Sanremo 2023, Mengoni in testa nella notte dei Maneskin. Share al 57,6%
Tutto secondo copione o quasi sul podio provvisorio dell’Ariston: secondo ultimo, terzo Mr. Rain. Standing ovation alla band vincitrice del 2021
di Francesco Prisco
I punti chiave
4' di lettura
Sono stati 9 milioni 240 mila, pari al 57,6% di share, i telespettatori che hanno seguito in media su Rai1 la terza serata del festival di Sanremo (dalle 21:25 all’1.59). In valori assoluti, gli ascolti sono in linea con la terza serata del festival del 2022, che era stata seguita in media da 9 milioni 369 mila telespettatori. Un anno fa la media di share fu inferiore di oltre tre punti (54,6%). La prima parte della terza serata di Sanremo (dalle 21.25 alle 23.31) ha fatto segnare 13 milioni 341 mila spettatori pari al 57,2%; la seconda (dalle 23.40 all’1.59) 5 milioni 584mila con il 58,4%. L’anno scorso la prima parte della terza serata del festival aveva fatto segnare 12 milioni 849mila spettatori con il 53,2%, la seconda 5 milioni 455mila con il 56,8 per cento.
La classifica
Tutto secondo copione, in questo Sanremo 2023. La classifica parziale dopo le prime tre serate, frutto dei voti della sala stampa, della demoscopica e del televotox, vede primeggiare Marco Mengoni davanti a Ultimo, Mr. Rain, Lazza e Tananai. Poi Madame, Rosa Chemical, Colapesce e Dimartino, Elodie, Giorgia, Coma Cose, Gianluca Grignani, Modà, Paola & Chiara, Lda, Ariete, Articolo 31, Mara Sattei, Leo Gassmann, Colla Zio, Levane, Cugini di Campagna, Gianmaria, Olly, Anna Oxa, Will, Shari e Sethu. Le prime cinque canzoni, nella finale di sabato, si sfideranno per la vittoria.
Un paese fondato sulla standing ovation
Che si è capito dalla terza serata? Che l’Italia è un Paese fondato sulla standing ovation. Non c’è serata di Sanremo senza almeno una standing ovation. L’evento è questo, il pubblico dell’Ariston è fatto così, funziona in questo modo. Nella terza serata di Festival tocca ai Maneskin che, terminata la campagna d’America, tornano sul luogo del delitto entrando dalla platea. E, tra i concorrenti in gara, tocca a Marco Mengoni che in questo Festival ci sta come la Juventus nella Serie B 2006/2007: evidentemente di un’altra categoria. Per la canzone che porta - modernamente confezionata eppure perfettamente sanremese - e la sua proverbiale infallibilità interpretativa.
La vetrina dei Maneskin (con Tom Morello)
Ma partiamo dai Maneskin, qui in versione superospiti. Amadeus introduce il loro nuovo album Rush e loro si cimentano con un medley che comprende I wanna be your slave, Zitti e buoni, The loneliest e l’ultimo singolo Gossip con il feat. di Tom Morello, chitarrista dei Rage Against the Machine che ha fatto capire a tutti quale potrebbe essere il suono dei Maneskin se avessero uno che suona veramente la chitarra. Tripudio di applausi e flash di smartphone da parte del pubblico. Per il resto fin troppo composta la loro esibizione: niente calci ai fiori, né proclami gender fluid. Per un po’ di sana trasgressione toccherà aspettare il team up Gianni (Morandi)-Sangiovanni che festeggia i 60 anni di Fatti mandare dalla mamma (ribattezzata Fatti ri-mandare dalla mamma) parodizzando affettuosamente gli anni Sessanta italiani. Tra gli ospiti si segnala anche Massimo Ranieri che si esibisce con Rocio Munoz Morales, mentre la parentesi comica fuori tempo massimo (ormai uno standard del format) è affidata ad Alessandro Siani.
Mengoni il predestinato
Appare sempre più chiaro che questo festival lo vincerà Marco Mengoni con Due vite. Viene da pensare che la sua partecipazione abbia intimidito gran parte della potenziale concorrenza convincendola a restare a casa: questo spiegherebbe il livello tutt’altro che eccelso dell’offerta musicale di quest’anno. Ultimo, con Alba, sembrava l’unico a poterlo impensierire ma il pezzo non è semplice da cantare e le sue performance, finora, non hanno brillato. Se continua così, potrebbe iscriversi al club degli eterni secondi di cui Toto Cutugno ricopre l’incarico di presidente onorario.
Falsa partenza di Grignani, omaggio a «mammà» di Lazza
Quanto al resto delle interpretazioni, si segnala la falsa partenza di Gianluca Grignani, quarto concorrente dei 28 in gara che, sempre per colpa degli auricolari regolati male, ha fermato l’esecuzione di Quando ti manca il fiato e ha chiesto e ottenuto di poterla eseguire di nuovo. «A 20 anni non avrei saputo fare queste cose. A 50 ho imparato come si fa», ha detto. Ogni riferimento a ciò che ha fatto il ventenne Blanco nella prima serata non è puramente casuale. A fine canzone si toglie la giacca, mostra la camicia con la scritta No War sul retro e dimentica i fiori offertigli da Amadeus. Poi torna sul palco a prenderli e li lancia al pubblico. Lazza invece, dopo l’esecuzione di Cenere, i fiori li porta a «mammà» seduta in platea, intramontabile operazione simpatia agli occhi del pubblico italiano.
Il monologo anti-razzista di Paola Egonu
Poco prima della mezzanotte c’è il monologo anti-razzista di Paola Egonu, campionessa italiana di pallavolo nelle inedite vesti di co-conduttrice. Il razzismo da affrontare, l’orgoglio di appartenenza all’Italia, la consapevolezza che «la diversità è unicità» e che «siamo tutti uguali oltre le apparenze». La Egonu porta all’Ariston un testo in cui racconta la sua esperienza. «Col tempo ho capito che la mia diversità è la mia unicità e che alla domanda “perché io sono io” c’è dentro la risposta: io sono io. Siamo tutti uguali, oltre le apparenze. Amo l’Italia, vesto con orgoglio la maglia azzurra». Come si fa a non volerle bene? Più avanti, scrivendo lo slogan «Sii grato» su un pallone di volley, indirizzerà un pensiero alle vittime del terremoto in Turchia e Siria.
In ultimo si segnala un cambio di scaletta in coda alla serata: niente apparizione di Peppino di Capri, rinviata a venerdì, perché è morto Burt Bacharach, genio assoluto della forma canzone, e anche il Festival della canzone italiana gli rende omaggio con I’ll say a little prayer. Utilizzando quegli spazi che inizialmente erano destinati a Peppino. Non possiamo non dirci tutti bacharachiani.
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