CINEMA

Scatenato e divertente «Free Fire» di Ben Wheatley

di Andrea Chimento

Free Fire

2' di lettura

Uno dei film d'azione più divertenti dell'anno: si può riassumere così «Free Fire», ultima creazione di Ben Wheatley e grande protagonista del weekend in sala.
Ambientato a Boston negli anni Settanta, il film racconta di due gang, una irlandese e l'altra americana, che si incontrano in un magazzino isolato per acquistare uno stock di armi: una semplice coincidenza farà precipitare le cose, innescando una violenta sparatoria.

Regista inglese classe 1972, Ben Wheatley si conferma uno degli autori più promettenti del cinema britannico con questa pellicola ad alto tasso adrenalinico, che prende spunto da un modello classico del genere action (lo scontro tra due fazioni in una fabbrica abbandonata) dilatandolo fino a farlo diventare un film intero. Il risultato è originale, grazie anche all'ottimo ritmo e ai dialoghi serrati, ironici e capaci di delineare al meglio un gruppo di personaggi ben amalgamati ed efficacemente interpretati da un cast in forma: da Brie Larson a Armie Hammer, passando per Cillian Murphy, sono diversi i volti riconoscibili tra gli interpreti di «Free Fire».

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Per chi apprezzerà questo film, presentato come titolo di chiusura al Torino Film Festival 2016, il consiglio è quello di recuperare anche alcuni dei precedenti lungometraggi del regista, tra cui «Killer in viaggio» e «I disertori – A Field in England».

Tra le novità più interessanti del weekend si segnala inoltre il libanese «L'insulto» di Ziad Doueiri, regista che ha avuto più volte problemi con il governo del suo paese per via dei contenuti forti delle sue pellicole.
Al centro ci sono Toni e Yasser, rispettivamente libanese cristiano e profugo palestinese, che finiscono in tribunale a seguito dell'aggravarsi di offese e azioni lesive iniziate con un “semplice” insulto. Non è facile intuire chi sia vittima e chi colpevole: il caso assume una portata mediatica sempre maggiore, sino a diventare una vera e propria questione di Stato.

L’insulto

Metafora della complessa situazione libanese, e in generale allargabile a quasi tutto il Medio Oriente, «L'insulto» è un film dai contenuti importanti, abile nel coinvolgere nelle sequenze in tribunale e nel ritrarre con spessore tematiche particolarmente delicate.
La carne al fuoco, però, è eccessiva e l'andamento troppo altalenante per convincere fino in fondo, ma resta un prodotto da vedere, capace di scuotere e incuriosire. Da segnalare che il bravo attore Karem El Basha ha vinto la Coppa Volpi all'ultima Mostra di Venezia, dove il film è stato presentato in concorso.

Infine, una menzione per «Patti Cake$», opera prima del musicista Geremy Jasper. Protagonista è una ragazza sovrappeso che sogna di diventare una rapper famosa per fuggire dalla squallida realtà del New Jersey in cui vive.
Unendo ironia e dramma, Jasper firma una pellicola che ha momenti intensi e degni di nota, ma il tutto sa molto di già visto e il film non riesce a svettare sopra la media dei tanti prodotti dello stesso genere.
Efficace, a ogni modo, il lavoro del cast e ben dipinto il rapporto problematico tra la protagonista e la madre, interpretata da Bridget Everett.

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