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Sanremo 2021, tutte le canzoni ascoltate in anteprima (con pagelle)

Non si canta il virus, ma farmaci, live chiusi e stadi aperti. Vince l’amore e pure Dardust, autore di cinque brani in gara: questo è l’Amadeus bis

di Francesco Prisco

Amadeus: "Sarà un Sanremo unico, un Festival della rinascita"

7' di lettura

Di che parlano le canzoni di Sanremo 2021? Se vi aspettavate riferimenti alla pandemia di coronavirus e a come, da un anno a questa parte, ci ha stravolto le esistenze, potreste rimanere delusi: quest’anno si parla prevalentemente d’amore. Tanto per cambiare. Sarà un Sanremo d’evasione, almeno sentendo i testi dei brani in concorso. Pur ritrovandosi ambientato in una specie di Berlino Est, senza pubblico e con qualche momento di riflessione sparso qua e là nei 500 minuti di ciascuna serata. La selezione effettuata dal direttore artistico Amadeus non prescinde comunque da riferimenti all’ambito sanitario.

Sarà il Festival dei farmaci e di Dardust

Per dire: ci sono tre canzoni che hanno più o meno direttamente a che fare con i farmaci (Il farmacista di Max Gazzè, Ora di Aiello e Arnica di Giò Evan). Chi vincerà non ve lo sappiamo dire, ma vi facciamo notare che ci sono cinque dei 26 brani in concorso che hanno, tra gli autori, la stessa persona: Dardust, al secolo Dario Faini. Tre volte accreditato come Dardust (con Madame, Irama e la Rappresentante di Lista), due come Faini (con Noemi e Renga). Cos’è? Egemonia culturale? Sono finiti gli autori? O, forse, il potere immaginifico del pop italiano ha orizzonti così stretti che, appena un produttore infila due hit, tutti fanno la fila da lui? Ai post (nel senso dei social) l’ardua sentenza, noi chiniamo il capo innanzi a un’offerta musicale che - tolta qualche meritevole eccezione - non ci entusiasma. Vediamola più da vicino.

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Aiello (Ansa)

Aiello «Ora» 5.5

Dopo il grande successo della Tachipirina di Calcutta, Aiello somministra ai fan «sesso Ibuprofene». Ora è una ballatona post indie e pure un po’ post trap sull’abbandono di coppia che, sotto una coltre di apparente novità, nasconde tanta tradizione sanremese.

Annalisa (Ansa)

Annalisa «Dieci» 5

Ballad numerologica («dieci giorni in una notte/ dieci bocche sul mio cocktail»), genere che vanta un’antica tradizione: i Ventuno modi per dirti ti amo di Antonello Venditti, i Mille giorni di te e di me di Claudio Baglioni. Stavolta, però, siamo in un territorio ancora più leggero. Per quanto ci riguarda è un dieci diviso due.

Arisa (Ansa)

Arisa «Potevi fare di più» 4.5

Il maestro Gigi D’Alessio ha trovato un’altra Anna Tatangelo (nel senso di interprete, eh). Basta sentirla e lo capisci: «A che serve una rosa quando è piena di spine/ Torno a casa e fa festa solamente il mio cane/ Ora i nostri percorsi sono pieni di mine/ Sto annegando ma tu non mi tendi la mano»). Sanremese classico, con tanto di sviolinamenti sotto i «Mi mancheranno i sorrisi» e acuti in bella mostra, di quelli che all’Ariston pagano sempre.

Bugo (Ansa)

Bugo «E invece sì» 7

L’imperativo è uno, categorico e impegnativo per tutti: dimenticare Sanremo 2020, quello del «Dov’è Bugo» di Morgan. «The Italian Indie Father» ci riesce bene, con E invece sì, una ballata con qualche sprazzo di rock che affiora qua e là: «Voglio immaginarmi che non ho sbagliato/ e che il paradiso è il mio supermercato/ con la birra in saldo e il poster di Celentano». Arrangiamento superbo, dove spiccano l’omaggio orchestrale a Il mio canto libero in apertura e le citazioni nel testo a Ringo Starr e Cristiano Ronaldo. Essì: Bugo è un grande fan di Lucio Battisti e dei Beatles. Però è juventino.

Colapesce e Dimartino (Ansa)

Colapesce e Dimartino «Musica Leggerissima» 8

Fischi morriconiani e sviolinate epiche sulla strofa, ritornello dancefloor che rivendica l’insostenibile leggerezza del disimpegno: «Metti un po’ di musica leggera/ perché ho voglia di niente/ anzi leggerissima/ parole senza mistero». Non fraintendente, ché i ragazzi hanno due spalle grosse così: è «per non cadere dentro al buco nero che sta a un passo da noi». Chi è troppo profondo, come i due cantautori siculi, ogni tanto ha bisogno di «un po’ di leggerezza e di stupidità». Come insegnava il Padre di tutti i cantautori siculi.

Coma Cose (Ansa)

Coma Cose «Fiamme negli occhi» 7.5

Uno dei migliori progetti urban che abbiamo in Italia prova a cucinare la canzone pop perfetta. Ed è di ambientazione domestica: «Galleggio in una vasca piena/ di risentimento/ E tu sei il tostapane che ci cade dentro/ Grattugio le tue lacrime/ Ci salerò la pasta». Canzone d’amore disperato con un beat importante. Meno calembour rispetto ai trascorsi, più cartoline («Resta qui e bruciamo piano/ Come il basilico al sole/ Sopra un balcone italiano»). A Sanremo ci può stare.

Ermal Meta (Ansa)

Ermal Meta «Un milione di cose da dirti» 6

Musica leggera di una certa raffinatezza, come impone il marchio di fabbrica. Un milione di cose da dirti parte piano e voce e infila dichiarazioni d’amore con la pala: «Avrei un milione di cose da dirti, ma non dico niente/ In un mare di giorni felici annega la mia mente». Ci scappa pure qualche metafora degna della premiata ditta Minghi-Panella: «Avrai il mio cuore a sonagli per i tuoi occhi a fanale/ Ce li faremo bastare». A noi non basta, ma questo pezzo potrebbe far bene in gara.

Extra Liscio feat. Davide Toffolo (Ansa)

Extraliscio feat. Davde Toffolo «Bianca Luce Nera» 6

Metti una sera a cena Goran Bregović, Vinicio Capossela e i Mariachi Sole de Mexico de Jose Hernandez. Tutti a suonare, tutti contenti, tutti ubriachi: «Fonte miracolosa/ Piantagione velenosa/ Ti ho cercato in ogni cosa/ E ti ho trovato e ti cerco ancora». Esperimento di folk-reggaeton tutto sommato divertente, ma forse troppo debitore dei modelli riferimento.

Fasma (Ansa)

Fasma «Parlami» 4.5

La ballata trap, signore e signori. Ma in chiave un po’ buonista, ché sempre a Sanremo siamo: «Sai che adoro quegli attimi/ In cui non litighiamo e siamo proprio come ci immagini». Che ci volete fare? Essòrregazzi, cresceranno pure loro. Almeno si spera.

Francesco Renga (Ansa)

Francesco Renga «Quando trovo te» 5

Renga rivitalizzato dal metodo Dardust. L’arrangiamento osa infatti un pop contemporaneo, ma il ritornello è un distillato di purissima renghinità: «Sempre sempre/ Si confondono perfettamente/ Le mie gioie inevitabilmente». Dieci anni fa avremmo detto che questo pezzo era da podio. Oggi chissà se basta un Dardust.

Fulminacci (Ansa)

Fulminacci «Santa Marinella» 6

Cantautorato romano 2.0 per questa ballad orecchiabile tutta chitarra acustica: «Prendiamoci una scusa sotto casa e poi portiamocela su». Pure Fulminacci gioca la carta dell’aspirazione al disimpegno: «Voglio solamente diventare deficiente/ E farmi male/ Citofonare e poi scappare». È l’It Pop contemporaneo, bellezza, per brevità chiamato indie.

Gaia (Ansa)

Gaia «Cuore amaro» 4

Latin pop che sfocia nel reggaeton con qua e là qualche citazione da entry level del maledettismo: «Foglia nuda per strada/ Luna chiara/ Nirvana». Da mandare avanti veloce.

Ghemon (Ansa)

Ghemon «Momento perfetto» 6.5

Mix equilibrato di rap e cantautorato come impone la cifra stilistica dell’artista, tornato all’esperienza di Sanremo dopo Rose viola (2019). Ritornello con qualche sprazzo di soul: «Ho aspettato in silenzio e con calma/ Ma ora mi è venuta voglia di urlare/ Sono convinto che questa sia l’ora mia/ il momento perfetto per me». Il paese ha voglia di voltare pagina. Chissà che per Ghemon, stavolta, non sia davvero il momento perfetto.

Giò Evan (Ansa)

Giò Evan «Arnica» 4

Il cantautore che passerà alla storia come colui che scrisse i versi con cui Elisa Isoardi lasciò Matteo Salvini punta tutto sull’omeopatia: «E volo con la testa tra le nuvole/ E vedessi il cuore quanto va più in alto/ E non voglio dimenticare niente/ Però quanto fa male ricordarsi tutto quanto». Memorialismo familistico a piene mani per quella che, al primo ascolto, suona come una ballata un tantinello insipida.

Irama (Ansa)

Irama «La genesi del tuo colore» 4

Pure Irama si è sottoposto alla cura Dardust: ne esce fuori un tormentone danzereccio con cassa tirata in quattro quarti che, in altri tempi, avremmo definito riempipista. Ma oggi c’è il divieto di assembramento.

La Rappresentante di Lista (Ansa)

La Rappresentante di Lista «Amare» 5

Si dice che quando l’imperatore Carlo V mise piede per la prima volta nella Mezquita di Cordova, appena trasformata in chiesa, disse a chi aveva diretto i lavori: «Avete preso una cosa unica al mondo e l’avete trasformata in una cosa che c’è in tutte le città del mondo». La Rappresentante di Lista arriva a Sanremo (dardustizzata) per la prima volta, ma fai fatica a cogliere la differenza con chi a Sanremo ci va ogni anno. Peccato. Il 5 è per stima. Poi magari vince, eh.

Lo Stato Sociale (Ansa)

Lo Stato Sociale «Combat Pop» 4.5

Ritentano l’avventura dell’Ariston i nostri simpatici buontemponi bolognesi, stavolta con un roccherrolle non troppo ispirato che fa il verso ai Clash di Combat Rock. Ovviamente buttandola in caciara: «Ma che senso ha/ Volere sempre troppo/ Pagare tutto il doppio e godere la metà?» Stavolta, però, la vecchia non balla.

Madame (Ansa)

Madame «Voce» 5

Anche la enfant prodige della trap al Festival. Anche lei con l’aiuto di Dardust. Autotune prestato alle canzone d’amore. Nulla di trascendentale, ma orecchiabile. E spesso basta e avanza per la zona podio.

Malika Ayane

Malika Ayane «Ti piaci così» 5.5

Cavalcata pop meno raffinata delle precedenti apparizioni sanremesi per Malika Ayane, melodia del ritornello perfetta per un jingle pubblicitario. «Non è spocchia ma necessità». Quando si dice l’autobiografia in un verso.

Maneskin (Ansa)

Maneskin «Zitti e buoni» 5

Donne, è arrivato l’hardrocchino, aggiusta riff, chitarre elettriche... Pure i Maneskin si danno al Festival: «E buonasera signore e signori/ Fuori gli attori/ Vi conviene toccarvi i co...» I rocker de noantri, scoperta di X Factor 2017, tornano galvanizzati dal successo planetario dei Greta Van Fleet. Che, al contrario loro, sono musicisti superbi. E fanno meno i superbi: «Siamo fuori di testa ma diversi da loro», canta Damiano. Ma ci sarà ancora in giro chi si spaventa di fronte ai suoi stivali sporchi?

Max Gazzè (Ansa)

Max Gazzè e la Trifluoperazina «Il farmacista» 6

Atmosfera da horror comico, con tanto di citazione da Frankenstein Junior («Si può fare!») per quello che, tutto sommato, più che un pezzo di Max Gazzè è un pezzo alla Max Gazzè. Divertente, ma non il migliore brano di Max Gazzè di sempre.

Francesca Michielin e Fedez (Ansa)

Francesca Michielin e Fedez «Chiamami per nome» 4.5

Operazione architettata a tavolino per vincere: Franceschina ci mette la voce, Fedez i follower. Musicalmente parlando, stiamo parlando di una furbata pop con l’influencer prestato al rap che qua è là si mette addirittura alla prova con la melodia. «Chiamami per nome/ Perché in fondo qui sull’erba siamo mille». Rara collezione di ovvietà.

Noemi (Ansa)

Noemi «Glicine» 5.5

Ballatona white soul come nello stile della cantante scoperta da X Factor 2, ancora una volta sotto la cura di Dardust. Senza guizzi.

Orietta Berti (Ansa)

Orietta Berti «Quando ti sei innamorato» s.v.

In quota retro-kitsch l’anno scorso c’era Rita Pavone, quest’anno tocca a Orietta Berti: «Quando ti sei innamorato, perduto/ Da allora niente è cambiato/ Quando mi hai detto “ti amo”, confuso/ dicesti “non vado lontano, io resto con te”». Questo pezzo potrebbe essere stato scritto nei primi anni Sessanta. La melodia vagamente ricorda Dicintancello vuje, standard della canzone napoletana. L’arrangiamento tenta un’improbabile attualizzazione. Pezzo non valutabile: gioca un campionato a sé.

Random (Ansa)

Random «Torno a te» 3

Giro armonico telefonato, pianoforte, dichiarazione d’amore: «Siamo migliaia e migliaia ma non ci troviamo». Quanti pezzi così abbiamo sentito in 71 edizioni di Sanremo? Random forse è il concorrente più giovane. Ma forse è pure il più vecchio.

Willie Peyote (Ansa)

Willie Peyote «Mai dire Mai (La locura)» 7.5

Omaggio esplicito alla serie tv Boris. Bello il testo, ma soprattutto vero («Siamo giovani affamati, siamo schiavi dell’hype/ Non si vendono più i dischi tanto c’è Spotify/ Riaprono gli stadi ma non teatri né live/ Magari faccio due palleggi, mai dire mai»). Non sarà easy listening, ma Willie Peyote è la coscienza di questo Festival di Sanremo. Anzi: quest’anno è la coscienza del Paese. Spesso sporca.


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