Scatta l’allarme siccità, per le risaie solo il 30% del fabbisogno di acqua
Riserve idriche a -13,5% rispetto al 2022 e -60% sulla media storica Il deficit pluviometrico del Ticino è del 90% mentre il Po tocca quota -73%
di Micaela Cappellini
3' di lettura
«Quante possibilità ci sono, che alla roulette esca lo stesso numero due volte di fila?». Giù nella Lomellina, Francesco Bergamasco comincerà a seminare a riso i suoi 100 ettari appena dopo Pasqua, e per ora non ci vuole proprio pensare a un altro anno di siccità dura come l’anno scorso. «L’estate scorsa - racconta - ho perso il 40% del raccolto e quel poco che c’è stato si è rivelato di qualità scadente. Per fortuna sul mercato i prezzi del riso sono stati più alti e alla fine ho perso solo il 20% del reddito». Bergamasco vuole essere ottimista e spera nelle piogge di fine marzo, «ma la verità è che ad oggi, da queste parti, ci hanno detto che abbiamo solo il 30% dell’acqua di cui avremmo bisogno per inondare le risaie».
Quella del riso che non ci sarà è forse l’immagine più emblematica della siccità che attanaglia tutto il Norditalia. In Lombardia, in particolare, i dati dell’Anbi (l’associazione nazionale che riunisce i consorzi di bonifica) dicono che le riserve idriche sono inferiori del 13,5% a quelle del 2022, che già non fu un anno felice. Ma se guardiamo alla media storica, le riserve sono diminuite addirittura del 60%. Il dato più preoccupante riguarda la neve (circa il 13% in meno rispetto all’anno scorso e circa il 70% sotto la media storica), che a causa delle alte temperature sta sciogliendosi troppo velocemente. A febbraio il deficit pluviometrico del Ticino è stato del 90%, mentre il Po tocca quota -73% sulla media storica.
Recentemente, il presidente della Regione, Attilio Fontana, ha parlato di un deficit di circa il 60% di accumulo delle acque, pari a oltre 2 miliardi di metri cubi di acqua in meno. Da inizio anno in Lombardia è stata messa in atto una politica cautelativa di limitazione delle erogazioni, mentre presto verranno emanate direttive regionali per l’attivazione di licenze di attingimento da acque superficiali in condizioni di crisi idrica, nonché una disciplina specifica per concedere attingimenti di acque da cava.
A rischio, nei campi della Lombardia, non c’è solo il riso, le cui previsioni di semina prevedono a livello nazionale un taglio di 8mila ettari, con la Lombardia che concentra sul suo territorio oltre il 40% delle risaie italiane. La siccità è un danno anche per frutta e verdura, così come per i foraggi e il mais destinato agli animali per la produzione di formaggi e salumi. «Di fronte al cambiamento climatico - afferma Paolo Carra, vicepresidente di Coldiretti Lombardia - è necessario aumentare la nostra capacità di raccogliere l’acqua piovana, che oggi a livello nazionale si ferma ad appena l’11%, per metterla a disposizione nei momenti in cui ce n’è necessità. Come Coldiretti, con Anbi abbiamo elaborato il progetto Laghetti, per realizzare una rete di piccoli invasi diffusi sul territorio, senza uso di cemento e in equilibrio con i territori, per conservare l’acqua e distribuirla quando è necessario ai cittadini, all’industria e all’agricoltura. A livello regionale inoltre bisogna continuare a lavorare anche al recupero delle cave dismesse come bacino di accumulo di riserve idriche strategiche».
Per la Regione Lombardia il Governo ha prorogato lo stato di emergenza con la deliberazione del 28 dicembre 2022, che sarà valido fino al 31 dicembre di quest’anno, ma non sarà possibile richiedere in maniera preventiva lo stato di calamità perché quest’ultimo viene concesso solo nel momento in cui si registrano i danni dei raccolti. Così, tra i risicoltori della Lomellina, accanto alle speranze della pioggia, si sta facendo strada anche il pensiero della riconversione produttiva: «Anch’io - dice bergamasco - per i campi alti, sto pensando alla soia. E se alla fine l’acqua dovesse essere davvero poca potrei passare addirittura al girasole».
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