Salvini all’attacco del M5S su Tav, decreto dignità e salario minimo
Mentre Conte e Di Maio provano a placare gli animi e a tenere una linea di low profile per salvaguardare la tenuta del governo, Salvini preferisce la strategia dell’attacco. Detta la linea e spara a pallettoni
di Andrea Gagliardi
2' di lettura
Mentre Conte e Di Maio provano a placare gli animi e a tenere una linea di low profile per salvaguardare la tenuta del governo, Salvini preferisce la strategia dell’attacco. Detta la linea e «spara a pallettoni». Continuando a tenere alta le tensione con l'obiettivo di far implodere il Movimento (non a caso è partita anche una campagna estiva al Sud, bacino elettorale M5s). È vero che lo stesso Salvini non ha deciso se e quando strappare. Ma non c’è solo la nota divisione sulla Tav, con i due partiti su fronti opposti sulle mozioni che saranno votate in Senato. Attacchi e scaramucce sono quotidiane.
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Salvini: voto anticipato?Lo vedremo prima di settembre
Si parte dal ministro Toninelli «non all’altezza di gestire le infrastrutture di un Paese bello ma difficile come l'Italia». Poi, al termine dell'incontro con le parti sociali al Viminale (alle quali promette «un coraggioso e sostanzioso abbassamento delle tasse»), ad una domanda sull’eventuale voto anticipato il ministro arriva a non escludere la fine anticipata della legislatura. Ed evoca settembre per fare chiarezza: «Oggi abbiamo raccolto idee per l’Italia dei prossimi 20 anni. Se riesco ad applicarle bene, altrimenti o le fa qualcun altro o sicuramente non siamo qua attaccati alle poltrone. Questo lo vediamo da qui a breve, anche prima di settembre».
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«Se i litigi prevalgono il problema c'è»
Il ministro non nasconde i problemi con gli alleati gialloverdi. E chiosa: «Se riusciamo fare bene e in fretta facciamo. Se dobbiamo inseguirci, polemizzare ribadisco che non siamo incollati alle poltrone. Non ci costringe nessuno. Se il litigio prevale sulla costruzione, il problema c'è e si pone»
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«Su salario minimo no unanime dalle parti sociali»
Nel mirino del “Capitano” finisce un cavallo di battaglia del M5s, il salario minimo, sul quale sia le forze datoriali che i sindacati hanno forti dubbi. «Per tutte le sigle un salario minimo imposto per legge significherebbe una riduzione dei diritti e tutele di tutti i lavoratori. Per cui è arrivato un no unanime. Giustamente dicono che ci sono già dei contratti nazionali tutelanti. Una riflessione qualcuno la dovrà fare» declama il ministro. Ma le critiche riguardano anche un’altra misura bandiera del movimento, il decreto dignità: «Tanti rilievi - è la sintesi del ministro - sono stati mossi al decreto dignità da parte di tutte le sigle. Su questo ci facciamo carico di chiedere delle modifiche vista l'inefficacia di alcuni passaggi. Così come sui Pir, i piani risparmio, che non permettono l'accesso al credito.
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