Scontro Cei-governo sul blocco delle messe, ma qualche “spiraglio” si apre
La decisione del’esecutivo di proseguire nella proibizione delle celebrazioni religiose contestata dai vescovi, che avevano negoziato un piano per la fase 2
di Carlo Marroni
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Uno scontro senza precedenti nella storia della Repubblica tra la Conferenza Episcopale e il Governo sul proseguimento del lockdown delle celebrazioni religiose, funerali a parte (e comunque a numero ridotto di familiari) nonostante il piano predisposto dai vescovi per la fase-2, che sembrava aver trovato accoglimento da parte dell’esecutivo. Il presidente del Consiglio butta la palla nel campo del Comitato tecnico-scientifico (che ha sancito il mantenimento della proibizione per le messe, ci il governo si è allineato), ma la questione resta sul tavolo. «Nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza», ha scritto Palazzo Chigi nella notte di domenica dopo il durissimo comunicato della Cei, in cui è stato affermato che «non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto». Ma in queste ore si sta lavorando a delle ipotesi, e degli spiragli si stanno aprendo per una soluzione che arrivi prima della data per adesso fissato per tutti al primo giugno. Intanto la Regione Lom bardia comunica che sta lavorando con Prefettura, Comune e Arcidiocesi di Milano per per riaprire le chiese in «massima sicurezza».
I contatti dei vescovi con Viminale e Palazzo Chigi
Dopo il decreto di inizio marzo la Chiesa aveva aderito immediatamente alle disposizioni del governo senza riserve, attirando anche le critiche della parte più tradizionalista, che avrebbe preferito un atteggiamento più pugnace verso il potere civile. Ma la Cei – presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti, che è prevedibile abbia mantenuto uno stretto collegamento con la Santa Sede – ha tenuto pienamente fede alle direttive governative, e solo molto sporadici sono stati i casi di preti che hanno celebrato infrangendo la legge, attirando in qualche caso iniziative spropositate delle forze dell’ordine. Ma da allora era partita una interlocuzione continua della Cei – condotta quotidianamente dal segretario generale, Stefano Russo, e anche dal vice, Ivan Maffeis - con la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese e con il gabinetto di Conte.
Il piano (ignorato, per ora) della Cei in dieci punti
Il piano della Cei era stato messo a punto giovedì scorso durante un Consiglio permanente, a seguito del quale Bassetti aveva affermato (per la prima volta, segno che forse i segnali governativi erano arrivati) che «é tempo di riprendere le messe domenicali con i fedeli e riprendere tutte le celebrazioni dei sacramenti, dai battesimi ai funerali, ovviamente seguendo le misure necessarie per garantire la sicurezza delle persone». Dieci i punti del piano, che per il momento resta sulla carta: responsabile sicurezza per ogni chiesa, ingressi controllati, mascherine, guanti, sanificazione prima delle celebrazioni, nessuno scambio della pace, acquasantiere vuote, comunione in mano e distribuita tra i banchi e così via. Con un impegno della Cei: se un parroco non fosse stato in grado di adempiere a tutti questi impegni non avrebbe potuto celebrare. Punto.
Nei giorni scorsi l’impegno per 200 milioni a favore dei poveri
Ma il via libera non c'è stato, e non c'è stata neppure una dichiarazione esplicita verso questo tema, che riguarda comunque non solo i cattolici ma anche le altre religioni le cui celebrazioni sono ugualmente sospese. Insomma, non è certo una questione di vita o di morte, ma è un tema di libertà che resta sospeso, e in questo periodo di posti di blocco, di divieti e di “salvacondotti” non è un fattore da sottovalutare. Non solo. La Chiesa cattolica è presente sul territorio nazionale con una capillare rete di assistenza ai poveri, la Caritas, che agisce in ambiti perlopiù parrocchiali, che di fatto è bloccata: «Dovrebbe essere chiaro a tutti che l'impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale». E non sono solo parole: di recente la Cei si è impegnata per un aiuto di 200 milioni varato a favore delle famiglie e degli enti in difficoltà a causa della pandemia, soldi già incamerati attraverso l’8 per mille e che avrebbero dovuto essere destinati agli edifici di culto.
Per il Cts i rischi legati alla presenza al chiuso di persone anziane
Naturalmente le motivazioni del proseguimento del blocco non sono campate in aria. Per il Comitato tecnico-scientifico (Cts), e per il governo, anche se la curva del contagio sta scendendo permangono i rischi connessi alla presenza in un luogo chiuso durante le messe delle persone più anziane, e quindi a rischio di contagio, e la modalità con la quale distribuire l’eucaristia. Ma la Cei nella nota di domenica ribatte: «Alla presidenza del Consiglio e al comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità - dare indicazioni precise di carattere sanitario - e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia. La Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale».
Nei g iorni scorsi l’accenno di Francesco e le proteste del cardinale Becci u
Qualche segnale che era ora di pensare ad una fase-2 anche per le celebrazione era arrivato dalla più autorità. In una delle sue messe mattutine a Santa Marta – trasmesse in diretta alle 7.00 da Rai1, Tv2000 e Vatican News, con picchi di share degni di San Remo - Francesco aveva detto che la Chiesa on-line è una non Chiesa. Le messe in streaming sono state un'eccezione da superare: «L’ideale della Chiesa è sempre con il popolo e con i sacramenti. Sempre». Poi l’intervento tranchant del cardinale Angelo Becciu, che commentando l'interruzione di una funzione da parte delle forze dell'ordine in provincia di Cremona, aveva twittato così: «Deve essere difeso il principio che a nessuna autorità è consentito di interrompere la messa. Se il celebrante è reo di qualche infrazione sia ripreso dopo, non durante!». Il rischio è che ora parta una sorta di “protesta celebrativa”, oppure di messe celebrate di nascosto, un po’ come nell'antica Roma pagana. «Sarà molto difficile far capire perché, ovviamente in modo saggio e appropriato, si potrà tornare in fabbriche e in uffici, entrare in negozi piccoli e grandi di ogni tipo, andare in parchi e giardini e invece non si potrà partecipare alla Messa domenicale», scrive Avvenire in un editoriale del direttore, Marco Tarquinio.
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