INTERVISTA al leader della lega

Salvini: «Subito flat tax e stop all’Iva Le coperture? Meno risorse alla Ue e federalismo fiscale»

di Barbara Fiammeri

(Imagoeconomica)

6' di lettura

Matteo Salvini è in piena campagna elettorale. «Se governeremo subito la flat tax al 15%». Quanto alla copertura rilancia il federalismo fiscale («dai costi standard 20 miliardi di risparmi») e si dice pronto a cancellare i 7 miliardi di contributi alla Ue. «A Bruxelles chiederò di eliminare fiscal compact e patto di stabilità».

«Cosa vogliamo fare dopo il voto? La risposta è semplice: portare a Roma, a livello nazionale, quanto stiamo già realizzando in Lombardia e Veneto e sono convinto che il centrodestra può ottenere dagli elettori una maggioranza per raggiungere l’obiettivo». Tra i tifosi del voto, il nome di Matteo Salvini è certamente in cima alla lista. Il leader della Lega sta percorrendo in lungo e in largo lo Stivale in vista delle amministrative di domenica e il quadro che dipinge è drammatico: «Ogni giorno - risponde Salvini facendo riferimento agli interrogativi sollevati nell’editoriale del direttore Guido Gentili sul Sole 24 Ore di venerdì scorso - perdiamo 150 imprese e questo governo come i precedenti non sono stati in grado di fermare l’emorragia. Dopo aver bloccato per più di un anno il Paese discutendo di leggi e sistemi elettorali senza essere arrivati a nulla, forse finalmente riusciamo a restituire la parola agli italiani».

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Se il suo obiettivo si realizzasse, da dove comincerebbe?
L’idea di Italia che abbiamo è un Paese dove la gente torna a credere nel proprio futuro. Dove le banche, invece di essere trappole per i risparmiatori, tornino a fare credito alle nostre piccole e medie imprese e alle famiglie senza trincerarsi dietro i protocolli assurdi di Basilea costruiti su standard tedeschi. Dove l’imposta diretta per persone fisiche è del 15%, così come quella per le società come negli Usa. Dove i nostri giovani hanno l’opportunità di trovare un lavoro ben pagato senza dover fuggire all’estero».

Meno tasse, più lavoro. Difficile non essere d’accord o: il problema è come.
La nostra ricetta per la crescita si chiama flat tax al 15%. Oggi la crescita c’è solo se ripartono i consumi e questi riprendono solo se gli italiani hanno più soldi in tasca da spendere. Nell’attesa di poter gestire la nostra moneta dobbiamo fare in modo che lo Stato rinunci a una parte di imposte. Abbiamo anche un piano per il saldo immediato e definitivo dei debiti della pubblica amministrazione verso il settore privato con l’utilizzo di titoli di Stato di piccolo taglio. Bene poi gli investimenti pubblici ma che non vanno confusi con soldi a pioggia a favore dei soliti noti.

Sarebbe disposto a un aumento dell’iva per dirottare sullo sviluppo le risorse destinate a sterilizzare le clausole di salvaguardia?
Ma scherziamo! Aumentare l’iva in questo momento sarebbe dare un colpo mortale a quel poco di consumi che ci sono.

Che cosa pensa della proposta di Confindustria di azzerare il cuneo fiscale per favorire l’assunzione dei giovani?
Guardi, qualcuno mi ha chiesto se questo “cuneo fiscale” fosse una sorta di agevolazione solo per coloro che abitano a Cuneo. Ma come parla questa gente? Io mi aspetterei più coraggio dall’industria italiana. Non ho sentito da Vincenzo Boccia una sola parola di sostegno alla nostra proposta di flat tax per le imprese al 15%. Lo ha fatto Trump e il giorno dopo i mercati sono volati. Ridurre di quasi dieci punti la tassazione sulle società in Italia costa 14 miliardi.

E come li coprireste?
L’ideale sarebbe lasciare che questi soldi rientrino totalmente nel circuito economico, ma se volessimo proprio cercare delle coperture 7 miliardi si possono trovare cancellando il nostro contributo netto all’Ue e 7 li recuperiamo cancellando il finanziamento al Jobs Act che a quel punto non servirebbe più. E poi ricordo la storica battaglia della Lega per il federalismo fiscale: secondo i dati Confcommercio costringere tutte le regioni italiane alla spesa efficiente di Veneto e Lombardia porterebbe 20 miliardi all’anno di risparmi!

Su di noi pesa e non poco un debito monstre di oltre 2.200 miliardi. Il Governatore Ignazio Visco ha proposto una riduzione del debito attraverso uno sforzo eccezionale: il 4% di avanzo primario per dieci anni. Che ne pensa?
L’avanzo primario deve servire per assicurare le pensioni a chi ha lavorato per una vita, per garantire il pagamento dei debiti della Pa, per aumentare l’efficienza dell’apparato pubblico, per realizzare gli investimenti in innovazioni e infrastrutture. A questo deve servire l’avanzo primario.

Non teme che una scelta del genere farebbe schizzare i tassi d’interesse aumentando ancor di più il nostro debito?
Non possiamo più consentire che i mercati speculino sul debito pubblico degli Stati. A questa narrazione sul debito pubblico non ci crede più nessuno. Dal 1960 al 1980 l’Italia ha avuto un debito pubblico stabile entro il 60%, l’obiettivo ideale che oggi si vorrebbe raggiungere con gli standard europei che ci hanno imposto il pareggio di bilancio in Costituzione, come se lo Stato fosse una qualunque società privata. Peccato che da quando nel 1981 si è deciso che la Banca d’Italia non era più obbligata a comprare i titoli del debito pubblico siamo arrivati in pochi anni a superare il 120% fino all’oltre 130% attuale. Una corsa che si è un po’ rallentata solo perché con 5 anni di ritardo la Bce ha deciso di fare la Banca centrale acquistando i titoli del debito degli Stati a tassi di interesse bassi. Ma nel frattempo per 20 anni quasi mille miliardi di avanzo primario sono stati mangiati da interessi sul debito, frutto per lo più di speculazioni di mercato per finire poi con l’euro ad avere persino in regalo l’incubo dello spread.

La Lega è ascritta tra i partiti antieuropeisti: che cosa chiederebbe ai partner europei se fosse a Palazzo Chigi?
Non facciamo sempre finta di confondere l’Europa con la Ue perché non sono la stessa cosa. Noi siamo europeisti perché ci riconosciamo nei valori comuni dei popoli europei, nella cultura e nella civiltà fondata su valori che per la gran parte sono espressione della dottrina sociale della Chiesa, altri sono stati ereditati dall’illuminismo e delle correnti letterarie, artistiche che nei secoli hanno dato forma al nostro modo di pensare, alle nostre tradizioni democratiche e liberali. Cosa c’entra tutto questo con la Ue? Nulla. Prima di entrare nell’Eurozona la nostra bilancia commerciale era in positivo di 53 miliardi mentre la Germania dal 1989 al 2000 era in rosso di 126 miliardi. Ora l’Italia si è riportata in surplus solo distruggendo la domanda interna a colpi di tagli e tasse mentre la Germania vola a oltre 200 miliardi. L’Italia da questa Europa e dalla moneta unica ha ricavato solo milioni di disoccupati e migliaia di fallimenti. Questa è la realtà che piaccia o no.

In Francia però ha vinto Emmanuel Macron e non la sua alleata Marine Le Pen...
La Francia è una polveriera pronta a esplodere con un livello di tensione sociale oltre l’immaginabile e Macron è un burocrate figlio delle élite che rischia di crollare su se stesso di fronte al primo problema serio che si troverà dinnanzi.

Dunque cosa direbbe a Bruxelles?
Rinegozierei i trattati monetari trasformando la Banca d’Italia in prestatore di ultima istanza e Istituto pubblico di emissione e poi via Fiscal compact e patto di stabilità. Se si apre una trattativa seria con gli altri Paesi bene, altrimenti perché gli italiani dovrebbero continuare a regalare a Bruxelles 8 miliardi di euro all’anno? La Lega al governo impugna la direttiva Bolkestein, che mette a rischio 300mila posti di lavoro nel commercio e nel turismo e la direttiva sulle banche che rischia di rovinare migliaia di risparmiatori italiani. E le dico anche che la prima telefonata che farei da premier sarebbe a Putin, impegnandomi a eliminare le folli sanzioni economiche contro la Russia che costano all’impresa italiana 5 miliardi di euro di mancati ricavi all’anno.

Lei parla di Lombardia e Veneto ma in queste due regioni le imprese vanno avanti anche grazie a molti lavoratori immigrati. Cosa farebbe, li rispedirebbe a casa loro?
Io non sono contrario all’immigrazione regolare. E comunque gran parte di loro entrarono quando c’era un Paese in crescita. Oggi abbiamo 6 milioni di italiani tra inattivi e disoccupati e dunque la quota per l’immigrazione attualmente è zero. Devono saperlo: per noi chi viene senza essere invitato va riportato indietro.

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