Salvini prepara la manovra. Incontro con imprese e sindacati
di Barbara Fiammeri
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Matteo Salvini prepara la campagna d’autunno. In attesa dell’ennesimo vertice lunedì prossimo sull’autonomia regionale con il premier Giuseppe Conte e il vice pentastellato Luigi Di Maio, convoca per il 15 luglio al Viminale imprese e sindacati per un primo confronto in vista della manovra. Un invito inusuale per chi è titolare del dicastero dell’Interno, che la dice lunga sull’interventismo del leader della Lega in una fase tutt’altro che tranquilla nonostante lo scampato pericolo della procedura d’infrazione.
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Lo dimostra lo scambio di battute poco amichevole tra Lega e M5s sugli aiuti per la famiglia andato in scena il 5 luglio. Alla proposta del titolare dell’omonimo dicastero, il leghista Lorenzo Fontana, che - in risposta al crollo delle nascite certificato dall’Istat - rilancia la proposta di un assegno unico da 100 a 300 euro per i figli fino a 26 anni, i Cinque Stelle replicano accusandolo di dare i numeri, di «giocare a tombola», sostenendo che servirebbero fino a 60 miliardi di euro e riproponendo a loro volta la proposta «concreta» di Di Maio. In realtà, almeno quanto a concretezza, anche quella del Capo pentastellato (assegni per mamme e bebé) non è da meno, visto che il suo «fondo» a sostegno delle famiglie doveva essere finanziato dai risparmi ottenuti dalla mancata utilizzazione del reddito di cittadinanza che invece, come è noto, sono finiti assieme a quelli avanzati da quota 100 a sostenere la riduzione del deficit nel decreto Salvaconti, attualmente all’esame del Senato, che ha contribuito a evitare la procedura d’infrazione.
Ma questo botta e risposta dà la misura del clima che si registra dentro la maggioranza gialloverde. Dove però la prospettiva di una crisi di Governo a breve si allontana (lo certificherà il 19 luglio la chiusura della finestra elettorale per votare a settembre). I Cinque Stelle, rimasti afoni dopo il tonfo delle europee, hanno ripreso battere i pugni sul tavolo provocando il disappunto (è un eufemismo) dell’alleato, che vuole ora vuole passare all’incasso. Il ministero degli Affari europei e la poltrona del prossimo Commissario Ue sono una prima ma certo non sufficiente compensazione per Salvini che continua ad dirsi «disinteressato» da eventuali rimpasti. E c’è da credergli. Almeno fino a quando ben altre e più decisive partite non saranno risolte: da Alitalia a Ilva, dalla Tav all’Autonomia.
Salvini sa bene che in caso di insuccesso potrebbe non bastare far ricadere la responsabilità sul socio pentastellato. L’invito al Viminale delle parti sociali va letto anche in questa chiave. Sarà l’occasione per rilanciare le sue priorità sul fronte economico, a partire dal taglio delle tasse a cui Di Maio risponde sventolando il salario minimo.
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Ma quello con cui entrambi saranno chiamati a fare i conti e e un bagno di realtà è la scarsità di risorse a disposizione. Nonostante Salvini e Di Maio abbiano voluto evitare di essere presenti al momento del via libera del Consiglio dei ministri alla manovra per la correzione dei conti pubblici, che ha consentito di superare la minaccia della procedura d’infrazione, sanno bene che quei 7,5 miliardi sono stati ritenuti sufficienti da Bruxelles solo perchè il Governo si è anche impegnato a rispettare i parametri europei nella prossima legge di Bilancio, dove c’è anche da sminare le clausole iva da 23 miliardi di euro.
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Per arrivare all’appuntamento autunnale in buona salute (politicamente parlando) di qui ad allora c’è da risolvere però le urgenze. A partire dal dossier Alitalia intrecciato con quello sulla revoca delle concessioni autostradali di Atlantia. Mancano ormai solo una decina di giorni per la scadenza del salvataggio della compagnia di bandiera e il nome del finanziatore che concorrerebbe assieme a Delta e a Ferrovie a mantenere viva Alitalia ancora non c’è. Anche se non attenuano i toni belligeranti contro Atlantia, tanto il ministro delle Infrastrutture Toninelli che lo stesso Di Maio sono pronti a valutare una eventuale proposta del gruppo guidato dai Benetton.
Che al momento però non si sono fatti avanti. Anche su Ilva una decisione andrà presa. Arcelor-Mittal ha avvertito che senza garanzie sull’immunità, Ilva spegnerà il 6 settembre i forni che producono l’acciaio per gran parte del manifatturiero italiano. Nella Lega c’è lo stato d’allerta. Salvini insiste sul mettere al sicuro i posti di lavoro e intanto concentra il fuoco e l’attenzione dei media sul tema che predilige: l’immigrazione. Martedì verranno depositati gli emendamenti al decreto Sicurezza bis messi a punto al Viminale per inasprire ulteriormente le pene per chi favorisce lo sbarco di migranti. Basterà per mettersi al riparo almeno fino a settembre?
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