Sanremo 2023, 11,1 milioni e il 66,5% per la serata duetti. Marco Mengoni vince e resta primo
Premiata la versione di «Let it be» eseguita con il Kingdom Choir. Secondo Ultimo con Eros Ramazzotti, terzo Lazza con Emma. Tutte le pagelle
di Francesco Prisco
I punti chiave
5' di lettura
Sono stati 11 milioni 121 mila, pari al 66,5% di share, i telespettatori che hanno seguito in media (dalle 21.25 all’1.59) su Rai1 la quarta serata del Festival di Sanremo, dedicata alle cover e ai duetti, sulle note dei successi degli anni dai Sessanta ai 2000. La media delle prime quattro serate è del 62,26 per cento. Si tratta dello share più alto dal 1987.
Quest’anno non ce n’è per nessuno. Marco Mengoni, predestinato alla vittoria della 73esima edizione del Festival di Sanremo, si aggiudica anche la serata delle cover. Accompagnato dal Kingdom Choir, con una versione gospel di Let it be, brano intoccabile, si piazza davanti all’accoppiata Ultimo-Eros Ramazzotti e al tandem Lazza-Emma. Quarta Giorgia con Elisa, quinto Mr. Rain con Fasma. La classifica provvisoria del Festival vede ovviamente Mengoni sempre primo davanti a Ultimo, Lazza, Mr. Rain e Giorgia. Seguono Tananai, Madame, Rosa Chemical, Elodie, Colapesce e Dimartino, Gianluca Grignani, Coma Cose, Modà, Articolo 31, Lda, Leo Gassmann, Paola e Chiara, Ariete, Mara Sattei, Colla Zio, Gianmaria, Cugini di Campagna, Levante, Olly, Anna Oxa, Will, Shari e Seithu.
La lunga notte dei feat
Come sempre, da quando è stata istituita, la serata dei duetti e/o delle cover è una delle più divertenti del Festival di Sanremo. Se soltanto durasse meno... La stessa considerazione tendiamo a farla ogni anno, quest’anno ancora di più dal momento che, con 28 artisti in gara, fare le 2 di notte è un attimo. Ma alla fine te la guardi sempre questa puntata che vede i concorrenti chiamati a interpretare cover o brani del proprio repertorio (novità introdotta quest’anno nel regolamento) assieme a ospiti illustri. Co-conduttrice stavolta, al fianco del direttore artistico Amadeus e di Gianni Morandi, è l’attrice Chiara Francini, buona fino al monologo noiosetto sul sentirsi donna incompleta perché senza figli. Per il quale facciamo valere le attenuanti generiche.
Ultimo venne Eros
Che dire dei set che abbiamo visto? Tentazione filologica per Ariete con Sangiovanni alle prese col Battiato di Cerco un centro di gravità permanente. Non precisissima l’interpretazione: 5 per l’autoirona. Will è emozionato ma rispetta il Michele Zarrillo di Cinque giorni al cospetto di Michele Zarrillo. Voto: 6. Elodie e BigMama rielaborano i Guess Who di American woman) spingendoli in un territorio che sta tra urban e hard & heavy. Operazione dignitosa: 6,5 anche per la citazione finale di Superstition. Latin tamarro spinto per Olly che riceve la benedizione di Lorella Cuccarini nell’appropriarsi de La notte vola : 4. Ultimo usa l’«arma fine di mondo»: Eros Ramazzotti. Con lui esegue impeccabilmente un medley di Adesso tu, Un’emozione per sempre (di cui Eros non ricorda il testo ma se la cava con grande mestiere), Più bella cosa. Che gli vuoi dire? Standing ovation dell’Ariston. Voto: 7.
Grignani e Arisa, tanta caciara
Lazza divide il palco con Emma e il violino di Laura Marzadori per riconfezionare La fine di Nesli. Ci sta un 6. Team-up di difficile lettura quello tra Tananai, Don Joe e lo stesso Biagio Antonacci su Vorrei cantare come Biagio Antonacci. Che ci azzeccano messi uno accanto all’altro? Boh. Voto: 5. Omaggio a Zucchero Fornaciari per Shari che si fa assistere da Salmo: è un medley di Hai scelto me e Diavolo in me. Non basta Salmo. Performance rovinata dalle troppe moine di lei: 3. Gianluca Grignani tira fuori dal repertorio Destinazione paradiso con Arisa al suo fianco, mentre Enrico Melozzi divide la pedana del direttore d’orchestra con l’iconico Beppe Vessicchio, per la gioia del Fantasanremo. Le intenzioni sono le migliori, ma più che un duetto è caciara. Lo dice pure Arisa («Abbiamo fatto casino»), dopo aver invano provato a far cantare il direttore Intrattenimento prime time della Rai Stefano Coletta. Voto: 5,5
Colapesce, Dimartino e Carla Bruni
Leo Gassmann si affida mani e piedi al repertorio di Edoardo Bennato accompagnato dal Quartetto Flegreo per un medley di A cosa serve la guerra, L’isola che non c’è, Il rock del Capitano Uncino. Fa quasi tutto Edo. Leo è miglior attore non protagonista, ma ci sta una sufficienza piena: 6. Gli Articolo 31 accompagnati da Fedez alla chitarra riesumano Italiano medio, Mamma, mi ci vuol la fidanzata, Ohi Maria e Tranqui funky. Troppa confusione in Riviera: 5. Giorgia ed Elisa mettono a confronto i rispettivi cavalli di battaglia Luce e Di sole e d’azzurro. Tra le cose migliori di questa edizione. Tutti in piedi, voto: 8. L’idea di Colapesce e Dimartino di coinvolgere Carla Bruni (seguita dal marito, l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy tra il pubblico) per omaggiare insieme Paolo Conte con Azzurro è teatrale, ma imprecisa. Anche qui l’Ariston si alza in piedi, ma se dobbiamo giudicare la performance canora non si va oltre il 5.
Mengoni e i Beatles gospel
Cugini di Campagna fet. Paolo Vallesi (La forza della vita e Anima mia) troppo cringe per essere veri: 4. Chi tocca i Beatles di solito cade stecchito. E invece Marco Mengoni resta in piedi, nonostante abbia avuto l’ardire di scegliere un pezzo sacro (Let it be). Complice del miracolo il Kingdom Choir, coro gospel che lo accompagna. Standing ovation pure qua, voto: 7. Gianmaria omaggia Manuel Agnelli (Quello che non c’è) ed è una roba che sta in piedi maledettamente bene. Voto: 7. Il duetto tra Mr. Rain e Fasma su Qualcosa di grande è roba da avanti veloce (voto: 3). A proposito di testi sacri: Madame si cimenta nientemeno che con Via del campo di Fabrizio De André. La farebbe anche bene, ma Izi con quell’abuso di autotune, più che un valore aggiunto, è una palla al piede: 6.
L’inedito asse Coma Cose-Baustelle
I Coma Cose e i Baustelle decidono di sfottere il pubblico festivaliero con una Sarà perché ti amo piuttosto dadaista. Siccome il pubblico si alza in piedi per ballare, è evidente che ci sia cascato. Voto: 6. Cavalcata fetish quella di Rosa Chemical con Rose Villain su America di Gianna Nannini. Brandisce un sex toy, grida: «Viva il sesso!», fa un giochetto sicuramente furbo, ma tutto sommato dignitoso: 6. L’Ariston canta all’unisono per l’incontro tra Modà e Vibrazioni (Vieni da me), anche qui roba da sufficienza (6). Vivere di Vasco Rossi una cosa aveva di bello: l’immediatezza. Levante e Renzo Rubino gliela tolgono: 5. Anna Oxa torna alle origini con Un’emozione da poco, accompagnata dal violoncello di Iljard Shaba ma l’esperimento suona un po’ barocco e si perde tra i virtuosismi incrociati (5). Straniante Sethu che con BNKR44 interpreta Charlie fa surf dei Baustelle. Voto: 4. Lda (Oggi sono io) andrebbe anche bene se lasciasse fare tutto ad Alex Britti. Siccome canta anche lui, ci fermiamo al 4. Divertente la deriva danzereccia di Mara Sattei con Noemi (L’amour toujours). Un 6 pieno ci sta. Paola & Chiara danzerecce e pecorecce nel medley dei loro più grandi successi condiviso con Merk & Kremont (4). Più che sufficiente il dancefloor di Colla Zio e Ditonellapiaga su Salirò: 6+.
Si era partiti con un omaggio a Peppino di Capri che cantava Champagne e incassava il Premo alla carriera. Ovviamente standing ovation. Più avanti c’è stato spazio per un passaggio per commemorare la tragedia delle Foibe, siccome era il Giorno del ricordo. Una curiosità: poco prima dell’inizio dello show, a circa 500 metri di distanza dall’Ariston, era stato rinvenuto un pacco sospetto contenente cartucce, una miccia e polvere pirica, tutto materiale potenzialmente esplosivo che non poteva esplodere perché privo di innesco. «Era la borsa dei trucchi di Rosa Chemical», dirà Fiorello. Tutto diventa parte della narrazione festivaliera, insomma. Pure la cronaca spicciola.
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