Scaroni: «Embargo Ue? L’Europa non poteva restare immobile davanti all’invasione russa»
Il deputy chairman di Rothschild e presidente del Milan torna sui provvedimenti Ue contro la Russia a margine dell’intervista con Angelo Maria Perrino, direttore ed editore di Affariitaliani.it
di Celestina Dominelli
I punti chiave
6' di lettura
«Quando ho letto i provvedimenti dell’Ue, ho detto, in senso positivo, ’tanto rumore per nulla’. Se avessero chiesto a me, tre mesi fa, cos’ è il provvedimento che l’Unione europea può fare nel mondo degli idrocarburi, avrei detto: può sul fronte del petrolio stopparlo via mare, ma non certo può fermare quello via oleodotto, perchè cosa fa l’Ungheria che non ha l’accesso al mare? Lo fa arrivare via camion? E per il gas, i Paesi dell’Europa centrale non possono fare a meno del gas russo. Quindi provvedimenti zero. Si è parlato per due-tre mesi facendo chiacchiere, sicuramente a buon fine, e si è arrivati a una scelta logica»
Scaroni: l’Europa non poteva rimanere impassibile davanti all’invasione
Paolo Scaroni, deputy chairman di Rothschild, ed ex ceo di Enel ed Eni, a margine di un incontro al Festival dell’Economia di Trento,risponde così interpellato sull’embargo di idrocarburi alla Russia aggiunge: «Poi se parliamo dei prezzi, entriamo in un mondo in cui le sanzioni fanno male a chi le riceve ma anche a chi le dà. Però l’Europa non poteva rimanere impassibile di fronte all’invasione russa. Quindi siamo entrati in un percorso in cui scientemente sappiamo che ci facciamo un po’ del male anche noi; e nel mondo degli idrocarburi, con il petrolio a 120 dollari al barile, andare a colpire il primo-secondo produttore al mondo, significa toccare un terreno delicatissimo. Ma lo facciamo scientemente e anche giustamente».
Il vademecum scritto nel 1986
Scaroni torna sui provvedimenti della Ue dopo l’incontro con Angelo Maria Perrino, direttore ed editore di Affariitaliani.it con cui nel 1986 ha scritto il volume “Professione manager”, vademecum scritto 36 anni orsono per giovani aspiranti intenzionati a diventare numeri uno e capi azienda leader. «La costruzione di un curriculum giusto ti consenta di conquistare la libertà e di riposizionarti sul mercato. Ti rende più sicuro di te stesso e ti permette di fare scelte più audaci, di dare dei suggerimenti non in linea con quelli del capo ma che sicuramente lui apprezzerà». Sollecitato dalle domande di Perrino, Scaroni prova quindi ad attualizzare la lezione dell’agile manuale scritto insieme al giornalista quando l’ex ad di Eni ed Enel era al vertice del braccio italiano della multinazionale francese Saint Gobain che lo aveva chiamato a salvare la sua filiale nella penisola.
Scaroni: serve un curriculum ben costruito
«Il volume andò in testa alle classifiche internazionali e diventò un libro di costume perché introduceva un mondo sconosciuto», spiega Perrino introducendo la lunghissima carriera di Scaroni che parte da un messaggio molto chiaro. «Tante cose sono veramente ingiallite al di là delle pagine. Un concetto di fondo che, però, rimane è che se io ho un curriculum ben costruito posso in qualunque momento rimettermi sul mercato, dire c’è un nuovo capo che non mi piace e cercarmi un altro lavoro. Ma per potersi riposizionare sul mercato devo costruirmi pazientemente un curriculum vitae efficace».
Il manager: cominciare a lavorare da giovani è importante
Per Scaroni, però, la costruzione della carriera di un manager di successo deve cominciare fin da giovanissimi. «Non bisogna perdere tempo al liceo, all’università occorre laurerarsi in 4 anni. Cominciare a lavorare molto giovane è importante. Un cameriere al ristorante d’estate? Perché no. intanto ti riempie il tuo cv, è una cosa bella non è una brutta. Perché significa che uno è impegnato, che voleva guadagnare e alleggerire la famiglia».
Il presidente del Milan: Cardinale è un fuoriclasse
Insomma, un percorso rapido senza perdite di tempo. «Io ho incontrato un sacco di gente importante nella mia vita, il 90% della gente importante al mondo sono primi della classe. Non è vero accidenti che la scuola è una cosa e la vita un’altra». E qui un riferimento alla sua esperienza di presidente del Milan e ai nuovi proprietari della squadra rossonera. «Gerry Cardinale, figlio di emigranti italiani, ha studiato ad Harvard, ha vinto la Rhodes Scholarship, cioè la più importante borsa di studio per andare ad Oxford che ottengono soltanto due persone l’anno. Quindi 23 anni in Goldman Sachs. Poi ha creato un fondo e ha comparto il Milan. Non ha comprato Milan perché gli piace giocare a calcio, essenzialmente perché è un investimento importante. E lui è un fuoriclasse».
Il tassello delle lingue
Perrino ripercorre tutti i tasselli del volume scritto con Scaroni nel 1986. E mette in fila tutte le tessere che costruiscono il percorso di successo di un manager, a cominciare dalle lingue. E qui Scaroni è molto diretto come di consueto. «L’inglese resta un must. Bisogna parlarlo bene e scriverlo anche bene perché hai mille occasioni di fare e, per parlarlo decentemente, bisogna passare dei periodi in paesi english speaking». Accanto all’inglese, però, dice l’ex numero uno di Eni ed Enel, è bene aggiungere anche la conoscenza di una seconda lingua. «Io ho passato tanti anni alla Saint Gobain i capi parlavano l’inglese ma se parli francese è un’altra cosa. Anche nella nostra piccola europa avere una lingua che sai bene al di là dell’inglese ti apre le prospettive di lavorare per un’azienda in modo diverso da quanto succederebbe se parlassi solo inglese».
I primi passi della formazione
Quindi il tassello sulla formazione. «Penso che il liceo scientifico sia altrettanto formativo del clasico. Aggiungerei poi che noi abbiamo privilegio di essere nati in un paese che ha dato contributi fantastici in tutti i campi della cultura. Rinunciare a questo facendo scuole straniere in Italia, cioè finire il liceo senza sapere chi è Dante o Galilei è un peccato. Detto questo però quello è un modo per imparare le lingue dall’inizio. E quindi non indicherei scelte esclusive». Quanto alle università, Milano, prosegue Scaroni, «è diventata quello che sono sempre state Parigi e Londra per i loro paesi. Vedo molto giovani che sono di tutta Italia che considerano Milano un pezzo della loro formazione. Da questo punto di vista Bocconi e Politecnico sono due eccellenti scuole e quindi ne val la pena. Ma una cosa l’ho imparata: se uno fa ingegneria deve aver preso al liceo 8 fisso in matematica. Quellla è una facoltà che richiede un’attitudine scientifica importante.
La scelta dei master
E sui master? Perrino ricorda che all’epoca di Professione Manager l’offerta di master non era ai livelli attuali e che oggi i giovani hanno davanti a sé un portafoglio di possibilità enorme. «Sì, è vero - precisa Scaroni -. Sono cambiate molte cose da allora. Resto dell’opinione che uno fa 3-4 anni all’università poi il master deve farlo da un’altra parte, dalla Spagna agli Usa. Stare nella stessa università per altri due anni mi sembra perdere possibilità di allargare i propri orizzonti. Di master di grande qualità in Europa ce ne sono ormai tanti sparsi per il Vecchio Continente. È un mondo che ha ampia scelta».
E quella dell’azienda
Terminata la formazione, arriva poi il momento per l’aspirante manager di approcciare il mondo del lavoro. Ma per Scaroni la strada migliore è cominciare a lavorare tra università e master («è una buona cosa»). Ed è altrettanto importante saper scegliere l’azienda in cui fare la prima esperienza. «Il primo datore di lavoro deve essere un’azienda-scuola. Quelle aziende sono organizzate e costruire per ricevere giovani e fanno fare loro percorsi. Se voi andate in una grande multinazionale, uno entra in un mondo che è fatto per imparare. È un pezzo importante che ti porti dietro. La prima sceltà ti dà l’opportunità di completare la formazione,di mettere un bollino di qualità che hai per tutto il resto della vita che ti fa network per tutta l’esistenza.
La capacità di costruire relazioni
Insomma, il percorso di un manager è tutt’altro che improvvisato. Bisogna anche cominciare molto presto a tessere relazioni e Scaroni sintetizza efficacemente il messaggio. «Uno deve orientare la vita personale, il suo svago in un senso coerente con i suoi obiettivi». Poi il passaggio sulla famiglia. «Deve essere disponibile a muoversi e occorre che uno dei due partner ridimensioni i propri obiettivi in funzione dell’altro. Era vero allora ed è vero anche oggi».
La rivoluzione manageriale con l’arrivo dei private equity
Perrino sposta infine l’attenzione sulle aziende di oggi e sollecita Scaroni a valutare se la rivoluzione manageriale si è compiuta. La risposta del top manager non lascia dubbi: «I private equity in italia continuano a comprare aziende che sono state sviluppate da imprenditore che è una persona fisica e normalmente riescono a fare meglio dell’imprenditore. Perché vanno meglio? Il primo motivo è perché scelgono i manager in modo estremamente professionale. Il secondo è che portano una cultura di finanza ordinaria (sanno come si gestiscono i soldi) e straordinaria (la capacità di fare operzioni) che non è quasi mai patrimonio dell’imprenditore/fondatore, né del figlio o del nipote. Il terzo è che riescono a professionalizzare anche le aree periferiche dell’impresa di successo là dove spesso l’imprenditore non è riuscito».
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