Salini Impregilo crolla in Borsa su condanna a rimborso da 848 mln $
di Simone Filippetti
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Salini Impregilo crolla a Piazza Affari, ai minimi storici da settembre 2011: sul General Contractor romano è caduta una tegola giudiziaria da oltre 800 milioni di dollari per il Canale di Panama. Il titolo del più grande gruppo italiano di costruzioni è stato sospeso al ribasso in Borsa dopo che è arrivata la decisione del tribunale arbitrale di Miami che ha condannato il consorzio di costruttori del canale di Panama, di cui è capofila Salini Impregilo assieme alla spagnola Sacyr e alla olandese Jan de Nul, a rimborsare quasi 848 milioni di dollari all'authority. «Il titolo risente di questa condanna» ha commentato a Reuters un trader.
La vicenda risale al Capodanno del 2014. All'epoca Pietro Salini, il patron del gruppo, aveva appena brindato al primo giorno di quotazione del «Campione Nazionale» Salini Impregilo, nato dalla fusione tra la sua Salini e la Impregilo che aveva scalato nell'estate del 2012. Ma il neonato colosso si era visto cadere sulla testa un'inaspettata tegola: il rischio blocco dei lavori del Canale di Panama, un commessa eredità del portafoglio lavori della vecchia Impregilo delle famiglie Ligresti e Gavio. Un’opera ciclopica, da 6 miliardi di dollari, il raddoppio dell'istmo tra Golfo del Messico e Oceano Pacifico, che doveva cadere nell'anno del centenario nella costruzione del primo taglio.
Ma il governo centroamericano si era improvvisamente messo contro, minacciando di ritirare l'appalto al consorzio europeo Gupc per colpa dei costi enormemente lievitati. Il braccio di ferro è andato avanti mesi poi fu trovata una sorta di soluzione pro-tempore per evitare la chiusura del cantiere. Si erano mosse le diplomazie di quattro stati, per evitare un'incidente internazionale: la stessa Ue era scesa in campo con l'allora presidente Antonio Tajani, mentre gli Stati Uniti facevano gli spettatori tutt'altro che disinteressati (il colosso Bechtel brigava per rientrare in gara in caso di annullamento della commessa). Nel 2015 era arrivata la vittoria: l'arbitrato internazionale, a cui era stata demanata la cotoversi suigli extra-costi, aveva dato ragione agli europei. Ma oggi il Tribunale di Miami ha riaperto la questione.
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