Saremo rifugio di noi stessi
È molto difficile immaginare come saremo domani, quando l'epidemia avrà allentato il suo morso, ma noi abbiamo provato lo stesso a immaginarlo, chiedendo a 16 persone che sanno pensare e scrivere di narrarci speranze, paure, utopie e disillusioni preventive. A mostrarci, insomma, i loro sogni e i loro incubi. Questo è il primo racconto
di Paolo Cognetti
2' di lettura
Vorrei prendere pochissime righe per dire la mia sul come vivremo dopo, che è poi un non dire: non riesco a pensare a quando questa storia finirà senza sentire che sto facendo qualcosa di sbagliato. È come se non mi sembrasse giusto guardare troppo avanti. So che quel giorno prima o poi arriverà, ma trovo una tale urgenza, importanza, imperiosità nel presente che stiamo vivendo, che appena qualcuno mi parla del futuro mi viene l'istinto di ribellarmi. Ho la sensazione che sia una forma di fuga, un altro modo di muoversi e distrarsi, e che invece, se c'è un'azione che questo momento ci impone, è quella del restare. Dello stare fermi, dello stare qui.
Il restare si addice così poco alla nostra irrequietezza, anche alla mia, all'idea così radicata in me che ci sia sempre un altrove da qualche parte – la montagna, un viaggio, un libro ancora da scrivere, un progetto grandioso, un incontro che mi cambierà la vita – e che la felicità stia nell'andare a cercarlo, nel partire, nel cominciare, nell'immaginare. Per questo la punizione più dura che sto subendo oggi non è tanto il divieto di uscire di casa, ma il non sapere quando finirà.
La lezione dell'epidemia, per quanto mi riguarda: vivere senza un altrove. Ho trovato una riga in un libro, di quelle provvidenziali che incontri proprio al momento del bisogno, che dice: «Sii rifugio di te stesso». Andando in montagna di rifugi me ne intendo, ne sto perfino costruendo uno (o meglio stavo, ora è un'altra delle cose a cui preferisco non pensare). È una frase su cui ho cominciato a meditare: come potrò diventare il mio rifugio? Scoprirlo ha l'aria di non essere una faccenda tanto breve e vorrei portarmela dietro anche nel dopo, quando arriverà: l'eredità di questo tempo difficile, forse il suo regalo.
LA MOSTRA
Le foto di questi sedici testi fanno parte del progetto di visioni e previsioni Il mondo che verrà che ha coinvolto 50 fotografi italiani e internazionali. Ciascuno ha dato il suo punto di vista, la sua personale rappresentazione del dopo: un'immagine del futuro imminente e un pensiero che lo accompagna e lo anticipa, insieme a un proprio autoritratto al lavoro (nella copertina di questo numero). Qui anticipiamo alcuni degli scatti. Dalla metà di maggio, tutte le fotografie saranno esposte nella mostra digitale curata da IL e realizzata in collaborazione con Mudec Photo. Potete seguire la nascita del progetto e il backstage della mostra, fino alla sua messa in onda, sui social di IL e del Mudec. Qui sarà possibile anche incontrare i fotografi, protagonisti di una serie di talk e videointerviste. Il catalogo della mostra sarà scaricabile su
ilmagazine.ilsole24ore.com
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