Scelte che frenano la transizione gomma-rotaia
Uno dei problemi più a lungo dibattuti in tema di logistica, nel nostro Paese, riguarda lo squilibrio esistente tra la quota del trasporto merci su gomma rispetto a quello su rotaia
di Giovanni Fiori
3' di lettura
Uno dei problemi più a lungo dibattuti in tema di logistica, nel nostro Paese, riguarda lo squilibrio esistente tra la quota del trasporto merci su gomma rispetto a quello su rotaia. Si tratta di un tema annoso, che però non riguarda solo l’Italia, ma anche una buona parte degli altri Paesi europei, con alcune eccezioni. L’Italia, con una quota di merci su ferro che negli ultimi anni oscillava tra il 13 e l’11%, si colloca tuttavia sotto la media Ue, che è circa il 17%, e fa meglio solo di Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda. Da anni l’Unione europea mira a incrementare la quota di traffico merci su rotaia, con l’obiettivo di portare la media Ue al 30% nel 2030. I benefici sarebbero palesi non soltanto in termini di efficienza complessiva del sistema ma anche di impatto ambientale. Si calcola che un chilometro percorso su strada anziché su rotaia abbia un impatto ambientale complessivo 6 o 7 volte superiore, in termini di emissioni CO2. Con grande lungimiranza, a questo tema è stata attribuita una rilevanza strategica nel Pnrr, e di questo va dato merito al governo, che si è reso conto sia della priorità che il settore della logistica riveste in un’economia avanzata che dell’enorme impatto ambientale che si avrebbe spostando le merci su rotaia. Il Pnrr prevede rilevanti investimenti nell’hardware, cioè nella realizzazione di nuove linee ferroviarie e nel potenziamento di molte linee esistenti, con l’obiettivo di sviluppare sistemi integrati di trasporto a lunga percorrenza e locale per una mobilità sostenibile. Il nostro Pnrr ha ricevuto, anche per questo motivo il pieno apprezzamento di Bruxelles. Infatti sono previsti, a livello europeo, importanti target su due orizzonti temporali (2030 e 2050), come indicato dalla Sustainable and smart mobility strategy (Ssms) che definisce gli obiettivi per la riduzione delle emissioni del 90% entro il 2050, in linea con il Green deal europeo).
In base a tale strategia:
1 - entro il 2030 in Europa il traffico ferroviario ad alta velocità e il traffico ferroviario merci dovranno rispettivamente raddoppiare e aumentare del 50% rispetto ai livelli del 2015. Parallelamente, i trasporti di linea collettivi inferiori a 500 km dovranno essere a emissioni zero, il trasporto intermodale su ferro e per via navigabile dovrà essere in grado di competere con il trasporto su strada nell’Ue, il traffico ferroviario ad alta velocità dovrà raddoppiare in tutta Europa;
2 - entro il 2050 il traffico ferroviario ad alta velocità dovrà triplicare, il traffico merci ferroviario dovrà raddoppiare, la rete di trasporto transeuropea (Ten-T) multimodale sarà operativa per un trasporto sostenibile e intelligente con connettività ad alta velocità, tutti i costi esterni del trasporto intra Ue dovranno essere coperti dagli utenti
del trasporto.
La strategia del Pnrr è dunque ben delineata e in linea con gli obiettivi europei. Tuttavia, la recente evoluzione dello scenario macroeconomico e alcune scelte legislative piuttosto contraddittorie stanno mettendo a rischio il conseguimento di questi importanti obiettivi. Per sviluppare e incentivare il trasporto su rotaia non basta investire nell’hardware, ma occorre anche prestare attenzione al software, cioè alla competitività delle imprese ferroviarie e soprattutto bisogna che il traffico su rotaia risulti, per i potenziali clienti, più conveniente rispetto a quello su strada.
Il recente rincaro dei costi energetici sta impattando sulle imprese del settore ferroviario. La scelta di non includere tali imprese tra quelle cosiddette “energivore” (escludendole cosi dalle relative agevolazioni) nonché quella di non riconoscere ii contributi per compensare l’aumento del costo dell’energia di trazione, appare in forte distonia rispetto agli obiettivi del Pnrr. Ancora meno comprensibile appare Il taglio delle agevolazioni sulle accise per l’acquisto di gasolio destinato al trasporto ferroviario. Mentre al contrario le accise sui carburanti sono state ridotte, incrementando così la convenienza del trasporto su strada. Si tratta probabilmente di scelte dovute al maggior peso politico che gli autotrasportatori hanno rispetto alle imprese ferroviarie. Tuttavia, non può sfuggire che, se da un lato si investono somme ingenti nelle infrastrutture, ma dall’altro si penalizzano gli operatori, difficilmente gli obiettivi del Pnrr e dell’Unione europea potranno essere raggiunti.
Ordinario di Economia aziendale all’Università Luiss
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