Sanremo, vincono Mahmood & Blanco. Share al 65%, raccolta pubblicitaria a 42 milioni
Gli ascolti record premiano un’ottima scrittura e un’offerta musicale valida in chiave discografica. Record di sempre per i ricavi dagli spot
dall'inviato Francesco Prisco
I punti chiave
- Share della finale al 65%
- Share delle puntate medio maggiore dal 1997
- Raccolta pubblicitaria da 42 milioni
- Il resto della classifica e i premi minori
- Fuortes: «Ragioneremo di un quarto Amadeus»
- Amadeus: «Festival figlio di quello dell’anno scorso»
- Il festival del millennio
- Momenti di grande musica
- Alcuni concorrenti «più uguali» degli altri
7' di lettura
Vince il brano che ha più senso dal punto di vista del mercato discografico. Tutto come da pronostici: si aggiudicano il 72esimo Festival di Sanremo Mahmood e Blanco con Brividi, ballad sanremese perfetta vestita in abito urban che, a due giorni dall'uscita, si è piazzata al quinto posto nella Top 50 global di Spotify.
Seconda Elisa con O forse tu, la ballatona so Nineties che, sul piano musicale, probabilmente rappresentava il brano migliore di quest’anno. Terzo Gianni Morandi con Apri tutte le porte, scritta per lui da Jovanotti, forse con l’intento di aggiudicarsi un visto per l’Eurovision Song Contest di Torino. E invece no: ci andranno Mahmood e Blanco. La finale non ha sconvolto più di tanto gli equilibri che erano emersi dopo la serata di venerdì: giusto Elisa ha guadagnato una posizione ai danni dell’ex ragazzo di Monghidoro.
Il «sistema elettorale» del festival - che quest’anno non prevedeva il voto dell’Orchestra del Teatro Ariston e in finale non permetteva alla sala stampa di esprimersi nella prima parte della serata, com'era fino all'anno scorso - ha impedito grossi stravolgimenti di fronte.
Share della finale al 65%
La finale ha ottenuto su Rai1 (dalle 21.22 all’1.48) 13 milioni 380 mila telespettatori pari al 64.9%. L’anno scorso l’ultima serata del festival aveva fatto segnare in media 9 milioni 970 mila telespettatori con il 54.4% di share. La prima parte della serata finale del festival (dalle 21.22 alle 23.54) ha raccolto 15 milioni 660 mila spettatori pari al 62.1% di share; la seconda (dalle 23.58 all'1.48) 10 milioni 153 mila con il 72.1%. Nel 2020 la prima parte della serata finale del festival aveva fatto segnare 13 milioni 203 mila telespettatori con il 49.9% di share, la seconda 7 milioni 730 mila con il 62.5 per cento.
Share delle puntate medio maggiore dal 1997
Amadeus batte sé stesso anche nella serata finale. Oltre a superare gli ascolti del 2021, i risultati di sabato 5 gennaio migliorano anche quelli da record del 2020, quando l'ultima serata del festival fece segnare in media 11 milioni 477 mila spettatori pari al 60.6% di share (13 milioni 638 mila spettatori con il 56,8% nella prima parte, 8 milioni 969 mila con il 68.8% nella seconda). Con il 64.9% di share raccolto in media, la finale di Sanremo centra il risultato più alto dal 2000, quando l'ultima serata del festival condotto da Fabio Fazio, con Luciano Pavarotti, Teo Teocoli e Ines Sastre, ottenne una media del 65.47% di share. La media di share delle cinque puntate è 58.4, risultato maggiore dal 1997. Per la presidente della Rai Marinella Soldi, «questo Festival ha davvero colpito nel segno. Sanremo 2022 ha unito le generazioni, mettendo insieme cantanti di ogni età, ha fatto parlare, con linguaggi diversi, una società attuale ed inclusiva». Lato streaming il festival ha intercettato il 69% sul totale editori per 28 milioni di ore nelle cinque serate. È +60% sul live è un +45% sull’ondemand.
Raccolta pubblicitaria da 42 milioni
La raccolta pubblicitaria è da 42 milioni. «Record di sempre», secondo il capo di Rai Pubblicità Gian paolo Tagliavia. «Un risultato raggiunto nonostante le nuove regole europee sugli affollamenti». L’anno scorso il festival aveva raccolto 38 milioni. Quanto hanno pesato l’aumento dei listini del 15% e la collaborazione con i main sponsor? «Non è il momento per fare il breakdown», risponde Tagliavia. «Sicuramente è cambiata la filosofia: i main sponsor hanno offerto dei content, come l’iniziativa di Ferrero per Nutella, il palco della nave portata da Costa. Il prezzo dei listini, nonostante qualcuno avesse sottolineato che era una richiesta al mercato sulla fiducia, alla fine ha restituito agli investitori ancora di più». Il tutto per un costo, spiega Coletta, «similare a quello dell’anno scorso, se non addirittura un po’ in meno» (le stime ufficiose si aggirano sui 17 milioni, ndr).
Fuortes: «Ragioneremo di un quarto Amadeus»
L’ad Rai Carlo Fuortes sottolinea: «Amadeus non lo voglio ringraziare, voglio fargli un peana. Voglio ringraziare autori, musicisti in gara, artisti invitati e a tutta la nostre grande squadra Rai. I risultati straordinari li conoscete, ma il valore più straordinario dell’edizione è il successo col pubblico giovane, vero motore dell’edizione. Giusto e naturale che sia così: la musica funziona grazie a quel pubblico. Eppure fino a qualche anno fa, per Sanremo, non era così scontato raggiungerlo. Sanremo è diventato virale e di tendenza. Riceviamo il canone da tutti i cittadini, dobbiamo parlare a tutti i cittadini, giovani compresi». Il risultato, secondo l’ad, «è stato raggiunto attraverso la qualità. Non solo il quanto, ma il come è importante». Nella giornata di sabato, dice Fuortes, «si è raggiunto il più alto numero di download dalle piattaforme digitali. E Sanremo ha contribuito in maniera determinante». E poi si concede una battuta: «Un amico mi ha consigliato di sostituire il cavallo morente davanti alla sede di Viale Mazzini con una statua ad Amadeus». Perché allora non confermarlo al timone anche per il 2023? «Con questi numeri è il minimo ripartire da lui. Ma deve volerlo innazitutto Amadeus. Non ci siamo ancora parlati. Sicuramente valuteremo l’opzione». Amadeus si dice «onorato della proposta. Ma su Sanremo bisonga ragionare a freddo». Per Stefano Coletta, direttore di Rai 1, «abbiamo assistito a una narrazione universale, come quando le televisioni erano poche e ci si riuniva a casa di chi ce l’aveva».
Amadeus: «Festival figlio di quello dell’anno scorso»
Per Amadeus «questo Sanremo è figlio del Sanremo dell’anno scorso, un Sanremo difficile. Qualcuno lo criticò guardando i numeri, ma è stato il festival del rinnovamento, dove abbiamo guardato ai giovani. Gli artisti mi hanno ascoltato. Blanco ha fatto un anno in testa alle classifiche. Non aveva bisogno di venire al Festival. Elisa non aveva bisogno di venire al Festival. Eppure mi hanno fatto ascoltare più pezzi. Devo rigraziare loro e le case discografiche, sia le major che le indipendenti, perché la musica è la cosa più importante». E quindi scherza con i titoli dei tre brani vincitori delle sue edizioni di Sanremo: «Se il primo mio festival ha fatto Rumore, il secondo ha fatto stare Zitti e buoni, il terzo ha dato i Brividi».
Il resto della classifica e i premi minori
Tornando al resto della classifica, quarto Irama, poi Sangiovanni, Emma, La Rappresentante di Lista, Massimo Ranieri, Dargen D’Amico, Michele Bravi, Matteo Romano, Fabrizio Moro, Aka 7even, Achille Lauro, Noemi, Ditonellapiaga e Rettore, Rkomi, Iva Zanicchi, Giovanni Truppi, Highsnob e Hu, Yuman, Le Vibrazioni, Giusy Ferreri, Ana Mena e Tananai. A Massimo Ranieri, con Lettera di là dal mare, vince il premio della critica «Mia Martini». A Gianni Morandi va il premio della Sala Stampa Radio e Tv «Lucio Dalla». Il premio Sergio Bardotti per il miglior testo va a Fabrizio Moro con Sei tu. Il premio Giancarlo Bigazzi per la miglior composizione musicale va a Elisa.
Mahmood & Blanco parteciperanno all’Eurovision Song Contest che a maggio si disputerà a Torino, ma non hanno ancora deciso se eseguiranno Brividi nella stessa versione del Festival o in una nuova versione in inglese. «Dobbiamo ancora decidere», rivela Mahmood in conferenza stampa, «non ci abbiamo ancora pensato». Il fatto che quest’anno la competizione canora europea si disputi in Italia «ci rende il doppio felici», aggiunge Blanco. «Essere qui con Morandi e vincere questo Festival era una cosa che poteva accadere solo con lui, guardarci senza espressione mentre siamo sullo stesso palco con Elisa e Gianni Morandi e vinciamo noi. È assurdo», ha detto Mahmood.
Il festival del millennio
Comunque vada, questo Sanremo passerà alla storia. Il Festival della canzone italiana è soprattutto un evento televisivo, il più importante che abbiamo in Italia, ecco perché Amadeus, con la squadra di autori di Rai 1, ha fatto un lavoro eccellente premiato dai telespettatori. È già il festival del Millennio (almeno fino a questo momento). Per trovare, sia a livello di ascolti che di share, performance paragonabili dobbiamo tornare indietro alla metà degli anni Novanta, un’era geologica fa. Il fatto che questi numeri arrivino oggi, in epoca digitale, con le piattaforme di streaming come Raiplay frequentatissime, i social e la second screen experience, dà loro un valore ancora maggiore: siamo a una ridefinizione del modo di fare Tv generalista, sempre più connesso all’offerta ondemand.
Un processo premiato dall’exploit del pubblico giovane. Ha giovato la riduzione della lunghezza della trasmissione, in qualche modo determinata dal taglio ai break pubblicitari imposto dall’Ue. Si è fatta Tv efficace, ma al tempo stesso di qualità: la presenza con monologo di Drusilla Foer, l’orazione civile di Roberto Saviano per i 30 anni delle stragi di Capaci e via D’Amelio (tutto in otto minuti, con grande ritmo: uno dei migliori pezzi di sempre dello scrittore anti camorra), le apparizioni dissacranti di Checco Zalone, anche lo stesso ritorno di Fiorello sono stati grandi momenti di televisione. Fioccano i messaggi edificanti (il dialogo anti-cyberbullismo tra Marco Mengoni e Filippo Scotti).
Momenti di grande musica
Abbiamo poi visto grandi momenti di musica in televisione. Due su tutti, nella serata delle cover: Nella mia ora di libertà portata da Giovanni Truppi, Vinicio Capossela e Mauro Pagani, il medley auto-celebrativo di Gianni Morandi e Jovanotti. E qui veniamo al ruolo di Amadeus direttore artistico della manifestazione canora. Ancora una volta grande sforzo per tenere insieme musica che ha senso in chiave discografica (Mahmood & Blanco, premiati da un exploit senza precedenti su Spotify), musica che ha senso per il pubblico televisivo tradizionale (Morandi, Massimo Ranieri, Iva Zanicchi) e musica che ha senso in assoluto (Truppi, la Rappresentante di Lista). Riuscito anche l’esperimento di accorpare alla gara i tre vincitori di Sanremo Giovani, sopprimendo una distinzione che non aveva più senso. Certe cose, però, potevano e dovevano essere gestite meglio.
Alcuni concorrenti «più uguali» degli altri
Non è per trovare a tutti i costi il pelo nell’uovo, ma nella gestione della gara (perché di una gara stiamo parlando) si riscontra qualche stonatura. La libertà di manovra lasciata al concorrente più illustre di tutti, Gianni Morandi, per due anni direttore artistico del Festival, lascia più di qualche perplessità. Morandi ha vinto la serata delle cover tenendo coperti fino all’ultimo i brani del suo medley e il nome del suo ospite, Jovanotti. Che era anche superospite della serata. Ha eseguito anche brani suoi in quella che, secondo regolamento, è la serata delle cover. Per la Rai non c’è stata violazione di regolamento. Anche perché la Rai ha facoltà di cambiare il regolamento ad libitum (dichiarandolo): chi sale in carrozza è tenuto a vidimare questo biglietto, che sia d’accordo o meno. Che tutto ciò abbia spostato o meno i voti delle giurie è secondario: se ci sono delle regole, siccome stiamo parlando di un concorso, dovrebbero essere uguali per tutti perché tutti i concorrenti, fino a prova contraria, sono uguali. Anche se alcuni sembrano più uguali degli altri.
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