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Scelte ponderate e valorizzazione delle risorse esistenti

La legge 130 del 2022, recante Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributari, a pochi mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale sta muovendo i primi passi.

di Enrico Manzon

(大 李 - stock.adobe.com)

3' di lettura

La legge 130 del 2022, recante Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributari, a pochi mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale sta muovendo i primi passi. Lentamente, molto lentamente. Postergato il “pensionamento” dei giudici tributari più anziani di età anagrafica, entrate in vigore alcune misure processuali, alla data del 14 febbraio 2023 sono scaduti i termini del bando per l’opzione dei giudici tributari “togati”. Saldo finale: 37 optanti sui 100 previsti dalla riforma, poco più di un terzo. Non un gran risultato.

Ma è una “falsa partenza”? Dipende. Se queste risorse saranno impiegate come previsto dal bando del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (delibera n. 1559/2022), senz’altro sì. 70 posti in primo grado, 30 in appello, sparsi qua e là sul territorio nazionale. Un secchio di acqua per irrigare un ettaro di terra, non servirà pressoché a nulla.

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Dunque, al momento, la riforma è abbandonata alla tempistica biblica dei concorsi e associata alla coesistenza pluridecennale dei magistrati e dei giudici tributari, senza alcun disegno organizzativo preciso.

Tuttavia, fare qualcosa per rimediare a questa, come dire, non brillante situazione è possibile ed è necessario. Non si tratta di una “manovra correttiva” semplice e ha una precondizione: avere idee chiare sugli obiettivi e sui mezzi della riforma; ancor più, avere una precisa consapevolezza dei termini concreti di fattibilità delle soluzioni normative, non solo sul piano finanziario, ma anche su quello operativo.

I concorsi costano e durano. Quindi non i 7 concorsi previsti dalla legge 130, dal 2024 al 2030, 68 posti per uno, ma due, massimo tre, da 150 posti l’uno. Per farlo però occorre potenziare significativamente la Commissione esaminatrice, altrimenti si vanifica l’obiettivo della contrazione dei tempi, essendo prevedibile che il numero degli aspiranti sarà elevato, trattandosi pur sempre dell’appetibile accesso a una magistratura professionale, addirittura specializzata.

C’è però anche una via breve: valorizzare le risorse esistenti. Si può –utilmente – attingere dall’ampio bacino dei giudici tributari “non togati”, mediante un reclutamento straordinario di 100/150 unità, per titoli (professionali, più adeguata anzianità di ruolo) e per verifica (semplificata, ad esempio come quella appena fatta per i giudici onorari di tribunale). In tal modo, prevedibilmente entro un anno, si può dotare la nuova magistratura tributaria di giudici già formati, non di “uditori giudiziari con funzioni”, come saranno i magistrati tributari assunti per concorso.

La dirigenza di questa nuova magistratura è una questione non risolta o almeno non risolta adeguatamente dalla legge 130. Si tratta peraltro evidentemente di un’esigenza operativa essenziale. Non si può aspettare il tempo lungo necessario (10-15 anni) affinché i magistrati tributari assunti per concorso siano pronti per i ruoli dirigenziali.

In questo lungo interregno, tale imprescindibile esigenza può essere soddisfatta – essenzialmente o almeno principalmente – con i giudici tributari togati optanti. Ed optandi: occorre tenere conto del turn over. Quindi la misura del transito di questi magistrati, in via di – veramente cogente – normazione primaria, va perciò limitata ai ruoli direttivi/ semidirettivi. Così, per un verso, la nuova magistratura tributaria avrebbe una solida spina dorsale di tempopienisti, per altro verso, si potrebbe “alleggerire” il peso di questa scelta normativa, senza renderla evanescente (come indubbiamente è ora), anche con disposizioni più precise e stringenti per la destinazione degli “optanti” e dei “cooptati” al grado di appello. In tal senso serve molto di più dell’avverbio prioritariamente utilizzato nella legge 130 e del tutto disatteso dal Cpgt. Così disponendo, oltre che vertebrare il nuovo corpus magistratuale, si può dargli più peso specifico nel grado che chiude “in revisione” il giudizio di merito e apre le porte a quello di legittimità.

Per tali fini è tuttavia necessario fare scelte ponderate sull’allocazione di queste, pregiate, ma limitate, risorse, secondo il principio di “buona amministrazione” ossia in base a un razionale disegno organizzativo generale. Ed è inevitabile in questa direzione tenere conto dei flussi territoriali degli affari e dei relativi valori di stock.

Quelli esposti –molto in breve – sono soltanto indirizzi generali per una, urgente, revisione della legge di riforma della giustizia tributaria. Chiaro che attuarli implica una produzione normativa tecnicamente raffinata e nient’affatto semplice. Peraltro chi dovrebbe agire in tal senso ha tutti i mezzi per farlo nel modo migliore. Il tempo c’è, anche se non è molto: a Bruxelles hanno il faro sempre acceso sull’attuazione del Pnrr. È dunque esclusivamente una questione di volontà politica. Vedremo se ci sarà.

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