scorso anno
di Stefania Luzi (*)
2' di lettura
Cresce il numero dei piani previdenziali che adottano criteri ESG nelle politiche di investimento: è questa una delle principali evidenze della sesta edizione dell'indagine “Le politiche di investimento sostenibile e responsabile degli investitori previdenziali”, condotta dal Forum per la Finanza Sostenibile (FFS), in collaborazione con Mefop e MondoInstitutional, presentata in occasione dell'appuntamento annuale della Settimana dell'Investimento Sostenibile e Responsabile, promossa dal FFS.
Il pungolo delle nuove norme
Il dato si attesta al 62% del campione di riferimento (costituito da 85 investitori, per masse in gestione pari a 184 miliardi di euro), in crescita rispetto al 46% registrato lo scorso anno. Hanno dato impulso a tale crescita da un lato le attività di educazione e sensibilizzazione a favore degli operatori del settore – la sostenibilità degli investimenti è da anni un tema ricorrente nel dibattito –, dall'altro i provvedimenti normativi che stanno interessando il sistema, in particolare le Direttive Iorp II e Shareholder Rights II, che rendono i fattori ESG un aspetto qualificante del sistema di governo di un piano pensionistico. Le aspettative per gli anni a venire sono positive: tra i piani che non applicano alcuna strategia di investimento sostenibile, circa i 2/3 hanno dichiarato di aver avviato valutazioni in merito e, in taluni casi, di aver modificato la propria posizione al riguardo.
Il nodo dello scarso attivismo
Nonostante la significativa diffusione dei criteri ESG, permangono ancora alcune aree grigie, rispetto alle quali non si registrano al momento progressi significativi e su cui il sistema dovrà maggiormente impegnarsi, anche alla luce delle previsioni normative pocanzi citate. Ci si riferisce, in particolare, alle strategie di integrazione dei criteri ESG, tra le quali risultano tutt'oggi scarsamente adottate l'engagement e l'esercizio del diritto di voto, e alle modalità di divulgazione delle informazioni sulle politiche ESG, ancora limitate a elementi di carattere molto generale.
Sul primo aspetto, è opportuno rilevare che lo scarso attivismo degli investitori è, di fatto, un fenomeno diffuso a livello europeo, su cui la Direttiva Shareholder Rights II è intervenuta. Il legislatore europeo, preso atto dell'istituzionalizzazione degli assetti proprietari delle società quotate, in virtù della quale gli investitori ne detengono quote sempre più significative, e ravvisata tuttavia una scarsa partecipazione alla vita societaria degli emittenti investiti, ha deciso di incoraggiare un comportamento più attivo e orientato al lungo periodo, chiedendo loro di predisporre una politica di impegno secondo il principio del comply or explain.
Le scadenze imposte dalla normativa
La deadline prevista nel regolamento della Covip, posto in consultazione lo scorso maggio e non ancora pubblicato nella sua veste definitiva, è il prossimo 31 dicembre. Sul secondo aspetto richiamato – le modalità di divulgazione delle informazioni sulle politiche ESG – è ragionevole attendersi passi in avanti nei mesi a venire. Anche in questo caso, un provvedimento europeo, il Regolamento 2019/2088, interviene sulla trasparenza delle informazioni ESG che gli investitori dovranno rendere disponibili. Il provvedimento è in vigore dal 29 novembre 2019 e i primi adempimenti formali scatteranno a partire dal 10 marzo 2021.
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