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Sanità integrativa, cercasi un’authority di vigilanza e più trasparenza

Sono 14 milioni gli iscritti ai fondi sanitari e alle polizze malattie. Oltre 2,7 miliardi di euro il controvalore delle prestazioni erogate. La riforma mai partita

di Vitaliano D'Angerio e Federica Pezzatti

Salute in chiaro

3' di lettura

Fondi sanitari integrativi sempre più utilizzati dagli italiani, complice il Covid. Un settore che ha bisogno di una profonda manutenzione e di un’iniezione di trasparenza come già chiesto dalle pagine di Plus24 negli anni passati. Senza dimenticare l’attivazione di un’authority di vigilanza sulla gestione dei soldi in cassa e sul corretto utilizzo degli stessi per ricoveri e prestazioni. Aumentano gli iscritti. Secondo le cifre fornite in anteprima a Plus24 dal ministero della Salute, nel 2019 sono saliti a 14 milioni gli italiani che hanno aderito alle forme di sanità integrativa contro i 10,6 milioni del 2017. In crescita le erogazioni per le prestazioni: si è passati a 2,7 miliardi di euro contro i precedenti 2,3 miliardi. Viceversa vi è stata una riduzione delle forme giuridiche, scese a quota 313 (322 nel 2017).

NUMEROSITÀ E NATURA GIURIDICA DEI FONDI SANITARI
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LA TIPOLOGIA DEGLI ISCRITTI AI FONDI SANITARI
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RISORSE IMPIEGATE PER EROGARE LE PRESTAZIONI AGLI ISCRITTI
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Effetto pandemia

Il Covid-19 ha influito anche sui fondi sanitari che hanno rivisto i piani, introducendo coperture ad hoc. Nonostante ciò, il 2020 ha registrato un calo delle prestazioni erogate dalle compagnie come dimostrano i dati sui sinistri Ivass (-13,2%), con utili del ramo malattia delle compagnie in crescita del 30% sul 2019: il primo lockdown ha impedito molte visite. Invece, durante lo scorso anno, benché non vi siano ancora cifre ufficiali, le compagnie sono finite sotto pressione.

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Il rapporto sinistri/premi, storicamente sotto controllo e tendente al basso, secondo le prime stime sembra aver invertito la tendenza: i lavoratori stanno utilizzano di più le coperture sanitarie. Ecco perché le assicurazioni, in alcuni casi, stanno rivedendo i piani sanitari stringendo i cordoni della borsa o aumentando le contribuzioni; i premi relativi a polizze collettive, coperture che sono di fatto riconducibili quasi interamente a fondi sanitari, nei primi sei mesi del 2021 (dati Ania) sono in aumento dell’8%.

La riforma mai varata

Nel 2019 vi era stata una presa di posizione del ministro della Salute, Roberto Speranza, per avviare una riforma della sanità integrativa. Dopo le esternazioni di Speranza, è stata realizzata un’indagine parlamentare ma l’esplosione della pandemia ha monopolizzato la sanità italiana, sommergendo di lavoro gli stessi funzionari del ministero della Salute a cui era stato delegato il monitoraggio.

Da segnalare che sul fronte dati, l’Anagrafe dei fondi sanitari, dove vengono depositati i bilanci e le informazioni dei fondi sanitari, aveva avviato il progetto del «Cruscotto di analisi delle prestazioni erogate». Un’iniziativa che puntava a raccogliere dati sulle fasce di popolazione coperte dal sistema di sanità integrativa e sulle modalità e livelli di accesso al sistema. I risultati non sono ancora noti.

Trasparenza e authority

A questo punto, visto il largo utilizzo della sanità integrativa e l’impennata dei costi di copertura, sembra arrivato il momento della riforma. Soprattutto è necessaria una maggiore trasparenza dei dati e di bilanci degli oltre 300 fondi sanitari. Una trasparenza necessaria sia in fase di gara, quando le compagnie formulano le offerte, sia appunto in fase di gestione delle risorse.

Non è più sufficiente l’Anagrafe delle sanità integrativa: sui bilanci depositati, infatti, c’è un obbligo di riservatezza non comprensibile visto che i contributi dei lavoratori sono oggetto di detrazione fiscale e quindi di esborso di soldi pubblici. Da qui, l’obbligo di verificare come vengono utilizzate le risorse dello Stato. Un obbligo in capo a troppi soggetti. Dovrebbe essere una sola authority a vigilare. Basterebbe assegnare questo compito alla Covip, l’authority dei fondi pensione che ha competenze simili. E poi consentire ai giornalisti di consultare i dati depositati.

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