Scompare John Bogle, inventore degli Index Fund che invitava alla cautela in Borsa
di Marco Valsania
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New York - Magnate della finanza. Ma anche e soprattutto gran difensore degli azionisti. Fondatore del Vanguard Group e con questo fattosi pioniere di una lunga crociata che ha ridotto le commissioni e trasformato le azioni in prodotti “di massa”. Oracolo di investimenti a basso costo e di lungo periodo nelle parole stesse di colui che da sempre vanta il titolo di Oracolo, quello di Omaha Warren Buffett. «Se gli investitori avessero sempre ascoltato le sue idee, sarebbero oggi più ricchi di centinaia di milioni di dollari». Il suo ultimo consiglio, solo del mese scorso: «Oggi è meglio ridurre le scommesse in Borsa».
John Clifton Bogle e' stato tutto questo, e questo e' il lungo testamento che lascia alla sua scomparsa in questo inizio di 2019 all’età di 89 anni. Dopo essere sopravvissuto nella sua vita, oltre a crash e boom dei mercati, a ben sette infarti, a un pacemaker difettoso e a un trapianto cardiaco. A Bogle viene ascritta nientemeno che la popolarità degli Index Fund, dei fondi d'investimento indicizzati, tra investitori grandi e piccoli. Il primo fondo comune legato a un indice fu creato da lui, nell'ormai lontano 1975. Una rivoluzione che ha generato risparmi per miliardi di dollari l'anno a vantaggio di investitori che potevano avere a disposizione fondi ad un costo che era una frazione di quello tradizionale.
I fondi targati Vanguard hanno avviato quella svolta e hanno continuato a capitanarla: le loro fee medie sono scese nell'arco degli ultimi vent'anni dallo 0,27% allo 0,10%, contro rivali che tuttora spesso chiedono oltre l'1 per cento. Unico tra i finanzieri, ha un ufficiale club di ammiratori e seguaci con tanto di nome neanche fosse una pop-star, i Bogleheads. Il suo stile di vita è a sua volta oggetto di venerazione: ben pagato ma mai prono a eccessi, con viaggi in classe economica e vacanze, lui originario del New Jersey e laureato nella vicina Princeton University, sempre nel Nordest statunitense.
Ancor più, Bogle è considerato grazie alle sue strategie il gran “democratizzatore” della finanza americana. Ha trasformato nei fatti l'investimento in azioni in un'attività alla portata, se non di tutti, dei più, con conti che avevano una soglia minima di tremila dollari. Prendendo a prestito la dichiarazione di un altro nome di spicco, il premio Nobel per l'economia Paul Samuelson: la sua invenzione, ha detto, è paragonabile in finanza a quella della «ruota, del formaggio e del vino, dell'alfabeto e di Gutenberg». Altri lo accusano quantomeno ai rivoluzionari della Corporate America, da Henry Ford a Sam Walton e Michael Dell.
Tra le note di colore che mai mancano ai personaggi da leggenda, la più curiosa riguarda la scelta del nome Vanguard per la società creata nel 1974, quando le diede i natali sotto forma di una sorta di Coop, di “cooperativa di consumatori” dove i proprietari sono gli stessi investitori nel suo fondo. È un tributo alla sua ammirazione per la storia militare britannica, in particolare l'ammiraglio Horatio Nelson. Vanguard era il nome del suo vascello nella battaglia del Nilo del 1798.
Non mancano però alcuni detrattori. L'aver portato il mercato azionario a vaste fasce di popolazione, fino alla permutazione dei fondi Etf, può aver stimolato eccessi e volatilità sul mercato, sottovalutazioni dei rischi e sopravvalutazione dei prezzi in Borsa. Oggi, nel clima di grande incertezza a Wall Street, anche i maghi della finanza potrebbero essere messi in discussione.
Se non che, nella sua ultima intervista in dicembre alla rivista Barron's, Bogle mise in guardia gli investitori proprio dalle troppe tensioni sul mercato odierno: invito alla prudenza e a evitare le azioni, scegliendo obbligazioni e posizioni difensive. «Gli alberi non crescono fino al cielo e vedo nubi all'orizzonte - aveva detto - Se prima uno poteva aver una esposizione al 70% in azioni e al 30% in reddito fisso, adesso meglio tornare al 60%-40%».
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