Schlein vara la squadra unitaria ma presidia lavoro, ambiente e diritti
Al cerchio ristretto la gestione del partito e la linea politica. Alla minoranza Enti locali, Riforme e Giustizia. Con il ritorno dei bersanian-dalemiani di Articolo 1 l’asse del Pd si sposta a sinistra
di Emilia Patta
I punti chiave
- Il «governo ombra» e il bilancino tra le correnti
- Alfieri alle Riforme e Serracchiani alla Giustizia garanzie per i riformisti
- Il ritorno di Articolo 1 e lo spostamento a sinistra del Pd sui temi del lavoro
- Al cerchio ristretto (Bonafori, Righi e Taruffi) le redini del partito
- Il comando di Schlein su iniziativa politica, lavoro, ambiente e diritti
4' di lettura
Una segreteria del Pd unitaria come non si vedeva da tempo, ossia con cinque caselle di peso riservate alla minoranza “bonacciniana”. È stato proprio il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini a riunire gli esponenti della sua area, a poche ore dell’annuncio della squadra via Instagram da parte di Elly Schlein, per «ricomporre gli animi» e dare seguito «allo spirito unitario emerso nell’assemblea del 12 marzo», la stessa assemblea che lo ha eletto presidente del partito. Certo, quella di Schlein era una mossa obbligata, dal momento che è stato Bonaccini e non lei a vincere il congresso tra gli iscritti e che lo scarto alle primarie aperte agli elettori è stato il più piccolo di sempre (53,75% contro 46,25%), ma il fatto di essere riuscita a coinvolgere la minoranza interna nell’organo esecutivo del partito è comunque un successo della segretaria.
Il «governo ombra» e il bilancino tra le correnti
«Un giusto mix fra rinnovamento, apertura e solidità», dice Schlein. «Una squadra di grande qualità, specie se confrontata con chi oggi è al governo, che sfideremo su ognuno di questi terreni e temi. Continueremo ad essere un problema per Giorgia Meloni». Undici uomini e dieci donne per una segreteria che Schlein immagina come una sorta di governo ombra per fare il controcanto ad ogni proposta e iniziativa del governo Meloni. E, proprio come accade nei casi in cui si deve comporre un governo di coalizione, anche questa volta la segretaria è stata attenta al bilancino interno: se la minoranza “bonacciniana” ha avuto 5 caselle - ossia il coordinatore di Base riformista Alessandro Alfieri alle Riforme e Pnrr, il braccio destro di Bonaccini in Regione Davide Baruffi agli Enti Locali, Debora Serracchiani alla Giustizia, Vincenza Rando al Contrasto alle mafie, legalità e trasparenza e Irene Manzi a Scuola, educazione dell’infanzia, istruzione e povertà educativa - l’area franceschiniana è rappresentata da Marina Sereni alla Salute e sanità, oltre che da Chiara Braga eletta alla guida dei deputati a Montecitorio.
Alfieri alle Riforme e Serracchiani alla Giustizia garanzie per i riformisti
Deleghe di peso, quelle riservate alla minoranza: la presenza di Serracchiani alla Giustizia rassicura i garantisti dem che temevano uno schiacciamento sul M5s e il “partito delle procure”, mentre Alfieri alle Riforme sembra essere una scelta non di chiusura nei confronti del tavolo sulla revisione della forma di governo che la maggioranza sta apparecchiando. Gli Enti locali, poi, è una delega fondamentale per costruire le alleanze sul territorio in vista delle elezioni amministrative, e non solo: il primo appuntamento sono le comunali di maggio, dove a una settimana dalla presentazione delle liste l’accordo con il M5s è al momento chiuso solo in 4\6 capoluoghi di provincia su 17. Quanto alla postura internazionale sulla guerra in Ucraina, la nomina dell’ex ministro ed esponente della sinistra Giuseppe Provenzano agli Esteri non determina un cambio la linea: è sempre stato su posizioni atlantiste e ha sempre votato in favore dell’invio di armi.
Il ritorno di Articolo 1 e lo spostamento a sinistra del Pd sui temi del lavoro
Per il resto lo spostamento dell’asse del Pd a sinistra è evidente. Intanto ai bersanian-dalemiani di Articolo 1, iscrittisi al partito solo poche settimane fa (il termine per partecipare al congresso era il 31 gennaio), vanno due caselle: ad Alfredo D’Attorre l’Università e a Cecilia Guerra la fondamentale casella Lavoro. D’altra parte il superamento del renziano Jobs act è stato un mantra durante la campagna congressuale di Schlein, uscita dal partito proprio in polemica con l’ex premier Matteo Renzi e anche lei rientrata per partecipare al congresso. Una nomina in parte compensata dalla riconferma del bocconiano Antonio Misiani come responsabile Economia, di sinistra ma da sempre attento alle esigenze delle imprese e del mondo produttivo.
Al cerchio ristretto (Bonafori, Righi e Taruffi) le redini del partito
C’è poi il cerchio ristretto della segretaria, a cui sono state attribuite le deleghe più organizzative e politiche del partito: a coordinare la segreteria va Marta Bonafori, consigliera regionale del Lazio che può essere considerata la luogotenente di Schlein a Roma; responsabile Organizzazione (una sorta di ministero degli Interni) è l’assessore al Welfare e alle Politiche giovanili dell’Emilia Romagna Igor Taruffi, fedelissimo di Schlein con una storia di militanza in Rifondazione comunista e in Sel; all’uomo macchina da dieci anni Giovanni Gaspare Righi va l’inedita casella di Capo segreteria della segretaria nazionale. Tutti e tre non ancora iscritti al partito al momento dell’indizione del congresso. All’Ambiente (Conversione ecologica, clina e green economy), infine, va Annalisa Corrado. Non ha posizioni esplicite contro il termovalorizzatore di Roma come Rossella Muroni, in corsa per la stessa casella nei giorni scorsi, ma di sicuro è critica.
Il comando di Schlein su iniziativa politica, lavoro, ambiente e diritti
Insomma, Schlein tiene saldamente il comando sull’iniziativa e sulla linea politica generale, anche in coordinamento con i capigruppo da lei voluti (Braga e Francesco Boccia), e blinda tre caselle fondamentali del suo programma: lavoro, ambiente e diritti civili (qui presidia in segreteria Alessandro Zan); mentre lascia gli altri dossier all’esperienza dei parlamentari dem che non fanno parte del suo cerchio stretto. Che continuano a pesare nel partito ma che fino alle europee del 2024 non daranno problemi alla segretaria. Se li daranno dopo dipende ovviamente dalla percentuale che Schlein riuscirà a portare a casa.
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