Strappo Lega in Cdm

Salvini-Draghi, la riforma del fisco mette davvero a rischio il governo?

La domanda è scontata: e ora che succede? Anche perché siamo solo all'inizio di un cammino a dir poco periglioso per l'esecutivo

di Barbara Fiammeri

Via alla riforma fiscale: le novità su catasto, Iva e taglio dell'Irpef

3' di lettura

È una questione “seria” ha detto Mario Draghi riferendosi alla mancata presenza della Lega al Consiglio dei ministri. “Seria” ma allo stesso tempo non sufficiente a fermare “l'azione del Governo”. E infatti la delega fiscale che contiene anche la “riformulazione” del Catasto è stata approvata. La domanda è scontata: E ora che succede? Anche perché siamo solo all'inizio di un cammino a dir poco periglioso per l'esecutivo, che a breve è chiamato a licenziare la legge sulla concorrenza (altro provvedimento su cui alta è la sensibilità della Lega) e la legge di Bilancio con la quale si confermerà, tra l'altro, la fine di Quota 100, altra bandiera di Salvini, in scadenza a fine anno.

L’ipotesi di una crisi è remota

Eppure nonostante questi nuvoloni che si addensano minacciosi, l'ipotesi di una crisi resta assai remota. Non a caso lo stesso Matteo Salvini il giorno prima aveva ammonito con un “guai a chi usa il voto per abbattare Draghi”. Ora, non è che questo basti. Ma è un pezzo del puzzle della linea della Lega in questo momento assai confusa.
Lo si è visto anche nelle dichiarazioni post voto, con Salvini che prima ha ammesso la sconfitta e poi il giorno dopo ha rivendicato il risultato ottenuto dalla Lega con i 69 sindaci in più rispetto alla precedente tornata. Il punto è che quella precedente tornata – il 2016 - è un secolo fa, politicamente parlando. Quando il Carroccio era ancora lontano dal 18% ottenuto alle politiche due anni dopo (e lontanissimo dal 34% delle europee 2019).
Salvini è il primo a saperlo.

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La difficile strategia per arrestare la discesa della Lega

Ma è difficile capire ora come arrestare la discesa della Lega che ha subito anche l'onta del sorpasso di Fratelli d'Italia, subito rivendicato da Giorgia Meloni. Difficile perché il calo è cominciato qualche mese dopo l'aver messo in crisi il Governo Conte I, proseguito anche quando era all'opposizione del Conte II e non si è arrestato neppure con il sostegno a Draghi.
La decisione di non far partecipare i ministri della Lega al Consiglio dei ministri probabilmente non fa parte di una strategia. Va letta anzitutto come la prima reazione post voto. Salvini ha accusato il premier di aver dato i testi del provvedimento all'ultimo momento e di essere contrari a qualunque aumento delle tasse. Draghi ha detto davanti ai giornalisti che su quei testi si discuteva da settimane, che non ci sarà alcun incremento delle imposte, rinviando a Salvini il compito di “spiegare” le ragioni del suo “no”.
Di queste si è già detto.

Salvini non può permettersi la crisi: asse del Nord contro

Ma proviamo solo a immaginare in che modo il segretario della Lega riuscirebbe a spiegare invece le ragioni di una crisi dell'attuale Governo e delle conseguenze che potrebbe provocare. Semplicemente non può. Anche perché stavolta potrebbe ritrovarsi contro un pezzo importante del suo partito. Quell'asse del Nord che tutto vuole tranne che una crisi in piena ripresa economica e con i miliardi del Pnrr da mettere a terra.
Miliardi che – vale sempre la pena sottolinearlo – verranno erogati dalla Ue step by step, con riferimento alla tabella di marcia degli impegni assunti dall'Italia. Ed è questo l'unico vincolo per Draghi. Ecco perché il premier non ha atteso neppure di far decantare gli effetti del verdetto elettorale. Anzi da Lubiana (dove è in corso il vertice sui Balcani) ha ribadito: «Il calendario del governo è quello negoziato con la Ue, non quello dettato dagli appuntamenti elettorali».
La delega fiscale doveva essere già licenziata a luglio, poi a fine settembre, un ulteriore slittamento avrebbe confermato che le pulsioni interne ai partiti possono frenare il cronoprogramma delle riforme. Così non è: questo il messaggio che Draghi ha fatto pervenire.
Vale per Salvini oggi, per Conte o Letta domani.

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