Scontri a Roma: polizia “disarmata” le norme in piazza risalgono al 1931
Le regole sui cortei emanate durante il fascismo non sono mai state cambiate: Indicazioni generiche, tutto è in mano ai questori. Lamorgese convoca per mercoledì il Comitato per l’ordine e la sicurezza. Draghi chiede più impegno anche in vista del G20 del 30-31 ottobre
di Marco Ludovico
I punti chiave
5' di lettura
Non è una sorpresa il bilancio da guerriglia della manifestazione No-Vax e no Green pass a Roma sabato 9 ottobre. I numeri certo fanno impressione: 38 agenti feriti, 600 persone identificate, 12 arresti. Per i violenti dell’estrema destra è stato facile infiltrarsi tra i 10mila partecipanti e scatenare il finimondo. Compreso l’assalto notturno al pronto soccorso dell’Umberto I. Lo schieramento di forze dell’ordine è apparso insufficiente. In realtà nel dedalo di strade del centro storico romano non conta la massa degli agenti ma organizzazione, dotazioni, destrezza fisica. Certo con un’età media di 50 anni non è proprio il massimo. Ma limiti e criticità dell’azione di ordine pubblico ormai si sono cronicizzati.
Norme “fasciste” e arcaiche
Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e il capo della Polizia Lamberto Giannini sono nati molti lustri dopo le regole di Stato attuali per la piazza. Stanno nell’articolo 18, più seguenti, del T.u.l.p.s.(testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), regio decreto n. 773 del 1931 in pieno fascismo. Un testo rimasto oggi in sostanza identico, intatte le indicazioni per le manifestazioni in capo ai questori. Più che efficaci, allora, con uno stato autoritario. Oggi invece a vista d’occhio inadeguate. Chi le vìola rischia un anno di arresto risolto con un’oblazione decisa dal giudice. Non le teme ormai più nessuno.
L’ordinanza del questore
Le norme del T.u.l.p.s. in pratica sanciscono l’obbligo di preavviso della manifestazione e il potere del questore di non autorizzarla, esercitato ormai di rado. Poi l’art. 37 del Dpr n. 782 del 1985, più di mezzo secolo dopo le norme del 1931, introduce per i servizi di ordine pubblico la «apposita ordinanza di servizio (sempre del questore, n.d.r.) stabilendo le modalità di svolgimento dei servizi stessi, la forza da impiegare, l’equipaggiamento necessario, i responsabili del servizio e le finalità da conseguire». Di solito gi agenti impegnati sono al 40% Polizia di Stato, 40% Arma dei carabinieri, 20% Guardia di Finanza.
I problemi di comunicazione
Durante le manifestazioni il funzionario incaricato della questura è il dominus della gestione della piazza. Il questore, del resto, è l’autorità tecnica di pubblica sicurezza. Si comunica con le radio e i cellulari. Non sempre più efficienti ma senza dubbio più sicure le prime, i secondi però nelle prassi consolidate rischiano di prendere il sopravvento. Decisivo resta un problema: non si riesce a dare un ordine collettivo ascoltato da tutti. Se non a voce, spesso con urla a ripetizione. In situazioni improvvise e concitate resta un’azione precaria e non garantita. Modalità incredibile nell’era della digitalizzazione spinta.
Caschi e altri mezzi antidiluviani
Se è vero come è stato detto anche dai recenti rapporti di intelligence dell’Aisi (agenzia informazioni e sicurezza interna) come il rischio di azioni eversive con il COVID-19 sia in crescita, estremismo di destra in particolare, le dotazioni delle forze di polizia per l’attività di ordine pubblico dovrebbero essere adeguate subito alle nuove esigenze. Dal casco, per esempio, spesso l’agente non riesce a dialogare con colleghi e superiori. Carabinieri e finanzieri sono in divisa, la polizia è in borghese. Unica arma - pistola a parte ma inconcepibile per l’ordine pubblico in piazza - è il manganello più lo scudo di protezione. Strumenti ormai incapaci, o quasi, di una qualche deterrenza contro i facinorosi.
Divise e altre dotazioni
Le divise delle forze di polizia non sono certo uno scudo di protezione. Altri strumenti di difesa e attacco contro i violenti, manganello e scudo a parte, non ci sono. Le unità cinofile e i cavalli, soprattutto, un tempo in campo ed efficaci nell’ordine pubblico, non si usano più. Certo, pesa sempre la vicenda del G-8 di Genova. Nessuno pensa di rinnegare la circolare del 21 gennaio 2008 dell’allora capo della Polizia, Antonio Manganelli: «Manifestazioni di rilievo - Lineamenti». È la fine della carica violenta dei poliziotti, c’è solo quella «di alleggerimento» e prevenzione in quantità. Con l’obbligo o quasi di evitare a tutti i costi il contatto fisico e il corpo a corpo con i manifestanti.
Inadeguatezze ormai evidenti
Il pericolo di altri disordini e devastazioni è dietro l’angolo. Non devono ingannare altre precenti manifestazioni no vax finite in un flop. Né devono essere dimenticati, invece, recenti cortei e proteste ai limiti della violenza e anche oltre in Sicilia e in Campania con lo scoppio della pandemia, il lock down e i problemi di lavoro e occupazione. Così tra gli addetti ai lavori ci si chiede perchè non noi ma la polizia tedesca - non è la sola - abbia l’esoscheletro, una dotazione di protezione completa e aggiornata con tutti i sistemi digitali e di massima protezione fisica. Ma basterebbe intanto cominciare con i caschi collegati via radio. Sembra incredibile ma oggi lo sono soltanto in pochi, rari casi. Oltre confine la dotazione di polizia in piazza vale migliaia di euro. Da noi poche centinaia,
Criticità di ogni genere
Le difficoltà, davanti a un nemico spesso invisibile o imprevedibile, sono molte. Anche sul fronte dello Stato. Nel territorio spesso si registrano tensioni o sfilacciature tra questore e altre forze dell’ordine, carabinieri in primis, nella gestione del tavolo tecnico attivato dalle questure per organizzare al meglio la sfilata in piazza e i servizi di ordine pubblico. I numeri degli agenti in campo restano comunque ridotti e spesso inferiori al necessario, causa scarsità degli organici. La linea, poi, di massima prudenza nell’interazione con i manifestanti, anche in caso di violenta ostilità, è impegnativa. Si vede quando due, tre, quattro e persino cinque agenti devono bloccare qualcuno che dà in escandescenze, magari uno straniero. Nessuno più si azzarda a intervenire da solo con brutalità.
I tentativi di ammodernare le norme
Il prefetto Franco Gabrielli, oggi sottosegretario a palazzo Chigi alla sicurezza nazionale, nell’autunno dell’anno scorso - era il numero uno del dipartimento Ps. - riunì in teleconferenza tutti i questori per valutare e discutere le nuove esigenze nel governo della piazza viste le minacce incombenti con la recessione sopravvenuta causa pandemia. Al Viminale l’idea di una revisione del T.u.l.p.s è stata affrontata. Ma non è facile per niente. Il diritto di manifestazione è sancito dalla Costituzione. Gli scenari in piazza e non solo lì, tuttavia, stanno cambiando di corsa. Le devastazioni in centro a Roma sabato scorso possono ripetersi anche a breve. Il rischio di conseguenze molto più gravi di quelle già viste è concreto. I dossier sono da un pezzo sui tavoli dei vertici del Viminale.
Al Viminale mercoledì vertice delle forze dell’ordine
Per il 13 ottobre il ministro Lamorgese convocherà il Cnosp, comitato nazionale ordine e sicurezza pubblica. Riunisce i vertici della Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Aisi, Aise (agenzia informazioni e sicurezza esterna), Dis (dipartimento informazioni e sicurezza), il capo di gabinetto del Viminale, il ministro presiede l’incontro. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, dopo i disordini del 9 settembre ha chiesto un impegno maggiore. A Roma il 30 e 31 ottobre ci sarà il G20. Parlare di linea dura è facile ma resta un concetto tutto da riempire in strada momento per momento. Soprattutto se i manifestanti sono tanti, il rischio di una tragedia se si scatenano i disordini è sempre in campo.
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