Salire a bordo dell'astronave del tempo. Anzi, mettersela al polso
Il fascino antico delle ore erranti declinata in un'interpretazione modernissima. Il nuovo Starwheel completa un sofisticato parco di complicazioni made in Svizzera.
di Paco Guarnaccia
4' di lettura
Non si può certo dire che Audemars Piguet non ami sperimentare nel design. Lo ha dimostrato in passato in modo dirompente nel 1972, quando ha lanciato il Royal Oak, oggi un bestseller, ma al momento della presentazione, con la sua linea caratterizzata dalla particolare lunetta ottagonale fissata alla cassa con delle viti a vista, era considerato come un alieno da polso. E lo ha confermato, molto più recentemente, nel 2018, quando ha introdotto una collezione, ancora una volta, dall'estetica completamente nuova, la Code 11.59 by Audemars Piguet, con una cassa pensata su tre livelli, due tondi in mezzo ai quali se ne trova un terzo che è ottagonale. E certo non si può dire che Audemars Piguet non ami realizzare orologi con grandi complicazioni. La sua lunga storia orologiera parla da sé. Sommando la sperimentazione alle grandi complicazioni, il risultato ha dato, restando sempre nella famiglia Code 11.59 by Audemars Piguet, tre nuovi modelli presentati a settembre, inedite versioni, con la ceramica grande protagonista tra i materiali usati, di Code 11.59 by Audemars Piguet Tourbillon Scheletrato, di Code 11.59 by Audemars Piguet Flying Tourbillon Cronografo, di Code 11.59 by Audemars Piguet Flying Tourbillon Automatico.
Poi, un po' a sorpresa, ne è arrivato un altro nei primissimi giorni di dicembre: il Code 11.59 by Audemars Piguet Starwheel, un orologio con il quale la maison di Le Brassus riporta al centro della scena una complicazione che non utilizzava da un po': le cosiddette ore erranti.
La cui origine, come spiega Sébastian Vivas, direttore del museo e dell'heritage della marca, è molto lontana nel tempo: «Sono state inventare nel 1655 come richiesta di Papa Alessandro VII: soffriva d'insonnia». La storia racconta che per lui anche il normale ticchettio di un orologio non faceva che peggiorare la situazione. A quel punto fu il Papa stesso a coinvolgere i fratelli Campani (Pietro Tommaso, Matteo e Giuseppe), al tempo gli orologiai di Roma, esponendo loro la sua necessità: voleva un orologio silenzioso e leggibile anche al buio. I Campani trovarono la chiave giusta creando un ingegnoso segnatempo notturno, ovviamente da tavolo, dove, nella parte superiore del quadrante traforato (che poteva essere illuminato internamente da una lucerna a olio o da una candela) inserirono l'ora in una finestrella che si muoveva in una sorta di semicerchio punteggiato dai quarti d'ora. Era nato il padre degli orologi con le ore erranti. Che dalla fine del XVII secolo furono usate su dei modelli da tasca per poi venire, di fatto, sostituite dalle più note (al giorno d'oggi) ore saltanti. In Audemars Piguet hanno riportato in auge le ore erranti nel 1991 con la Ref. 25720, nota anche come Starwheel per via del meccanismo in cui tre stelle sostenevano, sulla ruota centrale, i dischi delle ore in vetro zaffiro. Dal 1991 al 2003 la complicazione è stata in dotazione a più o meno 30 modelli nelle varie collezioni. Dove sicuramente mancava era sull'ultima arrivata in famiglia, la Code 11.59 by Audemars Piguet, e ora non più. Il Code 11.59 by Audemars Piguet Starwheel ha la cassa di 41 mm di diametro con le anse e il fondello in oro bianco, mentre la carrure centrale è in ceramica nera (lo stesso materiale è stato usato anche per la corona). Poi c'è il quadrante, protetto da un vetro zaffiro antiriflesso a doppia curvatura, che è in una suggestiva avventurina blu e sul quale si svolge lo show delle ore erranti. Cosa succede quindi? Ad animare l'orologio c'è il movimento meccanico a carica automatica 4310 con massa oscillante in oro rosa, capace di una riserva di carica minima di 70 ore (visibile attraverso il fondello in zaffiro), al quale è stato aggiunto il modulo della complicazione. Come avviene quindi la visualizzazione del tempo? Grazie a un rotore che, in tre ore, compie una rotazione completa. Questo rotore fa da perno a tre dischi-satelliti rotanti, leggermente bombati, in alluminio annerito in PVD. Ognuno dei dischi, sui quali ci sono quattro cifre a rappresentare le ore (il primo segna l'1, il 4, il 7 e il 10; il secondo il 3, il 6, il 9 e il 12; il terzo il 2, il 5, l'8 e l'11), in modo alternato punta verso un arco posizionato sul rehaut nella parte superiore del quadrante che mostra la scala dei minuti, segnando così l'ora e i minuti. La lancetta centrale dei secondi è in oro bianco. A completare il tutto, il cinturino in caucciù con fibbia, anch'essa, in oro bianco.
Anche questo nuovo segnatempo segue le linee guida della maison in fatto di complicazioni, come spiega Lucas Raggi, direttore R&D di Audemars Piguet: «Ognuna ha la sua identità e il suo linguaggio di design. Per noi è importante proporre quelle più in linea con ogni collezione per offrire ai nostri clienti un'esperienza diversa a seconda dei modelli. Ad esempio tutti i movimenti a vista li concepiamo tenendo sempre conto del design della collezione stessa. Di conseguenza, forma e posizione di ogni elemento del movimento sono studiate attentamente per avere armonia e adattarsi al contesto».
Dunque anche per questa novità, sperimentazione sì e complicazione altrettanto. Ma sempre nel solco della più alta tradizione orologiera di cui Audemars Piguet è da secoli uno dei protagonisti principali.
- Argomenti
- quadrante
- Roma
- Papa Alessandro VII
loading...