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Scuola pubblica o privata? La più vicina favorisce le amicizie nel quartiere

Nella lite tra genitori sulla primaria il giudice dà un peso alla logistica: i bambini non sono autonomi negli spostamenti per loro più facile crearsi una rete di amici

di Patrizia Maciocchi

(ANSA)

2' di lettura

I genitori litigano sulla scelta della scuola primaria dividendosi tra privata e pubblica? Allora sceglie il giudice, e lo fa dando un peso alla vicinanza dell’istituto all’abitazione, perchè i bambini non si spostano in maniera autonoma e la scuola di quartiere garantisce una maggiore facilità nel creare una rete di amici.

La Cassazione dà dunque partita vinta alla madre che voleva per il figlio la scuola pubblica, mentre il padre aveva scelto la privata e l’aveva spuntata anche in Corte d’Appello. La Corte terroriale, infatti, aveva valorizzato l’esistenza nell’istituto scelto dal padre, che pagava la retta, di un giardino, di attività extracurricolari maggiori rispetto agli istituti pubblici. In più i giudici avevano respinto le lamentele della madre sul diverso quartiere, il che comportava anche delle differenze sociali, bollando le preoccupazioni materne come immotivate in una città di provincia di dimesioni ridotte.

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L’importanza di avere una rete di amici nel quartiere

La Suprema corte sottolinea che la scuola primaria e dell’infanzia sono il primo passo dei minori verso la scolarizzazione e una più ampia socializzazione. E spiega come si deve regolare il giudice nei casi, come quello esaminato, in cui i genitori sono in contrasto sulla preferenza tra un istituto privato ad un istituto pubblico, che si trovano in zone urbane diverse. Il giudice di merito deve dunque verificare «non solo la potenziale offerta formativa, la adeguatezza edilizia delle strutture scolastiche e l’assolvimento dell’onere di spesa da parte del genitore che propugna quella onerosa, ma, innanzi tutto, la rispondenza di ciò al concreto interesse del minore, in considerazione dell’età e delle sue specifiche esigenze evolutive e formative». Un pesa non irrilevante va dato «alla collocazione logistica dell’istituto scolastico rispetto all’abitazione del bambino, considerata la mancanza di mobilità autonoma di questi, posto che una distanza della scuola dall’abitazione, significativa per il minore, potrebbe indurre conseguenze confliggenti con il suo interesse morale e materiale, rispetto alle quali l’assolvimento dell’esborso economico da parte del padre non può costituire l’elemento dirimente».

L’assenza di mezzi propri per spostarsi

E l’interesse del minore sarebbe nella maggiore possibilità di avviare o incrementare rapporti sociali e di amicizia, di frequentare al di fuori della scuola i compagni creaando così «una propria sfera sociale, funzionale alla crescita psico/fisica ed alla maturazione richieste dall’età evolutiva, posto che tutti i potenziali amici necessiterebbero, comunque, della disponibilità di familiari o di addetti adulti per l’accompagnamento e gli spostamenti, sia in ragione della congruità dei tempi di percorrenza e dei mezzi da utilizzare per l’accesso alla scuola ed il rientro all’abitazione, rispetto all’età ed alle esigenze fisiologiche del minore».

Considerazioni che, sbagliando, la Corte d’Appello non ha fatto e che sono parte integrante dell’interesse del minore. La Suprema corte accoglie dunque il ricorso della madre, che dal canto suo aveva difeso a spada tratta la scuola pubblica non solo per la vicinanza all’abitazione. Per la donna, infatti, la scuola dello Stato aveva, tra gli altri, il vantaggio di essere gratuita e di dover rispettare i parametri costituzionali dell’imparzialità e dell’efficienza.

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