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Savini torna a crescere e lancia il progetto della Truffle Academy

L’espansione all’estero

di Silvia Pieraccini

Cristiano Savini, ceo di Savini Tartufi. L’azienda punta a chiudere il 2022 con un fatturato di 11 milioni, in aumento del 30% sul 2021

3' di lettura

Pochi anni fa era un prodotto di nicchia, conosciuto e utilizzato da pochi, per un periodo limitato dell’anno. Oggi il tartufo si è fatto largo nei ristoranti e nelle gastronomie (e anche nei supermercati), sia fresco che confezionato (in lamelle oppure ad arricchire creme, olio, patatine), e ha perso la natura stagionale diventando un ingrediente che si usa tutto l’anno, a seconda delle varietà: bianco, nero, scorzone, marzuolo, uncinato.

All’origine di questa trasformazione, che ne ha fatto un prodotto d’eccellenza dell’agroalimentare italiano, ci sono aziende come la toscana Savini Tartufi, radicata a Forcoli - paesino della provincia di Pisa, nel comune di Palaia, una lunga tradizione di aree tartufigene - che da quattro generazioni fa capo all’omonima famiglia impegnata a tramandarsi passione e business: due stabilimenti di lavorazione del tartufo, da 1.000 e 2.500 metri quadrati; distribuzione in 45 Paesi; un bistrot in via Cusani a Milano; botteghe-ristori all’interno del format Mercato Centrale (lo spazio che ospita decine di artigiani del gusto) a Firenze, Milano, Roma e nel centro commerciale I Gigli di Campi Bisenzio (Firenze); un totale di 50 addetti impiegati.

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Ora, passata la bufera della pandemia, Savini ha ripreso la marcia e, grazie anche a nuovi progetti, quest’anno punta a superare i livelli pre-Covid. Nel 2019 l’azienda aveva fatturato 10,9 milioni di euro, per il 65% all’export, con un margine operativo lordo (ebitda) del 16%. Il canale principale è la ristorazione (60% dei ricavi), il prodotto-traino è il tartufo fresco. Il 2020 e il 2021 sono stati anni difficili per le vendite – soprattutto a causa della chiusura dei ristoranti - ma importanti per la riorganizzazione aziendale, il controllo dei costi e il recupero di efficienza. Tanto che quest’anno l’azienda, guidata dal patron Luciano Savini e amministrata dal figlio Cristiano, prevede di risalire a quasi 11 milioni di fatturato (+30%) con un “tesoro” in più, come lo chiama Cristiano: «Miglioreremo il margine operativo di un paio di punti percentuali, passando dal 16 al 18% – spiega – grazie a quello che abbiamo imparato a fare durante il Covid. Se non ci fossero stati gli aumenti delle materie prime e l’inflazione saremmo potuti arrivare anche al 20%».

L’export nel 2022 peserà circa il 60%, trainato da Usa, Europa, Giappone e Corea del Sud, col 40% dell’Italia che sta avendo buone performance, anche se Savini non è presente nella grande distribuzione. «Ma non è detto che la scelta sia definitiva – spiega Cristiano – perché il mondo della grande distribuzione sta cambiando e sta innalzando la qualità: basta vedere come oggi al supermercato si trovino bottiglie di vino impensabili fino a qualche anno fa».

Proprio al mondo del vino Savini si è ispirato per il suo ultimo progetto: creare una scuola per insegnare le virtù del tartufo a operatori del food e appassionati. Finora la divulgazione era limitata alla truffle experience, la “caccia” al tartufo nei boschi pisani, con il cane, nata nel 1999 per i ristoratori e poi estesa ai turisti. Il passo successivo punta a diffondere la cultura del tartufo. «Se abbiamo sommelier che spiegano la storia di una bottiglia di vino da 30 euro – si è chiesto Cristiano Savini - perché non dev’esserci una figura che illustra un piatto al tartufo, prodotto che tra l’altro rispetta l’ambiente ed è un ambasciatore del mondo biologico?» . È nata così, nei mesi scorsi, la Truffle Academy: per adesso è attivo il corso-base, da fare in presenza nella sede dell’azienda a Forcoli: si impara che la scorza del tartufo si chiama peridio, la polpa è la gleba, il tartufo è un fungo e non un tubero, il colore è determinato dalla pianta che lo origina. Da settembre prossimo partirà il corso sugli abbinamenti in cucina, che sarà realizzato a moduli a Firenze, Milano, Roma ma anche nelle scuole di cucina. «Bisogna capire che la qualità del tartufo non è legata a un’area geografica – aggiunge Cristiano Savini - ma alle condizioni ambientali e alla biodiversità: la siccità mette a rischio soprattutto il tartufo bianco, così come danni vengono dall’inquinamento, che per fortuna in Toscana è più basso che altrove». Savini da sempre lavora con propri tartufai (non si rifornisce da commercianti), circa 650 cavatori attivi soprattutto in Toscana, Romagna, Umbria, Marche. «Il piano di crescita a tre anni, da qui al 2024 – conclude Savini – punta a consolidare il fatturato e a diffondere le botteghe con ristoro all’estero, incrementando la collaborazione con clienti come Eataly e Rinascente. E partecipando al progetto del Mercato Centrale a Melbourne, in Australia».

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